Fino a pochi anni fa il paziente con scompenso cardiaco era destinato a stare tra letto e poltrona. Questo perché vi era la paura che l'attività fisica potesse arrecare ulteriori danni al cuore. Un ap-proccio terapeutico di questo tipo creava una se-rie di problemi non solo di natura psicologica ma anche di natura fisica, in quanto erano evidenti le ripercussioni sulla funzione di tutti gli organi.
Dopo le prime esperienze degli anni '70 del secolo scor-so, effettuate però su casistiche formate da pochi pa-zienti con scompenso cardiaco, sono ora numerose le evidenze che hanno dimostrato gli effetti favorevoli di un programma di training fisico controllato, sul migliora-mento dei sintomi e dell’autonomia funzionale; in pratica sono stati dimostrati effetti favorevoli a livello vasale, istologico e metabolico dei muscoli scheletrici. L’eser-cizio ha mostrato di modulare alcuni parametri come la variabilità R-R, la risposta ventilatoria, la risposta ormo-nale (sistema neuro-ormonale e citochimico). Inoltre sono stati dimostrati effetti favorevoli sul rimodellamento ventricolare e sulla prevenzione della cachessia. Alcune meta-analisi effettuate su studi controllati e randomizzati hanno dimostrato una significativa riduzione della mor-talità nel gruppo di pazienti che prendevano parte ad un programma di riabilitazione.
Piepoli, su alcune decine di trials presenti in letteratura, ha ritenuto eleggibili per uno studio di metanalisi solo 9 trials randomizzati. Lo studio dal titolo ExTraMATCH (Exercise Training MetanAlysis of Trials in Patients With Chronic Heart Failure), ha mostrato una riduzione della mortalità nel gruppo sottoposto a riabilitazione cardiologi-ca.
In particolare riguardo alla mortalità a 2 anni la curva di Kaplan–Meier nei 2 gruppi di pazienti, assai omogenei per quanto riguarda la frazione di eiezione (27,9 e 27), ha mostrato valori di:
L’esercizio ha pertanto ridotto la mortalità significati- vamente HR 0,65 (CI 0,46-0,92) log-rank chi2 = 5,9 p = 0,015.
Anche le ospedalizzazioni hanno avuto una significativa riduzione nel gruppo sottoposto a riabilitazione cardio-logica.
A 2 anni la curva di Kaplan–Meier riguardo a mortalità o ospedalizzazione è stata:
L’esercizio ha ridotto la mortalità o l’ ospedalizzazione del 28%; HR 0,72 (CI 0,56-0,93) log-rank chi2 = 6,4 p= 0,018.
Lo studio HF-ACTION presentato al congresso annuale dell’ American College of Cardiology 58th Annual Scien- tific Session (ACC aprile 2009), ha dimostrato che i pa- zienti con scompenso cardiaco cronico, che entrano in un programma di training fisico, hanno significativi van- taggi.
Lo studio ha arruolato 3600 pazienti affetti da scom- penso cardiaco cronico resi stabili e li randomizzati ad un programma di esercizi fisici o ad un programma "usual care" cioè senza esercizi fisici; i risultati hanno mostrato che per ogni carico di lavoro effettuato, cioè per ogni MET/ ora/ settimana, a 90 giorni si è avuta una riduzione del 5% del rischio di morte/ospedalizzazione e di morte cardiovascolare/ospedalizzazione per motivi cardiova- scolari (con una p < 0,003 e p < 0,009 rispettivamente).
Inoltre è stato osservato un significativo aumento del picco di VO2, della distanza percorsa al test dei 6 minuti e un miglioramento della qualità della vita misurata con il questionario "Kansas City Cardiomyopathy Questionnai- re" (KCCQ).
*Intensità dell’ esercizio, MET = metabolic equivalent tasks
**Questionario KCCQ = Kansas City Cardiomyopathy.
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Studi precedenti avevano mostrato che le donne e i pazienti anziani con scompenso cardiaco sistolico posso- no non rispondere al training fisico mentre lo studio HF-ACTION ha mostrato che il training fisico induce significativi effetti benefìci a prescindere dal sesso, età, razza e in tutti i sotto-gruppi.
In sintesi lo studio HF-ACTION ha confermato che il training fisico nello scompenso cardiaco è sicuro ed inoltre ha quantificato la relazione dose/risposta tra esercizio aerobico regolare e risultati positivi sulla sopravvivenza, sulla capacità funzionale e sulla qualità della vita.
I livelli di NT-proBNP, di proteina C-reattiva e di Tro-ponina T cardiaca sono stati valutati al basale e a tre me-si in una coorte di 928 soggetti dello studio HF-ACTION (studio clinico randomizzato effettuato in pazienti con scompenso cardiaco cronico e ridotta frazione di eiezio-ne ventricolare sinistra ( < 35%). Sono stati valutati i livelli dei biomarcatori a 3 mesi in funzione del valore basale, dell' assegnazione del tipo di trattamento (eser-cizio aerobico vs solo trattamento medico ed entità dell' esercizio fisico). Modelli di regressione lineare e di rischio proporzionale di Cox sono stati utilizzati per valutare le relazioni tra cambiamenti nei livelli dei bio-marcatori e alcuni outcomes clinici che includevano va-riazione del consumo massimo di ossigeno (VO2 picco), ospedalizzazioni e la mortalità. I programmi di training non si associavano a significativi cambiamenti nei livelli di NT-proBNP (P = 0,10), di CRP (P = 0,80), o Troponina T rilevabili (P = 0,83) a 3 mesi. Diminuzioni delle con-centrazioni plasmatiche di NT-proBNP, ma non di CRP o Troponina, sono state associate con aumenti di picco VO2 (P < 0,001) a 3 mesi e una diminuzione del rischio di ospedalizzazione o di mortalità (P ≤ 0,04), anche dopo aggiustamento per una serie completa di predittori noti. In conclusioni il training fisico non mostra di modificare i biomarkers di stress miocardico, dell'infiammamazione o di necrosi nei pazienti con Insufficienza cardiaca. Heart Journal 2014,167,2:193-202.
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I programmi riabilitativi offerti dalle U.O. di Cardiologia Riabilitativa devono comprendere oltre all'esercizio fisico controllato anche l’ educazione del paziente,il quale de- ve condividere con i medici curanti la gestione della ma- lattia. Al paziente deve essere richiesta una collabora- zione attiva circa la gestione della terapia farmacolo-gica. La politerapia con 10-12 somministrazioni di 6-8 farmaci è assai gravosa e necessita di continui aggiu-stamenti posologici in particolare per alcuni farmaci co-me i diuretici, gli ACE-inibitori, i β-bloccanti e natural- mente anche riguardo al carico di lavoro da sommi- nistrare durante le sedute di training fisico e succes-sivamente a domicilio. Ad esempio riguardo alla terapia diuretica, la valutazione giornaliera del peso corporeo, consente di autogestire la terapia diuretica: se si osserva un aumento del peso corporeo (spia di ritenzione idrica), è necessario incrementare le dosi di diuretico da as-sumere. Il trattamento a lungo termine con diuretici può provocare un' alterazione del quadro elettrolitico (ipoka-lemia e ipomagnesemia) che in concomitanza ad un trat-tamento digitalico può provocare gravi aritmie ventrico-lari.
I pazienti con scompenso cardiaco possono andare in-contro ad ipotensione post-esercizio e pertanto devono essere monitorati in continuo; è necessario che l'eserci-zio comprenda un adeguato periodo di riscaldamento (warm-up) e di raffreddamento (cool-down)**. Inoltre gli esercizi di forza in questa categoria di pazienti devono essere evitati.
E' fondamentale che il paziente impari a riconoscere l’ insorgenza di alcuni sintomi pericolosi per la sua salute durante l´ attività fisica, come ad esempio:
.dolore al torace: dolore che si irradia alle braccia, alle spalle, al dorso, al collo, alla mandibola e allo stomaco;
.senso di oppressione, di peso, di costrizione retrosternale che va e viene o che si protrae nel tempo per alcuni minuti ;
.segni generali come: malessere generale, astenia (debolezza muscolare nausea, sudorazione fredda, senso di mancamento;
.affanno che precede il dolore o che si accompagna ad esso; se uno o più di questi sintomi durano oltre i 10 minuti è necessario, senza perdere tempo, telefonare al 118.
Anche a lungo termine l'esercizio fisico favorisce un in-cremento significativo del VO 2 max e della qualità della vita. Uno studio randomizzato e controllato,ha infatti di-mostrato che l'esercizio moderato e supervisionato per 2 volte a settimana per 10 anni in un gruppo di pazienti con scompenso cardiaco, rispetto al gruppo di pazienti se-dentari ha favorito un incremento del 60% della capacità funzionale e un significativo aumento della qualità della vita. Questi miglioramenti sono risultati associati ad una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori che inclu-deva l'ospedalizzazione per scompenso cardiaco e la mortalità cardiovascolare.10-Year Exercise Training in Chronic Heart Failure.A Randomized Controlled Trial Ro-
mualdo Belardinelli,Demetrios Georgiou,Giovanni Cianci and Augusto Purcaro.Journal of the American College of Cardiology Vol 60,Issue 16,October 2012.
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* I valori energetici delle diverse attività fisiche possono essere espresse in MET (Equivalenti METabolici, plurale METs).Il MET è il consumo di ossigeno in un minuto; in condizioni di riposo il MET è pari a 3,5 ml di ossigeno consumato per Kg di peso corporeo per minuto. Nella pratica il MET,viene utilizzato in alcune attrezzature car-diofitness, per indicare il costo metabolico di un determi-nato esercizio.
** I benefici del raffreddamento (cool-down) com- prendono:
.la riduzione della temperatura corporea;
.il miglioramento della flessibilità;
.la rimozione delle scorie metaboliche dal
sangue;
.la riduzione dei livelli
ematici di catecolamine;
.la riduzione
dell'indolenzimento muscolare;
.la riduzione delle
richieste cardiorespiratorie;
.la prevenzione delle
vertigini e dello svenimen- to;
.il recupero
dell'equilibrio emotivo dopo lo stress dell' esercizio;
.la prevenzione delle aritmie cardiache nei sog- getti predisposti.