BREVE STORIA DELL'AMBULANZA E DEL PRONTO SOCCORSO.
Il termine ambulanza deriva dal latino ambulare e fu coniato nel XV secolo, dalla regina Isabella di Spagna, la quale, avendo
istituito delle formazioni sanitarie mobili, che viaggiavano al seguito dell’esercito e che costituivano una sorta di ospedale da campo, diede loro il nome di
"am-bulancias". Il termine è passato poi a indicare l’automezzo destinato al trasporto
urgente di malati o feriti.
La concezione del primo soccorso deve essere
attribuita però adAmbroise Parè (1510-1590), chirurgo di Enrico II e della regina Caterina
de' Medici,regnanti di Francia; a lui è stato attribuito il merito di aver proposto la legatura dei va-siematici in caso di amputazione e ad organizzare il soccor-so dei feriti durante la battaglia. A quei tempi i militari ave-vano metodi assai
singolari per trattare le ferite;ad esem-pioper curare le ferite causate da armi da fuoco,
facevano bere una miscela di acqua e polvere da sparo. Ambroise Paré,rendendosi conto che tali metodi non solo erano inutili, ma addirittura dannosi,ebbe il merito di sperimentare nuo-ve tecniche terapeutiche, tra le quali una prima forma di a-nestesia ed inoltre come è stato accennato la legatura dei vasi
arteriosi degli arti amputati.
Ambulanza in epoca napoleonica
Il termine ambulanza,fu ripreso e utilizzato in epoca na-poleonica,per indicare un mezzo finalizzato al soccorso e al trasporto dei feriti;la paternità del moderno concetto di
am-bulanza viene attribuita al barone Dominique Jean Lar-rey(1766-1842),direttore della chirurgia dell'esercito di Na-poleone
Bonaparte.
Jean Larrey, dopo aver fatto una grande esperienza sul campo di battaglia, nel 1792, progettò l'"ambulanza
volante”, convinto che un rapido trasporto del ferito in un ospedale o in altro luogo medical-mente attrezzato, avrebbe favorito la guarigione del paziente.
L'ambulanza volante fu chiamata così in quanto veniva schierata co-me l'artiglieria volante. In pratica era il
primo mezzo di trasporto dei feriti, costruito con un sistema di ammortizzatori ed inoltre capace di garantire all'interno del veicolo buone condizioni igieniche mediante il ricambio dell'aria.In
altri termini si trattava di mezzi per trasporto esclusivo dei feriti e questo perchè aveva capito che, attendere la fi-ne della battaglia, avrebbe significato la perdita di molti soldati. I metodi di soccorso e le modalità di trasporto proposti da Larrey sono ancora validi.Il sistema di
soccorso francese fu aggiornato da un collega di Larry il dottor Pierre-François Percy, il quale, per accele-rare la cura dei feriti,creò l'ambulanza mobile, cioè un carro detto wurstl, trainato
da 4 cavalli e che trasportava 8 chirurghi e 8 aiutanti e il materiale sanitario. Degna di nota è la novità che prevedeva che tutti i feriti,da ambo le parti
belligeranti, dovessero ricevere tutti as-sistenza allo stesso modo.Vennero inoltre formati corpi
di barellieri ed infermieri assegnati alle "ambulanze volanti". Nel 1797, questo sistema fu presentato a Napoleone ed al suo Stato Maggiore a Udi-ne, cioè alla fine della Campagna d'Italia.
La medicina militare
In Italia, nel 1831,con la creazione dei Corpi di Sanità rego- lari del Regno di Sardegna (Corpo di sanità militare),il
ter-mine ambulanza indicava sia le formazioni militari che i car-ri per il trasporto dei feriti. I carri ambulanza, sempre più grandi e
pesanti spesso erano ingombranti e poco maneg-gevoli sulle strade dissestate e strette; ad esempio l'ambu-lanza britannica delDottor Smith,utilizzata in patria per la popolazione civile,era inadeguata in campo di battaglia.
Durante la guerra di Crimea(1854-1856)molte nazioni belli-geranti svilupparono autonomamente alcuni sistemi di soc-corso.Mentre i francesi dovettero
soltanto perfezionare le loro ambulanze volanti,l'Inghilterra per sviluppare un valido sistema di soccorso, si avvalse della collaborazione dell'in-fermiera Florence Nightingale(1823-1910), la quale per quanto riguardava la cura dei feriti, ebbe il merito di
avere intuito che "un trasporto soddisfacente degli ammalati e dei feriti fosse il primo requisito per salvare loro la vita".
La Nightingale viene
ricordata come "la signora con la lanter-na", per via di un articolo che comparve sulla rivista Times, nel quale si lodava la sua attività, il suo coraggio, la sua abnega-zione per il difficile
lavoro che compiva: "When all the medical officers have retired for the night, she may be observed alone, with a little lamp in her hand, making her solitary rounds".
Florence Nightingale,anche durante la guerra di seces-sione americana (1861-1865), fu consultata dal
governo di Washington.
Durante la guerra di secessione furono sviluppati vari pro-getti per la costruzione di carri per il trasporto dei feriti,
specialmente per l’esercito nordista,per il quale il Dottor Jonathan Letterman era stato nominato a capo
dell'orga-zzazione dei soccorsi. Egli istituì ospedali da campo mobili da dislocare presso la divisione e il quartier
generale del corpo.Inoltre pensò ad un efficiente collegamento mediante un corpo di ambu-lanze, con un efficiente sistema per la distribuzione delle forniture medicali.
Alla fine della guerra di secessione negli Stati Uniti si
orga-nizzarono sistemi di soccorso in ambito civile; a Cincinnati nello stato dell'Ohio, per esempio già nel 1865 era attivo un valido servizio di ambulanze.
Nella
Russia Imperiale (1721-1917)il
chirurgo Nikolay Iva-novich Pirogov, è stato considerato il fondatore della me-dicina militare,in quanto fu il primo ad utilizzare l'etere co-me anestetico in un'operazione chirurgica sul campo di
bat-taglia.Inoltre inventò diversi tipi di interventi chirurgici e sviluppò una
propria tecnica per utilizzare il gesso per il trattamento delle fratture delle ossa.
Nikolay Ivanovich Pirogov è uno dei più noti medici nella storia della medicina russa ed è
considerato il primo ad isti-tuire un servizio di soccorso ed assistenza simile a quello proposto dall'infermiera
Nightingale.
In sintesi Nikolay Ivanovich Pirogov viene ricordato come il precursore della moderna chirurgia.
Come italiani bisogna menzionare che Nikolay Ivanovich Pirogov fu chiamato anche al capezzale di Giuseppe Garibaldi.
Di
cosa si tratta? Fatta
l'unità d'Italia, mancava però Roma e Venezia eGaribaldi (1807-1882) fu
subito pronto a combattere per la conquista di Roma al grido di “Roma o morte”. L’avventura inizia il 27 giugno 1962 con la partenza da Caprera assieme al figlio Menotti e ad alcuni fedelissimi e con lo sbarco a
Palermo, dove fu accolto trionfalmente e dove si unirono a lui 3000 volontari. Per raggiungere le coste calabre, si imbarcò da Catania con 2 piroscafi il "Dispaccio" e
l'"Abbatucci". All'alba del 25 agosto Garibaldi e i suoi uomini sbarcarono tra Melito e Capo d'Armi.
Questa azione non era gradita al governo piemontese e Rattazzi, in qualità di capo del governo, destituì il generale Pallavicino del regio esercito per-chè a Palermo non aveva reagito adeguatamente quando Garibaldi
nel suo irruento discorso si era scagliato contro Napoleone III, alleato del Regno d'Italia e aveva inoltre invocato la liberazione di Roma.
Con lo specifico compito di “bloccare le camicie rosse" fu nominato il gene-rale Enrico
Cialdini.
Raggiunta la costa calabra i garibaldini imboccarono la strada dellitorale verso Reggio Calabria, ma vennero bombardati da una corazzata della marina regia ed inoltre incontrarono un comparto del regio esercito.Alla vista dei soldati,nella
speranza di non essere ostacolati, inviarono loro grida di saluto, ma la risposta fu una scarica di proiettili. L'episodio lasciò alquanto attoniti
sia il Generale che i suoi uomini. Garibaldi non sapeva dare una spiegazione a questo gesto ma fece la considerazione che se avesse risposto al fuoco, avrebbe innescato una guerra
fratricida.
Decise pertanto di cambiare percorso,cioè di lasciare la litoranea e di dirigersi verso le alture dell'Aspromonte. Per evitare di perdersi nei boschi
dell'Aspromonte decise affidarsi ad alcune guide locali, le quali dimostrarono di essere inaffidabili.
Le guide infatti fecero vagare i Garibaldini per i
boschidell'aspromon-te per 3 giorni prima che potessero raggiungere un rifugio della forestale.
Dei 2000 uomini che erano alla partenza a causa della fame, delle malattie e delle diserzioni,ne erano rimasti circa 1500. Stremati dalla fatica e
affamati il 28 agosto giunsero in una zona a pochi km da Gambarie nel Territorio di Sant'Eufemia d'Aspromonte,dove
si dedicarono alla affannosa ricerca di cibo.Il luogo sembrava stra-tegicamente assai adatto per un eventuale combattimento.
Verso le 4 del pomeriggio comparve unreparto di bersaglieri.Ve-dendoli avanzare, il Generale, nella speranza che questa volta avrebbero abbassato i fucili, si dice che si fosse recato incontro ai bersaglieri dell' esercito piemontese
da solo, allo scoperto,con la mano destra sull'elsa della sciabola e la sinistra appoggiata sul fianco.
Invece i bersaglieri, per ubbidire agli ordini del Governo di Torino, aprirono il fuoco ed una pallottola lo
attinse di striscio alla coscia coscia sinistra ed un' altra pallottola gli perforò il malleolo destro. Mentre il generale Cairoli accor-reva per sorreggerlo, vi fu una breve battaglia della
durata di una decina di minuti che lasciò però sulterreno 12 morti e 40 feriti da ambo le parti belli-geranti.
Intanto erano giunti ordini categorici da Torino di non scendere a patti e di accettare solo
la resa di Garibaldi.
Il generale ferito,venne subito soccorso da 3 medici garibaldini(Pietro Ripari, Giuseppe Basile e Enrico Albanese), i quali erano aggregati ai suoi uomini; rimase per un pò di tempo a
riposare all'ombra di un pino che viene ricor-dato come il ”cippo di Garibaldi” e che si trova sui monti dell’ Aspromonte, nei pressi di Gambarie.
Molti soldati Garibaldini si dileguarono nei boschi circostanti, ma nei giorni seguenti ne furono braccati e carcerati più di mille, mentre i minorenni furo-no accompagnati alle dimore dei loro
genitori.
Sia i garibaldini che lo stesso Garibaldi furono incarcerati e rimasero prigio-nieri nelle carceri fino al 5 di
ottobre, quando il Re Vittorio Emanuele II, in occasione dello sposalizio della figlia, concesse l'amnistia.
Quindi ancheGaribaldi fu messo
agli arresti, ma essendo ferito, venne ada-giato su una barella di fortuna, con l'obiettivo di imbarcarlo. Durante il tragitto verso Scilla, a tarda sera, venne condotto nella capanna di un
pa-store, dove fu, in qualche modo, rifocillato con un pò di brodo di capra. Inoltre cercarono di farlo riposare su un giaciglio improvvisato, fatto di indu-menti, offerti da alcuni
ufficiali. All'alba si riprese la marcia e verso le 2 del pomeriggio del giorno 30 agosto giunsero sulla spiaggia di Scilla, dove Ga-ribaldi, collocato su una barella e, tramite un paranco
sospeso a delle funi, lentamente fu sollevato e trasferito a bordo della nave Duca di Genova.
L'operazione del trasbordo sulla nave fu assai indaginosa,tanto che Garibal-di stesso dovette
collaborare, aggrappandosi con le mani ad una corda. Il l 2 settembre, giunti nel porto militare di La Spezia, Garibaldi fu destinato alla prigione militare di
Varignano, dove venne alloggiato in un'ala della pa-lazzina del Comandante e gli fu assegnata una stanza per lui e 5 stanze per i familiari e per i suoi sanitari.
La ferita fin dall'inizio cominciò a mostrare vistosi
segni di infiammazione, comparve dolore, febbre e tumefazione del piede. Il dottor Albanese praticò un taglio sul piede alla ricerca del proiettile, ma i colleghi Pietro Lipari e Giuseppe Basile
consigliarono a non insistere nella ricerca del proiettile con un taglio più profondo per evitare altre sofferenze all'infermo. Essi erano convinti che il proiettile fosse rimbalzato fuori dalla
ferita.A quel punto furono chiamati a consulto i più illustri medici italiani e stranieri. Primi a giungere furono i dottori Timoteo Riboli di Parma e Giuseppe Di Negro da Genova. Poco dopo
giunse il dottor Giovan Battista Prandina da Chiavari, che era stato chiamato a consulto dal figlio Menotti. Successivamente giunsero i professori Luigi Porta da Torino, inviato dal Ministro
Rattazzi e Francesco Rizzoli da Bologna. Il Prof. Luigi Porta riteneva in particolare che si trattava di una infezione e che la pallottola non fosse trattenuta, ma che fosse rim-balzata
all'esterno; anche altri mediciperorano questa ipotesi diagnostica e fu concordato un trattamento antiflogistico locale con emollienti ed
l'applica-zione di mignatte.Poichè l’infezione progrediva e si estendeva lungo tutta la gamba, Garibaldi fu visitato di nuovo da Porta; fu introdotto
uno specillo nel foro di entrata del proiettile, che si bloccò poco dopo; si ipotizzò che fossero state le schegge ossee ad arrestare lo specillo. Si continuò quindi con le mi-gnatte e con gli
“empiastri” di semi di lino e con garze di cotone imbevute d’ unguento d’olio e cera sulla ferita. Al capezzale dell'illustre infermo furono chiamati altri celebri medici dell’epoca, che
arrivarono da tutto il mondo, dalla Russia,dalla Francia,dall'Inghilterra; uno di questi medici che per primo cercò di curare la ferita fu il russo, Nikolay Pirogov da Pietroburgo, che era
conosciuto come uno dei più grandi chirurghi esistenti. L'8 novembre per sottrarlo al clima rigido e umido di La Spezia, il Generale fu trasferito a Pisa. Al contrario di quanto asseriva il Prof.
Luigi Porta, il Prof Ferdinando Pala-sciano, Direttore della clinica chirurgica di Napoli, si convinse della presenza di una pallottola nel piede e consigliò di intervenire al più presto per
estrarre il proiettile. Per l'occasione fu chiesta anche la consulenza del chirurgo francese Auguste Nélaton,che giunse da Parigi per visitare Garibaldi e con-fermò l'ipotesi del proiettile ritenuto.
Costretto a rientrare con urgenza in Francia, Auguste Nélaton inviò ai colle-ghi italiani 2
sondini, di sua invenzione, che terminavano con una piccola sfera di porcellana e che venivano usati per individuare i proiettili nelle ferite. Introdotto il sondino nella ferita,la pallina di
porcellana del sondino, a contat-to con il piombo del proiettile si annerì,confermando così la presenza di una pallottola. In sintesi con questa tecnica fu provata l'esistenza della pallottola
ritenuta e Il 22 novembre del 1862 il prof Ferdinando Zannetti(1801-1891), direttore della clinica chirurgica di Firenze, praticò
nel piede di Garibaldi, ormai in gravi condizioni, un’incisione profonda 4 centimetri ed estrasse una pallottola del peso di 22 grammi. La presenza del proiettile, che alcuni chirurghi tra cui
Palasciano, Albanese ed altri avevano da sempre sospet-tato, era stata finalmente dimostrata a poco più di 4 cm di profondità dal foro di entrata. L’amputazione del piede fu finalmente scongiurata.
Dopo l’estrazione del proiettile il miglioramento clinico di Garibaldi fu assai lento, ma
continuo e soltanto il 20 Dicembre, accompagnato dai dottori Basi-le e Albanese, fu ricondotto alla sua Caprera.
Si arriva quindi al 13 maggio quando il dottor Albanese, rilevando che non fuoriusciva più pus
ed il tramite si era ridotto ad un centimetro di profondità, cauterizzò la ferita.La cauterizzazione venne ripetuta tutti i giorni per un'altra settimana. Fino a giugno si continuò con le
medicazioni della ferita, che per fortuna lentamente si rimarginava.
L'11 agosto 1863, quasi un anno dopo il ferimento, Albanese riferì
che Gari-baldi per la prima volta aveva fatto una breve passeggiata a
cavallo e il 21 agosto, a Caprera finalmente fu festeggiata la sua guarigione.
In sintesi ci vollero quasi 30operatori sanitari tra medici, fisici, chimici ed un anno di tempo perchè Garibaldi guarisse e tornasse a camminare. Non vi sono notizie certe
se ottenne o meno una completa “restitutio ad integrum” dell'arto ma è presumibile che Garibaldi non fosse più molto sofferente.
*Ma chi effettuò il ferimento di Garibaldi?
A sparare a Giuseppe Garibaldi il 29 agosto 1862 sull’Aspromonte fu il
luogotenente Luigi Ferrari, che era a capo di uno dei 6 battaglioni di bersaglieri inviati a braccarlo e che rimase ferito
anche lui subendo l'am-putazione di un piede. E' stato ipotizzato che non fosse stato lui perso-nalmente a sparare ma uno dei suoi bersaglieri dei battaglione di cui era a capo. In ogni caso
chi sparò Garibaldi lo fece per obbedire ad un ordine, ma non ci fu la volontà di ucciderlo, in quanto lo
sparatore abbassò la canna della carabina,mirando verso il basso e cioè verso le gambe. Per questa operazione Luigi Ferrari ottenne la medaglia d’oro con questa motivazione: “Adempì all’amaro
compito di fermare comunqueil generale Garibaldi in marcia verso Roma. Aspromonte 1862”.
Le lettighe a ruote
A partire dal 1864,la Prussia durante la guerra con la Dani-marca,utilizzò le lettighe a ruote,le quali più leggere e manegge-voli erano in grado di
essere manovrate anche da un solo soccor-ritore.Trattavasi di una normale barella, sulla quale veniva ada-giato
il ferito e che, posizionata su una struttura a ruote,veniva trainata da un uomo o da un cavallo. La maggior parte delle let-tighe aveva 2 ruote su un unico asse con la barella che poteva
scivolare sulla struttura portante ed essere assicurata. Un esem-pio è quello riprodotto nella fotografia sottostante che mostra una barella a 2 ruote trainata da uno o due barellieri, per il
trasporto di malati; essa veniva utilizzata a Lisbona alla fine del XIX secolo.
Altri modelli avevano 2 ruote più piccole poste centralmen-te,una davanti e l'altra dietro lungo l'asse centrale, per prevenire il ribaltamento della
lettiga. In ambito militare però si continuò ad usare i grandi carri, riservando le let-tighe con una barella in ambito civile.
In Italia durante la terza guerra d'indipendenza (1866),si cominciarono a diffondere i carriambulanza,grazie alla pro-gettazione del medico
milanese Agostino Bertanie agli allestimenti del carrozziere torinese Alessandro Locati.La sua ambulanza all'epoca veniva così definita: "E' un veicolo montato su 4 ruote e 7 molle. Riesce ad essere
utilizzabile su qualsiasi strada e ha una notevole capienza perché può portare 5 feriti distesi su appositi lettini e altri 3 seduti
davanti”.Questa ambulanza riscosse un grande successo alla mostra di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi del 1867.
Le nuove
Associazioni
In Europa nel 1882 nacque la St. AndrewsAmbulance Association che operava in Scozia.Essa nacque per la volontà degli scozzesi
preoccupati dal numero crescente di persone ferite in
incidenti stradali o sul lavoro, che non potevano accedere al primo soccorso.
Nel 1887 nacque la St. John Ambulance Brigade; il nome delmarchioeillogoerano di proprietà del venerabile ordi-ne dell'ospedale di
SanGiovannidiGerusalemme con un Ufficiointernazionale aLondra.Questa
associazione diven-ne ben presto un pilastro per il soccorso extra-ospedaliero del Regno Unito e in tutti i paesi del Commonwealth
britannico.
Quando nel 1881 aViennaprese fuoco il
teatro"Ringt-heater",causando centinaia di morti e feriti,l'episodio mise in luce la precarietà del pronto
soccorso sanitario. In seguito a questo incidente e sotto la forte pressione delbarone di
Mundy, nacque l'Associazione Volontaria di Soccorso di Vienna.
AncheTriestea quell'epoca era completamente sprovvista
di un servizio di pronto soccorso sanitario. Il primo servizio medico fu iniziato nel 1883 per merito deldott. Davide
D’Osmo,promotore del Servizio Medico Notturno Permanente, che nel 1886 si trasformò nella più importante Poliambulanza, in seguito all’ ultima epidemia di
colera della città. La Poliambulanza era in sintesi un’iniziativa privata di un gruppo di medici volontari che garantivano una prima
assistenza e il trasporto all’ ospedale di feriti e ammalati con speciali carrozze. Nel 1888 la Poliambulanza fu dotata di telefono e divenne Guardia Medica.
In quegli anni, in Germania, il chirurgoJohannesFriedrich August von
Esmarch(1823–1908) di Kiel, fondò l'Asso-ciazione dei Samaritani.
Nel 1889H.L. Bischoffsheimfondò a Londra l'Hospital As-sociation
Street Ambulance Service. Dalle stazioni di polizia i policemen di servizio provvedevano al soccorso per tutta la città con 62 nuove lettighe a ruote. Queste lettighe,progettate dallo stesso
Bischoffsheim,prevedevano la posizione semiseduta del trasportato.
Come nel resto d'Europa, in Italia,la seconda metà dell'800 vide fiorire
numeroseassociazioni di volon-tariato,sia laiche che religiose,nate dal desiderio popolare di assicurare un soccorso garantito in ambito
civile. Nacquero Enti come la Croce Bianca, la Croce Verde e numerose altre associazioni sostenute dalle elargizioni dei cittadini e successivamente divennero, assieme alle Miseri-cordie,un
insostituibile pilastro del soccorso extraospeda-liero italiano.
In considerazione degli obiettivi che avevano in comune tutte le associazioni, nacque la necessità di riunirsi e al I° Congresso Nazionale, tenutosi a La
Spezia nel 1892, parteciparono 50 sodalizi. Per i carri ambulanza prevalse la tendenza di progettare carri più leggeri, per il trasporto di un solo infortunato in barella. Spesso lo spazio
all’interno del mezzo consentiva la presenza,accanto all’infortuna-to,di un solo soccorritore, ma l’obiettivo prevalente era quello di
raggiungere più velocemente possibile l'ospedale, dove le possibilità assistenziali erano maggiori. In alcune città si adottarono allestimenti di barelle su biciclette o tandem per formare le
ciclolettighe, che si diffusero e ri-masero in uso fin dopo la seconda guerra mondiale. Que-ste ambulanze avevano strutture e progettazioni diverse per consentire un utilizzo adatto a seconda
delle zone d'in-tervento. In alcune grandi città europee ed extraeuropee, si realizzarono addirittura allestimenti di barelle sui tram.
Prima guerra mondiale
Il 24 maggio del 1915l'Italia entrò in guerra; a quell' epoca la struttura sanitaria
dell'esercito italiano, dispo-neva di 24.000 posti letto al fronte e di più di 100.000 posti letto dislocati nelle retrovie e nel resto del paese, un migliaio di medici, in gran parte in
servizio effettivo; ciononostante questa formazione si rivelò insufficiente alle necessità, tanto da richiedere, con urgenza, ulteriori risorse economiche e organizzative per il
potenziamento, soprattutto riguardo al trasporto dei feriti e dei malati verso le retrovie. Fu creata per questo un'imponente rete di ospedali e di convalescenziari, utilizzando le strutture
sanitarie civili ed inoltre mediante la loro requisizione, furono utilizzate caserme, scuole,collegi, alberghi, semina-ri, etc.
Il prof. Ferdinando Palasciano, cattedratico di Clinica Chi-rurgica a Napoli è considerato il precursore dellaCroce Rossaper aver praticato nei moti del 1848 e proclamato in un Convegno del 1861 il principio della neutralità dei combattenti
feriti,poi recepito nel 1864 dalla Convenzione di Ginevra,che istituzionalizzò il simbolo della Croce Rossa.Già nell’ottocento,la Croce Rossa
Italiana cominciò ad allestire,come avveniva per i treni ospedale, anche i natan-ti da utilizzare nelle attività di soccorso ed assistenza alle popolazioni colpite da calamità. In
pratica gran parte del materiale utilizzabile per l’allestimento dei treni ospedale fu adoprato per l’allestimento delle ambulanze
fluviali.
Scoppiata la prima guerra mondiale, tutte le imbarcazioni pas-sarono alla Sanità Militare.
La Croce Rossa Italiana militarizzò immediata-mente il suo personale, forte di 9.500 infermieri e 1.200 medici, con 209 apparati logistici propri tra Ospedali Territoriali, attendamenti,
auto-ambulanze e treni ospedali. Nel 1916 i medici militari in zona di Guerra erano 8.000 (più altri 6.000 che operavano in retrovia) e nel 1918 diventarono complessivamente
18.000.
Alla fine della guerra, al fronte c'erano 96 sezioni sanità, 234 ospedali da 50 letti, 167 da 100 letti, 46 da 200 letti, 9 ambulanze
chirurgiche e 17 radiologiche, 38 sezioni di disinfezione; nel paese, in totale, i posti letto erano quasi quintuplicati rispetto a prima della guerra, avvicinandosi a circa 500.000. Le
ambulanze chirurgiche svolsero un ruolo fondamentale, in quanto erano veri e propri reparti di chirur-gia “volante”, che seguivano la linea del fronte ed erano di-rette assai spesso da
esperti chirurghi e dai loro assistenti.Tra questi chirurghi deve essere ricordato Bartolo Nigrisoli,di Ravenna
(1858-1948), il quale per la forte esperienza accumulata con l'ambulanza chirurgica prima,sui campi di battaglia durante la guerra italo-turca, in Montenegro e poi durante la Prima
Guerra Mondiale, nel 1919 fu chiamato alla cattedra di Clinica Chirurgica Generale presso la Facoltà di Medicina dell' Università di Bologna.
Seconda guerra mondiale
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, vide un rapido sviluppo dell'industria automobilistica e di conseguenza an-che delle ambulanze che divennero
motorizzate.
Le parti in guerra diedero un grosso impulso al tratta-mento precoce dei feriti. LaCroce
Rossaimpose la sua autorità nel campo del diritto internazionale con il tratta-mento anche dei prigionieri di guerra e al termine del con-flitto si occupò
del soccorso in ambito civile.
Come e quando si svilupparono i sistemi di segna-lazione delle ambulanze
NegliStati Unitierano diffuse le sirene per segnalare il
passaggio delle ambulanze, mentre in quasi tutta Europa ed in Italia le ambulanze venivano segnalate con la croce che si illuminava sul tetto della vettura.
Dal 1959, in Italia è iniziato a comparire per legge il lampeggiante blu.
In quegli anni le ambulanze venivano costruite su telai di automobili,per cui le dimensioni erano ridotte e lo
spa-ziointerno consentiva solo ad un soccorritore di sedere ac-canto all'infermo:comunque la filosofia era sempre la stes-sa,
raggiungere prima possibile l'ospedale.
Nel 1966 il Consiglio Nazionale di Ricerca dell'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti pubblicò un rap-porto sulle morti evitabili causate
dalla carenza di strutture extraospedaliere e dei dipartimenti d'urgenza. Il governo federale ne prese atto e diede incarico al Dipartimento dei Trasporti di riordinare il soccorso sul
territorio. Già nel 1968 venne istituito il numero911come numero unico per le chiamate d'emergenza.
I vigili del fuoco divennero parte in-tegrante dei sistemi di soccorso unendo così molto spesso le peculiarità tecniche a quelle sanitarie. La normativa cono-sciuta
comeKKK(1974) riordinò tutte le ambulanze degli USA, che vennero suddivise in 3 tipi, a seconda
della struttura di costruzione. La Star of Life fu utilizzata quale simbolo degliEMS (Emergency Medical
Service)e più tardi divenne simbolo internazionale dell'emergenza.I mezzi diventarono negli anni sempre più dei centri mobili di riani-mazione mentre si
iniziavano a praticare sul posto mano-vre di stabilizzazione e terapia precoce. Nel 1981Rick
Kendrick,volontario californiano, ideòIl dispositivo di
estricazione,noto con il termine inglese Kendrick Extrication Device e la relativa abbreviazione(KED);esso è un dispositivo di primo soccorso che viene impiegato per l' estrazione di un traumatizzato da un veicolo. Il KED viene sempre
utilizzato dopo l'applicazione del collare cervicale per mantenere l'immobilizzazione e l'asse testa-collo-tronco.Tale accorgi-mento permette di ridurre i rischi di danni secondari alla
colonna vertebrale durante l'estrazione del corpo dal veicolo. Il KED avvolge la testa, il collo e il tronco in una posizione semirigida, consentendo l'immobilizzazione della spina
dorsale.
In Italia negli anni '60, rifacendosi alla produzione dei vei- coli a motore di quegli anni, i furgoni costituivano la base per la maggioranza delle
ambulanze. In particolare il FIAT 1100 T era forse ilveicolopiù diffuso, mentre l’Alfa Romeo con
il noto "ROMEO" era molto utilizzato dall'esercito e dagli enti pubblici in genere. Gli interni delle ambulanze erano semplici ed essenziali; avevano all'interno poco spazio ma erano più
veloci e quindi assai adatte per i viaggi lunghi. La fabbrica automobilistica FIAT, produsse nel 1967 il Fiat 238 che era un furgone di piccole dimen-sioni e che venne utilizzato come
ambulanza con buoni risultati fino al 1983. Entrano in commercio altri modelli come quelli prodotti dalla casa tedesca Volkswagen (il Transporter e la T6) o come il F12 prodotto dalla
casa automobilistica Alfa Romeo.
Misericordia, nome di numerose confraternite e arci- confraternite cattoliche.
In ambito civile già nel 13° secolo,l'Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, per la cura ed il
soccorso agli ammalati, costituì la prima istituzione di soccorso organizzato di ispirazione cristiana. Essendo considerata come opera caritatevole, era il personale religioso ad occuparsi
dei malati che si trovavano nei lazzeretti e negli ospedali dell'epoca. Per i servizi di soccorso la Misericordia utilizzò un personale laico e volontario. L'espletamento del servizio
pre-vedeva l'anonimato del soccorritore, il quale indossava un cappuccio o buffa. Il primo attrezzo adibito al trasporto de-gli malati fu la zana, una specie di cesta nella quale si po-neva
l'infortunato e veniva poi trasportata a spalla. Negli anni successivi fu utilizzato il cataletto a mano che poteva essere usato fino a 3 miglia dalla città di Firen-ze, ma ben presto, si
diffusero altre Misericordie che svol-gevano il servizio di soccorso in altre città della Toscana.
Il sistema del cataletto fino al 1700, è stato il più diffuso mezzo di trasporto degli ammalati in tutto il mondo.
In pratica era composto da due semplici pertiche, da sollevare a braccia. L'ammalato veniva adagiato disteso dentro una sorta di cassone, oppure semiseduto su
una portantina.
L’Arciconfraternita della Misericordia di
Sienanel 2000, ha festeggiato 750 di vita dell'Associazioine, sempre al servizio e a disposizione delle necessità del popolo sene-se. L’Arciconfraternita non ha fini
di lucro e persegue esclu-sivamente finalità di solidarietà sociale; in particolare, ha per scopo l’esercizio delle opere di misericordia corporali e spirituali, nonché di beneficenza, che
considera nel loro complesso come le fondamenta morali da trasmettere alle generazioni future, fra le quali:
•Assistenza e sussidiarietà agli infermi poveri della città e le loro famiglie e i bisognosi, sia italiani che
stranieri;
•Assistenza e solidarietà nei confronti dei minori e degli anziani, degli ammalati e dei portatori di handicap, e
comunque dei soggetti che, versando in situazione di disagio psicofisico o economico, rientrano nelle cosiddette «categorie deboli»;
•Assistenza ai carcerati;
•Promozione e sostegno, anche attraverso forme di tutela, assistenza ed informazione di attività dirette ad alleviare
particolari stati di disagio morale e materiale delle persone, nonché allo scopo di prevenire e/o di fronteggiare i fenome- ni dell'usura o del sovraindebitamento;
•Trasporto e sepoltura, nel proprio o in altri Cimiteri, dei defunti, compresi coloro che, per qualunque motivo, vengo-
no tumulati senza il rito cattolico;
•Trasporto sanitario, sia di emergenza che ordinario e tra- sporti sociali;
•Trasporto degli organi;
•Promozione della donazione del sangue e dei suoi derivati, nonché del midollo osseo;
•Protezione Civile, in ambito sia nazionale che internaziona- le e comunque intervento nelle pubbliche calamità o nelle
emergenze.
Associazione Nazionale Pubbliche
Assistenze(ANPAS)
Nell’Italia centrale i cattolici si riconoscono nelle Miseri-cordie, confraternite laicali di origine medioevale; accanto
a queste, spesso in concorrenza con loro, nascono associa- zioni di matrice culturale diversa:mazziniana, socialista,etc. Sono Associazioni di volontariato, libere e laiche, che hanno una grande
molteplicità di nomi: Croce Verde,Croce Bian- ca, Croce D'Oro, Società di Salvamento, Fratellanza Militare,
Fratellanza Popolare.
Tra queste l’Associazione NazionalePubbliche Assi- stenze (ANPAS)che è un'organizzazione di volontariato senza fini di lucro, diffusa su
tutto il territorio italiano ed ha lo scopo di servire chiunque esprima un bisogno, senza por- re condizioni all'aiuto prestato e dimostrandosi aperte a chiunque voglia prendervi parte.Ad essa
aderiscono 867 as- sociazioni. L'origine di queste associazioni si colloca negli anni dopo l'Unità d'Italia.All’inizio esse sorgono come inizia- tive localizzate in diverse località della
penisola senza un collegamento tra di loro. Ai fini di coordinare tra di loro questi gruppi di volontariato,nel 1892 alla Speziasi è tenuto il 1°
Congresso,a cui parteciparono 29 Associazioni, quasi tutte provenienti dalla Toscana e dalla Liguria. È proprio la Toscana, la regione che ha visto il maggiore
sviluppo di questo tipo di associazione. Il loro campo di attività era non solo il trasporto di malati e di feriti, ma fornivano anche servizi di tipo ambulatoriale, provvedevano al trasporto dei
defunti, organizzavano gruppi di pompieri volontari. Con il nuovo secolo sorse la necessità di darsi una struttura orga- nizzativa più stabile.Nel 1903 nacque l'Unione Regionale To- scana e nel
1904 a Spoleto nacque la Federazione Na- zionale delle Pubbliche Assistenze, che nel 1911 fu rico- nosciuta dallo Stato Italiano come Ente Morale. Durante la prima guerra mondiale le Associazioni
aderenti alla Federa-zione erano salite a 150, ma con l’attività bellica, la crescita segnò una battuta d’arresto. Alla fine della guerra il numero delle Associazioni tornò a crescere e al
Congresso di Fiume del 1924 le Associazioni federate erano 218. Con l’avvento del regime fascista si perseguì una politica volta a portare tutte le attività comprese quelle del volontariato
sotto il diretto controllo del regime. Fu appunto il fascismo a bloc-care la crescita del movimento con il Regio Decreto n. 84 del 12 febbraio 1930. Vittorio Emanuele III sciolse infatti tutte le
associazioni prive di riconoscimento giuridico e tra-sferì le competenze relative al soccorso
allaCroce Rossa Italiana.Con
la caduta del Fascismo, le Pubbliche Assi-stenze ripresero la loro attività e al Congresso di Milano del 1946 al movimento parteciparono 64 associazioni.
Attualmente sono stati approvati sia le nuove linee guida per gli operatori addetti al trasporto sanitario e soccorso con ambulanza (TSSA), finalizzate a favorire
la formazione dei volontari impegnati in quest'attività, sia il regolamento del "Progetto manovre salvavita in età adulta e pediatrica", volto a favorire la diffusione della cultura della
rianimazione cardiopolmonare e della defibrillazione, nonché le manovre di disostruzione delle vie aeree in età pediatrica.
Attualmente sono stati approvati sia le nuove linee guida per gli operatori addetti al trasporto sanitario e soccorso con ambulanza (TSSA), finalizzate a
favorire la formazione dei volontari impegnati in quest'attività, sia il regolamento del "Progetto manovre salvavita in età adulta e pediatrica", volto a favorire la diffusione della
cultura della rianimazione cardiopolmonare e della defibrillazione, nonché le manovre di disostruzione delle vie aeree in età pediatrica.
La manovra di disostruzione respiratoria più “famosa” ed efficace è quella di Heimlich. Questa manovra
oltre a poter essere utilizzata nei bambini è anche la manovra di scelta negli adulti, quindi è fondamentale impararla alla perfezione! Vediamo insieme i diversi passaggi da attuare in caso di soffocamento.Dopo aver fatto chiamare il 118, ci prepareremo ad eseguire la manovra che verrà fatte secondo i seguenti
passaggi:
Ci si accovaccia alle spalle del bambino e si passano le nostra braccia sotto le braccia della vittima e si
portano a livello dell’addome. Con 2 ditadi una mano si fa una specie di lettera “C” fra l’ombelico del bambino e la parte finale dello sterno. All’interno
di questa “C” si andrà a posizionare l’altra mano a forma di pugno. Questa mano si dovrà posizionare quindi in addome, più precisamente all’altezza della bocca dello stomaco o im-mediatamente
sotto il diaframma. La posizione del pugno è fondamentale per una corretta riuscita della manovra. Dovremo infatti essere attenti a non posizionare il pugno sul torace, ma deve
essere completamente aderente all’addome della vittima.Si procederà con vostro pugno:non solo dall’ esterno verso l’interno, ma dal basso verso l’alto. E’ fondamentale che que-sti 2 movimenti vengano fatti
contemporaneamente con forza e decisione. La manovra va ripetuta per 5 volte senza MAI STACCARE la superficie del nostro pugno dall’addome del bambino.
Gli Operatori della Croce Rossa Italiana assicurano anche il pronto soccorso, la movimentazione ed il
trasporto dell’infortunato sulle piste da sci e/o su terreni innevati mediante l’ausilio di sci, mezzi di trasporto dotati di peculiari attrezzature o attraverso l’impiego degli impianti di
risalita e di arroccamento.
Un grande impulso alla loro crescita avvenne alla fine degli anni '70, quando vennero superati anche i confini regiona-li, che fino ad allora le vedevano
concentrate solo nelle regioni del Centro-Nord. Nel 1987 al Congresso Nazionale di Lerici, venne elaborato un nuovo statuto nazionale che, modificava la denominazione stessa della
Federazione. Nacque così l' Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze (A.N.P.A.S.),a cui aderiscono alcune
centinaia di migliaia di iscritti. Allora l' Associazione comprendeva oltre 850 associazioni con 90.000 volontari attivi, 500.000 soci e 7.000 mezzi, divisi tra ambulanze, protezione civile e
servizi sociali.
L'attività principale delle Pubbliche Assistenze è quel- la del primo soccorso e del trasporto socio-sanitario
programmato o di emergenza.
l'Associazione Nazionale Pubbliche Assistenza (ANPAS), in convenzione con le ASL e gli Enti locali, collabora al funzio-namento di servizi di pubblica
utilità come:
.Servizio 118 - Emergenza Sanitaria;
.Servizi di ambulanza per trasporto ordinario e programmato;
.Servizi di trasporto socio-sanitario con mezzi diversi dalle ambulanze;
.Guardia medica;
.Servizi ambulatoriali;
.Donazione del sangue;
.Centri diurni per anziani e diversamente abili;
.Protezione civile;
.Onoranze funebri;
.Solidarietà e adozioni internazionali;
.Salvaguardia, difesa e soccorso agli animali;
.Formazione e inserimento lavorativo per cittadini social- mente svantaggiati.
Un esempio di Società di Pubblica Assistenza molto attiva, è quella che Andrea Ballerini fondò nel 1865 a Pietrasanta. Questa Associazione nel 1897 prese il
nome diCroce Ver-de.Ciò avvenne in occasione del pronunciamento unanime del consiglio comunale a
favore del conferimento del titolo di ente morale alla Associazione di carità. Sin dai primi anni di attività alcuni soci si dedicarono al trasporto degli infermi con una barella a
spalla, poi sostituita con una portantina a cinghie, dal 1880, da un volantino a due ruote
Risale al 1920 la prima autoambulanza a motore del-la O.M*. In origine, come è stato detto, il termine ambulan-za stava ad indicare una formazione
militare, composta da personale sanitario, che costituiva solitamente un ospedale da campo al seguitodell'esercitodi appartenenza.
*O.M.=Officine Meccaniche,azienda
italiana specializzata nella produzione di veicoli, particolarmente di autocarri.
Oggi le Pubbliche Assistenze operano nell'ambito dell'emer- genza sanitaria 118,del trasporto sanitario e sociale, della
donazione del sangue, della protezione civile e antin-cendio, delle adozioni e della solidarietà internazionali, della formazione,del servizio civile,della mutualità e dell'aggrega- zione
sociale, della promozione della solidarietà, della salva- guardia, difesa e soccorso animale.
Storia del 118
Il primo nucleo 118 è nato a Bologna, il 1º giugno 1990 in occasione del campionato mondiale di
calcio.
Contemporaneamente il 118 fu attivato a Udine e in tutta la sua provincia. Leprime regioni ad attivare il servizio sono state
laRegione Friuli Venezia Giulia e l'Emilia-Romagna.
Sulla base delle innovazioni introdotte a Bologna,con il De-creto del Presidente della Repubblica n. 467600
del 27 marzo 1992 (Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di e- mergenza)furono costituite le
centrali operative 118 anche in altre città.
Il numero svolge il compito di unico referente nazionale per le emergenze sanitarie di ogni tipo. La gestione e
l'organiz- zazione del servizio possono essere di competenza regio- nale (in forma di agenzia regionale autonoma),provinciale oppure deputati alle singole Aziende Sanitarie Locali.
Il 118 è un numero unico nazionale, attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, gratuito su tutto il territorio nazionale sia da
te- lefoni fissi che mobili.
In Lombardia dal 2012 è attivo il numero unico di emer- genza 112 (NUE), un solo numero telefonico che fa confluire
tutte le telefonate effettuate ai numeri di emergenza 112, 113, 115 e 118.
Il compito istituzionale del NUE, definito "centralino laico" perché si avvale del lavoro di operatori non specializzati,
è quello di identificare il chiamante e la località per la quale si richiede l'intervento d'emergenza e inoltrare la richiesta alla centrale operativa di secondo livello competente cioè emer-
genza sanitaria, carabinieri, polizia e vigili del fuoco.
Definizioni delle ambulanze:
Tipo A: con carrozzeria definita"autoambulanza di soccor-so",
attrezzate per il trasporto di malati o infortunati e per il servizio di pronto soccorso, dotate di specifiche attrezzatu- re di assistenza;
Tipo B: con carrozzeria definita "autoambulanza di traspor-
to", attrezzate essenzialmente per il trasporto di infortuna- ti, con eventuale dotazione di semplici attrezzature di assi- stenza.
Le ambulanze di soccorso si suddividono e in base all' equi- paggio in:
-MSB(Mezzo
di Soccorso di Base)hanno solamente soccor- ritori;
-MSAB(Mezzo
di Soccorso Avanzato)hanno anche un infer-miere;
-MSA(Mezzo
di Soccorso Avanzato) hanno un medico
In ogni ambulanza sono presenti: una sirena bitonale e una sirena fischio, un faro esterno manovrabile
dall'interno che consente la visibilità nella zona circostante, un telefono cel- lulare e naturalmente una radio che permettono di mante-nere i contatti con la centrale
operativa.
DOTAZIONE:
Bombole di O2, mascherine, occhialini, mascherine di ven- turi, mascherine semplici, Ambu con mascherine di
ventu- ri, Ambu con reservoir;Cannula di guedel, Saturimetro;Tubi per aspirazione, tubi di varie misure per intubazione oro tracheale, filtro, tubo Mount, ventilatore; sfigmomanometro e
fonendoscopio, cardiolina; collare cervicale, Ked (Kendrick Extrication Device); barella cucchiaio, barella spinale, mate-rassino a decompressione, telo barella, sedia
portantina.
Negli ultimi cento
annisiamo passati dal carro lettiga a sistemi con
innovazioni radicali, sia nelle tecniche di primo soccorso (massaggio cardiaco), sia nell’utilizzo della tecno-logia e della comunicazione.
Oggi il pronto intervento si avvale anche degli elicotteri; il primo elisoccorso è stato introdotto dall’esercito
americano durante la guerra in Vietnam, mentre attualmente sono ampiamente diffusi, al punto che solo nella regione Lazio in un annocon l'
eliambulanzavengono effettuati circa 2.300 interventi.
Siamo abituati a vedere i Defibrillatori Esterni Automatici (DAE) nei luoghi pubblici, ma purtroppo essi non
sono pre- senti in ogni luogo.Per questo motivo uno studente di desi- gn industriale presso la TU Delft University in Olanda,Alec Mormot,ha sviluppato un drone con un defibrillatore che può raggiungere rapidamente
il luogo dove deve essere uti-lizzato. Il Defibrillatore è costruito all’interno del drone, le cui eliche pieghevoli lo rendono maneggevole per avvicinar- lo alla vittima, grazie
anche ad una maniglia che facilita il trasportodal luogo
dell'atterraggio.
Gli elettrodi scivolano fuori dal naso del drone e tutto è eti- chettato in modo che chiunque può
usarlo.
L’altra componente interessante è che il drone ha una foto- camera, un microfono e un altoparlante, quindi un
infer- miere da lontano può aiutare a navigare il drone e quindi assicurarsi il corretto utilizzo delDefibrillatore Esterno Auto- matico.
Con batterie più potenti questi droni potrebbero trasportare anche altre attrezzature che sono presenti in
ambulanza
Questo sistema potrebbe salvare un gran numero di pa- zienti con arresto cardiaco. Come è noto solo l'8% dei pa-zienti con arresto cardiaco, riesce a
sopravvivere e questo per la lentezza dei soccorsi immediati. La morte cerebrale sopravviene infatti dopo 4-6 minuti di inattività cardiaca. Il drone di Momont, seguito da una centrale
operativa,potreb-be raggiungere il luogo dove necessita,per essere utilizza-to, in meno di 2 minuti.
CONCLUSIONI
Negli ultimi 100 anni abbiamo assistito a innovazioni radicali, sia per l'utilizzo delle tecniche di primo soc- corso (massaggio cardiaco), che
per l’utilizzo delle in- novazioni tecnologiche e della comunicazione.
Da quanto detto, emerge che l'evoluzione del soccor- so, è stato condizionatoin particolare da 4 fattori:
1. l' evoluzione delle conoscenze medico-chirurgiche;
2. lo sviluppo nel campo dell'organizzazione;
3. lo sviluppo dei mezzi di comunicazione;
4. le innovazioni tecnologiche delle attrezzature.
Ognuno di questi fattori nel tempo ha avuto uno sviluppo prevalente e ha condizionato gli altri fattori, ma è solo mediante il coinvolgimento di
ognuno di essi che è stato ottenuto e si continuerà ad ottenere un sistema di pronto soccorso sempre più efficiente.