INSUFFICIENZA CARDIACA DI TIPO DIASTOLICO
(INSUFFICIENZA CARDIACA CON FUNZIONE SISTOLICA CONSERVATA)
(Heart failure with preserved ejection fraction)
Iconcetti che caratterizzano l’insufficienza cardiaca,da alcuni anni sono radicalmente cambiati, nel senso che non tutti i pazienti con disfunzione del ventricolo sinistro hanno segni e sintomi di scompenso congestizio e non tutti i pazienti con scompenso di cuore hanno una disfun- zione del ventricolo sinistro. Riguardo a quest'ultimo as-sunto, in una elevata percentuale di pazienti, l'insufficien-za cardiaca è caratterizzata da una frazione di eiezione conservata (disfunzione diastolica). In particolare nelle donne e negli anziani la disfunzione ventricolare è preva-lentemente di tipo diastolico.Nella pratica viene osserva-to che i pazienti anziani, ricoverati in ospedale per scom-penso cardiaco, hanno nel 40% dei casi una insufficien-za cardiaca di tipo diastolico.
Le linee guida americane definiscono l'insufficienza car-diaca come "una sindrome clinica complessa che risulta da qualunque deficit strutturale o funzionale della capa-cità di riempimento o di eiezione dei ventricoli".
Le linee guida europee la definiscono come "un'anoma-lia strutturale o funzionale del cuore che determina l' in-capacità di fornire sangue ossigenato ai tessuti dell' or- ganismo in misura adeguata alle loro esigenze". Tutte e due le linee guida distinguono una insufficienza cardiaca caratterizzata da una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro ed una insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata.
La dizione "insufficienza cardiaca da disfunzione di tipo diastolico" è stato di recente abbandonata a favore della dizione "insufficienza cardiaca a frazione di eiezione con-servata" e questo per numerose ragioni:
.nei pazienti con frazione di eiezione ridotta vi può es-sere una disfunzione diastolica;
.nei pazienti con frazione di eiezione conservata si può osservare un certo grado di disfunzione sistolica.
Esiste inoltre un problema pratico, non di poco conto, se si considera che per definire "diastolico" uno scompenso, è necessario avere informazioni ecocardiografiche sulla funzione diastolica,le quali informazioni sono soggette al-la affidabilità dell'ecografista. Per queste ragioni viene preferita la definizione di insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta e di insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata. In sintesi ai segni e sintomi di insuf-ficienza cardiaca, viene affiancata la rilevazione di un pa-rametro numerico di uso comune come è la frazione di eiezione.
Ma quali caratteristiche hanno in comune e quali ca-ratteristiche sono tipiche delle due forme di insuffi-cienza cardiaca?
In comune hanno una elevata mortalità ed un elevato ri-schio di recidive nei 6 mesi successivi alla diagnosi, in-vece si distinguono non solo per il caratteristico fenotipo fisiopatologico ma anche per gli aspetti epidemio-logici,eziologici,prognostici e anche per la risposta agli interventi terapeutici.
QUALE E' IL VALORE DI FRAZIONE DI EIEZIONE CHE DISCRIMINA LE DUE FORME?
Vi è abbastanza accordo nel porre a 50% il limite inferio- re per classificare l'insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata. In alcuni studi, il limite è stato porta-to a 40-45% e addirittura a 35% nello studio SENIORS (Trial sull’effetto del nebivololo su mortalità e ospedaliz-zazioni per malattie cardiovascolari in pazienti anziani con insufficienza cardiaca).
COME FARE DIAGNOSI DI INSUFFICIENZA CARDIA- CA A FRAZIONE DI EIEZIONE CONSERVATA?
Quando la frazione di eiezione è ridotta e sono presenti sintomi e segni di congestione polmonare, periferica e di ipoperfusione tissutale, è abbastanza semplice porre la diagnosi di insufficienza cardiaca. Quando invece la fra-zione di eiezione è conservata, anche in presenza di se-gni e sintomi di congestione e di ipoperfusione, la dia-gnosi, per la relativa aspecificità dei soli criteri clinici, la diagnosi non è sicura. In sintesi dal punto di vista clinico, elettrocardiografico e radiologico non è possibile differen-ziare in maniera chiara una insufficienza cardiaca sistoli-ca da quella diastolica.
Con quali esami laboratoristici e strumentali bi-sogna integrare i dati clinici?
IMAGING DIAGNOSTICO
L'ecocardiografia è la metodica di imaging fondamentale. Sono stati sviluppati algoritmi che combinano molteplici parametri ecocardiografici per la diagnosi di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata.
I modelli ecocardiografici tipici di insufficienza cardiaca diastolica sono:
1) la disfunzione di I grado che si caratterizza per una inversione del normale rapporto E/A all'ecocardiogram-ma doppler; questo modello si può osservare con l'avan-zare dell'età anche in alcuni pazienti che spesso non hanno segni o sintomi di scompenso cardiaco; in un la-voro scientifico del Prof Robert Bonow, pubblicato qual-che anno fa, su Circulation, è stata confrontata la funzio-ne diastolica nei giovani e negli anziani ed è stato osser-vato che anche gli anziani normali hanno una funzione diastolica ridotta, old ventricle;
2) la disfunzione diastolica di II grado è definita pseudo-normale; la disfunzione diastolica è moderata ed è asso-ciata ad una elevata pressione di riempimento atriale si-ninistra; tali pazienti hanno assai spesso sintomi di insuf-ficienza cardiaca e hanno una dilatazione atriale sinistra;
3) la disfunzione diastolica di III grado e di IV grado,so-no le forme più gravi di disfunzione diastolica; i pazienti presentano sintomi di scompenso cardiaco avanzato.
In particolare i pazienti della classe III hanno una anor- malità diastolica all’ecocardiogramma solo quando ese- guono la manovra di Valsalva, mentre i pazienti di classe IV all’ecocardiogramma hanno una disfunzione non re- versibile.
Per perfezionare la diagnosi si possono acquisire alcuni parametri riguardanti la funzione diastolica mediante l' eco-stress; questa metodica consente di valutare una eventuale disfunzione di eiezione sotto sforzo,che appa- re meno evidente o assente in condizioni di riposo.
La risonanza magnetica cardiaca è un altra metodica che può fornire informazioni anatomo-funzionali, compresa la funzione diastolica, meno operatore-dipendente; inoltre la metodica può fornire informazioni sulle caratteristiche tissutali come ipertrofia, fibrosi, infiltrazione di cellule in-fiammatorie o di materiali quali l' amiloide, il ferro, etc.
MARCATORI BIOLOGICI (BIOMARCATORI)
Un altro approccio per la diagnosi di insufficienza cardia-ca di tipo diastolico è di utilizzare i valori di BNP (peptide natriuretico cerebrale).La diagnosi viene posta in presen-za di un elevato livello di BNP e di normali valori di Fra-zione di Eiezione.
Tra i marcatori di danno miocardico, la troponina ha una correlazione con la prognosi. Quando essa è persistente-mente alterata, oltre ad avere un significato negativo sul-la prognosi, può essere la spia di un processo infiamma-torio cronico autoimmune del muscolo cardiaco come il lupus sistemico o l'artrite reumatoide oppure di forme in-filtrative come l'amiolidosi.Uno studio ha cercato di deter-minare il valore prognostico del BNP nei pazienti con scompenso con frazione di eiezione conservata.In que-sto studio sono stati arruolati 615 pazienti con lieve o moderata insufficienza cardiaca (età media 70 anni, FE 33%) e sono stati seguiti per 18 mesi. Le concentrazioni di BNP sono state misurate basalmente e correlate all' outcome primario composito (mortalità per tutte le cause e ospedalizzazione per scompenso cardiaco) e alla sola mortalità.La popolazione è stata suddivisa in quintili,a se-conda della FE e i pazienti con FE ridotta sono stati con-frontati con quelli con FE conservata. 257 pazienti (42%) hanno incontrato l'end point primario e 171 (28%) sono morti. I livelli di BNP erano significativamente più alti nei pazienti con FE ridotta rispetto a quelli con FE conser-vata (p<0,001).Il BNP è risultato di essere un forte predit-tore di outcome, diversamente dalla FE. Se livelli simili di BNP venivano confrontati attraverso l'intero spettro di FE e per diversi livelli di cut-off di FE, il rischio associato di outcomes avversi era simile nei pazienti a FE preservata e ridotta.
In conclusione, i livelli di BNP sono più bassi nei pazienti con scompenso cardiaco con FE conservata rispetto a quelli con FE ridotta, ma per un dato livello di BNP, la prognosi nei pazienti con FE preservata peggiora così come quella dei pazienti con FE ridotta (JACC 2013, 61,14).
ESAMI INVASIVI
La coronarografia nei pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione conservata ha le stesse indicazio- ne che vengono poste in presenza di frazione di eiezione ridotta, mentre nei pazienti, con probabilità non elevata di malattia coronarica,può essere prescritta una valutazione mediante angio-TAC.
BIOPSIA MIOCARDIACA
Essa è raccomandata nei pazienti con insufficienza car-diaca con frazione di eiezione conservata e nei quali non è apprezzabile l'eziologia.
ESISTONO DIFFERENZE TRA LE DUE FORME DI IN- SUFFICIENZA CARDIACA?
Dal punto di vista prognostico,l’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta mostra che, anche nei pa-zienti senza sintomi di congestione, la prognosi è cattiva. Mentre i pazienti con frazione di eiezione conservata, anche se non possediamo dati sufficientemente ampi, la prognosi è sicuramente migliore. Bisogna però fare un distinguo tra i vari gradi di disfunzione diastolica. Infatti le forme lievi di disfunzione diastolica non influiscono sui tassi di sopravvivenza. Uno studio condotto da Carmel M. Halley e Al della Cleveland Clinic, in Ohio, ha riana-lizzato le cartelle cliniche e i reperti ecocardiografici di 36.261 pazienti consecutivi non ricoverati (età media: 58,3 anni; 54,4% donne; follow-up medio: 6,2 anni). Essi sono stati sottoposti ad un esame ecocardiografico con un referto di normale funzione sistolica (frazione di eiezione ≥55%). La funzione diastolica è stata classificata usando le variabili eco-Doppler: normale, lieve (grado I, o pattern di ridotto rilasciamento), moderato (grado II, o pattern pseudonormale) o grave (grado III, o pattern di riempimento restrittivo). Una disfunzione diastolica è stata riscontrata nel 65,2% della coorte; la forma con maggiore prevalenza è stata quella lieve. Durante il follow-up sono occorsi in tutto 5.789 decessi. Il tasso di sopravvivenza è risultato peggiore a seconda della presenza e del grado di disfunzione diastolica. Infatti le forme moderate e gravi sono apparse associate ad un rischio maggiore di morte (hazard ratio, Hr: 1,58 e 1,84, rispettivamente). In sintesi lo studio di un singolo centro su pazienti con normale FE, ha mostrato che la presenza di una moderata o severa disfunzione diastolica erano un predittore independente di mortalità (Arch Intern Med, 2011; 171 (12): 1082-7).
Nei confronti dell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta in letteratura sono presenti innumerevoli dati, in quanto sono stati disegnati e conclusi numerosi trials clinici che hanno arruolato pazienti di questi tipo. Al contrario ancora molto pochi sono gli studi su pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione con- servata.Questo è deprimente se si considera che l’ insuf- ficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata è in continuo aumento in quanto come è noto, essa è legata all’età dei pazienti (la popolazione mondiale sta invec-chiando per l’aumento dell’aspettativa di vita, in particola- re dei soggetti di sesso femminile).
Dai dati che abbiamo a nostra disposizione si può evin-cere comunque che:
1) il numero di pazienti, con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata, aumenta dopo i 65 anni di età,
2) il 90% di essi ha una coronaropatia o una ipertensione arteriosa,
3) la metà e forse più della metà dei pazienti, è di sesso femminile.
Esistono predittori che predispongono all'insuffici-enza cardiaca a frazione di eiezione conservata e all' insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta?
Uno studio del 2012 ha analizzato le cause che pre-dispongono verso le due forme di insufficienza cardiaca. Lo studio è stato effettuato su nuovi casi di scompenso cardiaco registrati tra il 1981 e il 2008 nei partecipanti allo studio Framingham Heart, ed ha distinto 2 gruppi:
.gruppo con scompenso cardiaco con frazione di eie-zione conservata;
.gruppo con scompenso cardiaco con frazione di eie-zione ridotta (FE > 45% vs FE ≤ 45%).
Attraverso l'analisi di regressione multivariata di Cox so-no stati esaminati i predittori di rischio di episodi di scom-penso ad un follow-up di 8 anni. Tra i 6.340 partecipanti (di età 60 ± 12 anni) con 97.808 persone-anno di follow-up, 512 hanno avuto un episodio di scompenso. Tra i 457 partecipanti con valutazione della FE al momento della diagnosi di scompenso,196 (43%) sono stati classi-ficati come scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata e 261 (56%) come scompenso a frazione di eiezione ridotta. In totale sono stati identificati 14 predit-tori complessivi di scompenso.
Dai risultati si evince che predispongono ad entrambi i tipi di scompenso (p ≤ 0,0025 per tutte le variabili):
-l' età avanzata,
-il diabete mellito,
-una storia di malattia valvolare.
Predispongono solo allo scompenso cardiaco con frazio- ne di eiezione preservata (Insufficienza cardiaca diastoli- ca):
-un elevato indice di massa corporea (BMI),
-il fumo,
-la fibrillazione atriale.
Predispongono ad un maggior rischio di scompenso car-diaco con frazione di eiezione ridotta (insufficienza car-diaca sistolica):
-il sesso maschile,
-elevati livelli di colesterolo totale,
-una frequenza cardiaca più alta,
-l' ipertensione arteriosa,
-le malattie cardiovascolari,
-l' ipertrofia ventricolare sinistra,
-il blocco di branca sinistra (Circulation HF, 2012).
La prognosi anche in questo tipo di insufficienza cardiaca è correlata alla presenza di una malattia coronarica e soprattutto al numero di coronarie compromesse.
Uno studio americano dell’ Università di San Diego ha dimostrato che nei pazienti con alterato riempimento diastolico del ventricolo sinistro, pur in presenza di una normale funzione sistolica, vi è una forte correlazione con i livelli di BNP (peptide natriuretico cerebrale) e gli indici di disfunzione diastolica e che questa associazione è ancora maggiore in presenza di sintomi di scompenso cardiaco.Questa osservazione ha un risvolto pratico no-tevole in quanto il dosaggio del BNF potrebbe essere usato non solo per la diagnosi ma anche per il controllo dell’efficacia del trattamento.I problemi riguardanti l’insuf-ficienza cardiaca di tipo diastolico riguardano non solo la carenza di dati epidemiologici, diagnostici e clinici, ma anche la mancanza di una terapia standard.
QUALE TERAPIA?
Per quanto riguarda la terapia da adottare bisogna ricor- dare che l’insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata è una conseguenza assai di frequente dell’ ipertensione arteriosa e della cardiopatia ischemica.
A proposito della cardiopatia ischemica, poiché trattasi di pazienti anziani, dei quali non è sempre noto il quadro coronarografico, non è possibile conoscere l’estensione e la gravità della compromissione coronarica.
Come per l'insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta gli ACE-in e i sartani sembrano apportare effetti benefici anche in questi pazienti, però solo per quanto riguarda le ospedalizzazione per scompenso. Lo studio I-PRESERVED con l'Irbesartan in pazienti arruolati con limite di FE al 45% ha osservato un beneficio non signifi- cativo su sopravvivenza o ospedalizzazioni. Alcuni ricer-catori, coordinati da Christophe Meune dell’ Université Descartes di Parigi, hanno effettuato una metanalisi degli studi randomizzati su questo tipo di pazienti, trattati con ACE-in, sartani o con entrambi.I ricercatori hanno inseri-to 4 studi randomizzati, per un totale di 8.152 pazienti, che hanno studiato gli effetti di ACE-in, dei sartani o di entrambi i trattamenti. Rispetto al placebo o a nessun trattamento, il trattamento con ACE-in o con sartani era associato ad una minore incidenza di ospedalizzazione per scompenso cardiaco (RR 0,90, 95% IC 0,81-0,99, p =0,032), mentre l'effetto era nullo per quanto riguarda la mortalità cardiovascolare (RR 1,01;95 % IC 0,90-1,13, p =0,858). In 3 studi in cui questi paramenti sono stati combinati, l’utilizzo di ACE-in o di sartani ha ridotto l' in-cidenza ad 1 anno di morte cardiovascolare e di ospeda-lizzazione per insufficienza cardiaca (RR 0,74, 95% CI 0,58-0,94, p=0,014). I ricercatori, ad un follow-up più pro-lungato, hanno evidenziato che il trattamento con ACE-in o con sartani non ha alcun effetto significativo sulla mor-talità (J Cardiovasc Pharmacol Ther 2011,16,3-4,368-375).
I β-bloccanti nei pazienti con disfunzione sistolica incre-mentano la funzione di pompa del ventricolo sinistro (basse dosi iniziali), nei pazienti con disfunzione diasto- lica i β-bloccanti aumentano il tempo di riempimento del ventricolo sinistro (dosi più alte). Nello studio SENIORS, il nebivololo ha dato effetti favorevoli su sintomi e ospe-dalizzazioni (nello studio il limite di FE è stato il 35% per cui è ipotizzabile che avessero un certo grado anche se non severo di disfunzione sistolica). Una recente meta-analisi, effettuata su 2 studi randomizzati controllati e 10 studi osservazionali, ha analizzato l'effetto del trattamen-to con β-bloccanti, in termini di mortalità per tutte le cau-se e tasso di ospedalizzazione, in 21.206 pazienti affetti da HFpEF (FE ≥ 40%) trattati con β-bloccanti o con altri farmaci. I risultati hanno mostrato che la somministra-zione di β-bloccanti è associata, rispetto alle altre classi farmacologiche, ad una maggiore riduzione dell’ inciden-za di mortalità per tutte le cause (95%CI:0,87-0,95, P<0.001) e del tasso di ospedalizzazione. La sommini-strazione di β-bloccanti apporta dunque benefici clinici non solo in pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta, ma anche nei pazienti con insufficien-za cardiaca con frazione di eiezione conservata. PLoS One. 2014 Mar 5; 9 (3): e 90555.
Per quanto riguarda la terapia con calcio-antagonisti, sembra che gli effetti non siano positivi. Un trattamento con un calcio-antagonista e più precisamente con il Verapamil, ha modificato la funzione diastolica, indipen-dentemente dalla sua azione sulla pressione arteriosa e sulla frequenza cardiaca (Robert Bonow, Circulation).
Di recente alcuni ricercatori coordinati da Wu CK, della National Taiwan University hanno voluto determinare i fattori prognostici basato su un follow-up a lungo termine di pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eie-zione conservata. Sono stati inclusi 438 pazienti e stati seguiti per un massimo di 12 anni. Le curve di Kaplan-Meier e modelli di regressione di Cox sono stati utilizzati per determinare i fattori di rischio per mortalità e di eventi cardiovascolari maggiori (MACE). Una scala di gravità è stata stabilita utilizzando i fattori di rischio. Lo studio ha evidenziato come la prescrizione di ACE-in e di calcio-antagonisti è stato associato ad una riduzione signifi-cativa della mortalità complessiva, dei fattori di rischio per mortalità e di eventi cardiovascolari maggiori. Il rapporto ecocardiografico E/Em e il polimorfismi D del gene ACE erano potenti fattori associati sia con la mor-talità che con eventi cardiovascolari maggiori [(E/Em, HR 1,66, IC 95%:1,32-2,29 per la mortalità) e (allele D del gene ACE, HR 1,99, IC 95%: 1,26- 3,16 per la mortali-tà)]. Int J Cardiol. 2014, 15; 171 (3): 331-7.
I nitroderivati sono spesso utilizzati nello scompenso si-stolico, mentre nello scompenso diastolico essi possono essere usati, ma con una certa cautela per evitare la ca-duta dei valori pressori.
La digossina e gli inotropi sono utili nello scompenso si-stolico, mentre sono controindicati nello scompenso con frazione di eiezione conservata.
In conclusioni l'approccio terapeutico nell'insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata deve essere personalizzato ed deve avere una stretta relazione non solo con il fenotipo fisiopatologico ma con l' eziologia. Diverse forme di insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata riconoscono una causa familiare come la malattia di Fabry e alcune emoglobinopatie. In alcune di queste forme di cardiopatie ereditarie è possi-bile un trattamento mirato.
Anche l'amiloidosi (Amyloid Light-chain) con compromis- sione
cardiaca può essere potenzialmente trattabile se però la diagnosi viene posta precocemente.
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I pazienti con scompenso di cuore e Frazione di e-
iezione conservata si caratterizzano per avere una certa intolleranza all'esercizio fisico.Il training fisi-co si è dimostrato capace di migliorare la fitness cardiorespiratory. Uno studio di metanalisi ha ar-ruolato 276 pazienti provenienti da studi clinici randomizzati controllati che hanno valutato l'effi-cacia dell’esercizio fisico nei pazienti con scom- penso cardiaco a frazione di eiezione preservata. L'out-come primario era la variazione della per-formance cardio-respiratoria(CFR-misurata in ter-mini di variazione del consumo di ossigeno al pic-co).È stato valutato anche l’ effetto dell’allena-mento sulla qualità di vita (Minnesota test) e sulla funzione sistolica e diastolica ventricolare sinistra. I pazienti sottoposti ad esercizio avevano miglio-rato significativamente la performance cardiore-spiratoria CRF (ml/kg/min); differenza media pe-sata,2,72;95% intervallo di confidenza 1,79-3,65) e la qualità della vita (differenza media pesata -3, 97;95% intervallo di confidenza -7,21 a -0,72) ri-spetto al gruppo di controllo.Tuttavia,nessun cam-biamento significativo è stato osservato nella fun-zione sistolica (differenza media ponderata della FE, 1,26; 95% intervallo di confidenza -0, 13% al 2,66%) o nella funzione diastolica (differenza media ponderata E/A,0,08; 95% intervallo di con-fidenza -0,01 a 0,16).
Conclusioni.
L'esercizio fisico nei pazienti con scompenso di cuore e frazione di eiezione conservata è associa-to con un miglioramento nella CRF e qualità della vita senza significative modificazioni della funzio-ne sistolica e diastolica.
Ambarish Pandey, MD*, Akhil Parashar, MD*, Dharam J. Kumbhani, MD, SM, Sunil Agarwal, MD, PhD, Jalaj Garg, MD, Dalane Kitzman, MD, Benjamin D. Levine, MD, Mark Drazner, MD, MSc and Jarett D. Berry, MD, MS. Circ Heart Fail. 2015; 8:15-7