Quale terapia adottare?

 

Treatment of type 2 diabetes mellitus

 

Oltre alle modificazioni dello stile di vita sul piano nutri-zionale e motorio, il primo far- maco di scelta è la metfor- mina da usare alla dose gior- naliera di 2,5 grammi da divi- dere in più somministrazioni dopo i pasti e da raggiungere gradualmente per evitare gli effetti collaterali gastroin-testinali. La metformina è controindicata nei pazienti af- fetti da insufficienza renale (creatininemia >1,5 mg/dl) o da insufficienza cardiaca. Se con l'uso di metformina non si raggiungono gli obbiettivi terapeutici e cioè se la emo-globina glicata non scende a < 7%, è necessario ricor-rere all'aggiunta di un altro farmaco da scegliere tra i far-maci ad azione incretinica. Si può usare un inibitore della dipeptil-peptidasi IV (sitagliptin,vildagliptin),da assumere per bocca, o un analogo della GLP-1 (exenatide, lira-glutide) da somministrare sottocute, specialmente quan-do è presente una condizione di obesità. Gli analogli del GLP-1, all'inizio del trattamento e in una certa percentua-le di casi, possono causare nausea e vomito; ma essi hanno il vantaggio rispetto agli inibitori della dipeptil-peptdasi, di favorire la riduzione del peso corporeo. Queste categorie di farmaci si caratterizzano per non esporre i pazienti al rischio di ipoglicemia.Se ancora la ri-sposta non è soddisfacente si può aggiungere un altro farmaco (tripla terapia) come una sulfanilurea a breve durata di azione o una glinide (repaglinide) a piccole dosi da somministrare prima di uno o più pasti. In aggiunta ai primi 2 farmaci o alla metformina da sola si può inserire una dose di un analogo dell'insulina ad azione ritardata (insulina glargine o detemir) alla sera. Nello schema tera-peutico si può inserire un analogo dell'insulina ad azione rapida prima di uno o più pasti.

Un recente studio ha valutato gli effetti di metformina ri-spetto alle sulfoniluree sul rischio cardiovascolare (in- farto miocardico acuto o ictus) e morte. Lo studio ha ar-ruolato 253.690 pazienti di cui 98.665 hanno iniziato il trattamento con sulfonilurea e 155.025 con metformina. I tassi dell’end point primario sono stati 18,2 per 1.000 persone-anno nel gruppo di pazienti trattati con sulfoni- lurea e 10,4 per 1.000 persone-anno nel gruppo di pa- zienti trattati con metformina. I risultati erano particolar- mente significativi con gliburide (aHR, 1,26 [CI, da 1,16 a 1,37]) e glipizide (aHR,1,15[CI, da 1,06 a 1,26]).Gli autori hanno concluso che l’uso di sulfonilurea rispetto a met- formina, come trattamento iniziale del diabete, dia un au- mentato rischio di cause cardiovascolari o morte per cau- se cardiovascolari.Ann Intern Med 2012;157(9):601-610.

 

Recenti studi scientifici hanno validato la tesi dell' aceto come rimedio naturale per controllare la glicemia. La no-tizia è stata diffusa dall'Università di Seul in Corea del Sud e i dati sugli studi di settore riguardo alle pro-prietà benefiche dell'acido acetico sono stati pub-blicate su Diabetes Metabolism Journal.Gli esperi-menti  sono ancora in fase di work in progress e sperimentati solo a livello di laboratorio. Sembra che l'aceto, usato per condire le insalate, potrebbe es-sere un valido alleato per controllare e ridimensio-nare gli effetti negativi, degli errori alimentari. Le pro-prietà benefiche dell'aceto proteggono, secondo gli esperti coreani, le cellule beta pancreatiche,che co-me è noto sono responsabili della secrezione di in-sulina e ne regolano la produzione in funzione della presenza di glucosio nel flusso sanguigno.             La professoressa italiana Francesca Scazzina, respon-sabile del dipartimento di scienze alimentari dell' Univer- sità di Parma afferma che diversi studi hanno dimostrato che l'acido acetico possa rallentare lo svuotamento dello stomaco e inibire l'attività degli enzimi digestivi presenti nell'intestino tenue, limitando la completa digestione dell' amido e quindi l'assorbimento del glucosio.Potrebbe trat-tarsi anche di un aumento della captazione del glucosio da parte del tessuto muscolare sottraendolo al circolo. 

Uno studio  volto a valutare l'efficacia della dieta medi-terranea nella prevenzione primaria del diabete nel con-testo dello studio Prevención con Dieta Mediterránea,è stato  condotto da ottobre 2003 a dicembre 2010 (follow-up mediano 4,1 anni). E' stata condotta una analisi dei sottogruppi di questo studio multicentrico, randomizzato, condotto in centri di cura primaria in Spagna. Hanno partecipato soggetti di ambo i sessi senza anamnesi di diabete (3.541 pazienti di età compresa tra 55-80 anni) ad alto rischio cardiovascolare. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere uno dei 3 seguenti tipi di dieta:

.dieta mediterranea integrata con olio extra-vergine di oliva,

.dieta mediterranea integrata con frutta secca**,
.dieta di controllo (basata su consigli a riguardo di una dieta a basso contenuto di grassi).

 

Non è stato incluso alcun intervento per aumentare l' atti- vità fisica od incrementare il calo ponderale. L' outcome secondario era l'incidenza di nuove diagnosi di diabete mellito tipo 2. Durante il follow-up è stata registrata l' inci- denza di nuovi casi di diabete pari a 80, 92 e 101 nei gruppi in dieta mediterranea integrata con olio extra-ver- gine di oliva, dieta mediterranea integrata con frutta sec- ca e gruppo controllo, rispettivamente, corrispondenti ai tassi di 16,0, 18,7, e 26,6 casi per 1.000 persone-anno. Gli hazard ratio multivariati aggiustati sono stati 0,60 (95% CI, 0,43-0,85) per la dieta mediterranea integrata con olio extra-vergine di oliva e 0,82 (CI, 0,61-1,10) per la dieta mediterranea integrata con frutta secca rispetto alla dieta di controllo. Ciò ha dimostrato il beneficio de-terminato da una dieta mediterranea arricchita con olio extra-vergine di oliva, ma senza limitazioni dell' apporto energetico, relativamente al rischio di insorgenza del diabete tra i soggetti ad elevato rischio cardiovascolare. Ann Intern Med. 2014; 160 (1) :1-10-10.

 

In sintesi nel paziente diabetico gli alimenti che deve devono essere evitati comprendono: zuc- chero (saccarosio), miele, dolciumi come biscotti, torte,gelati, cornetti, merendine, snack, etc, cioc- colato,marmellata.

 

Come deve essere organizzata la dieta nella giornata? 

 

-la colazione dovrebbe essere composta da una tazza di latte parzialmente scremato o da un vasetto di yogurt magro + 2-3 fette biscottate o 20 g di pane o cereali o biscotti secchi + un frutto di medie dimensioni di circa 150 g da consumare preferibilmente con la buccia.

 

A pranzo e a cena:

 

-i primi piatti devono essere piatti semplici come pasta e riso, meglio se integrali e cotti al "dente", senza eccedere nelle quantità, conditi al pomo- doro, oppure abbinati a fagioli, piselli, ceci, etc. Questa accoppiata risulta assai vantagiosa. Li- mitare gli alimenti ad elevato indice glicemico come pane bianco, pizza e i primi piatti come la- sagne, cannelloni, tortellini, etc; inoltre devono essere banditi i sostituti del pane come grissini, crackers, pane all'olio, focacce che sono ricchi di sale e di grassi; tra la frutta fresca devono essere evitati avogado, banane, uva, fichi, cachi, man- darini, melograno, etc; deve essere evitata anche la frutta secca come castagne, mandorle, pinoli, noci, arachidi, datteri, etc; evitare anche la frutta sciroppata.

Fare uso di tutti i vegetali in particolare quelli a foglia verde come spinaci, cardi, indivia, cavoli, etc  e ortaggi a radice come carote,radicchio, bar-babietole, etc. Aumentare l'apporto di fibra, pre-ferendo i cibi integrali, i vegetali e i legumi; la fi-bra favorisce il senso di sazietà, rallenta la di- gestione e l'assorbimento degli zuccheri con ridu- zione dei picchi  glicemici postprandiali.

 

-per i secondi piatti bisogna limitare il consumo di carne,soprattutto di quella rossa e gli insaccati, questi ultimi per il loro contenuto in sale e grassi favoriscono l'insorgenza di ipertensione e iperco-lesterolemia.
Preferire per l'apporto proteico il pesce che pos- siede elementi molto utili alla salute come gli aci- di grassi omega-3.

 

Tra i latticini preferire quelli fermentati come lo yogurt che si sono rivelati utili alla prevenzione del diabete e aiutano a ripopolare l'intestino di benefici batteri lattici efficaci per la riduzione delle sostanze tossiche presenti con il riflesso di una migliore sensibilità all'insulina.

 

Il consumo di uova va limitato a 1-2 volte a setti- mana.

 

Escludere quanto più possibile  i succhi di frutta e le bevande che contengono zucchero, responsabili di un aumento del rischio di sviluppare il diabete.

E' concesso bere tè e caffè, però senza eccedere; infatti il consumo moderato di caffè e tè, secondo alcuni studi ha un effetto protettivo rispetto all' insorgenza del diabete di tipo 2.

 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità, consiglia a tutti di bere almeno due litri di liquidi al giorno. La stragrande maggioranza delle persone però, al posto dell' acqua, si disseta con bibite di vari tipo come quelle gassate, zuccherate, a volte light, le quali possono provocare danni alla salute.

 

QUALI FRUTTI DEVE PREFERIRE IL DIABETICO?

Da preferire: mele (renette, cotogne, deliziose, golden,  granny smith, imperatore), pere, nespole, fragole, albi-cocche, arance, pesche, lamponi, mirtilli, amarene, ana-nas, ciliegie, cocomero, frutti di bosco, kiwi,  more, pom-pelmo, prugne, ribes, etc.

 

Da assumere con minore frequenza e a dosaggi bassi: banane, fichi, fichi d’india, cachi, mandaranci, clementi- ne e mandarini, uva, papaya, mango, etc.

 

Il diabetico deve escludere dalla dieta la frutta sciroppata e secca,i canditi,le bibite gassate e i succhi di frutta spe-cialmente quelli prodotti dalle industrie alimentari che spesso al succo aggiungono zuccheri.

 

La terapia insulinica*è una terapia di prima scelta fin dall'inizio,in alcuni casi particolari,ad esempio quando siamo in presenza di un grave scompenso metabolico, quando siano presenti segni di scom-penso cardiocircolatorio o quando si tratta di dia-bete di tipo 1.

 

*La scoperta dell’insulina è forse la scoperta più importante della prima metà del 1900. La sua scoperta ha modificato la prognosi del diabete; infatti ha permesso ai giovani diabetici di vivere bene e guardare con ottimi- smo al futuro.La scoperta dell’insulina risale al 1920- 1921 ed  è dovuta a 2 Canadesi Frederick Grant Banting e Charles Herbert Best i quali compirono le loro ricer- che a Toronto, nel laboratorio di John Richard MacLeod, con la collaborazione di James Collip. Per tale scoperta, che ha avuto enormi ricadute di carattere sia scientifico sia terapeutico nella cura del diabete, venne attribuito lo-ro nel 1923 il premio Nobel per la medicina e la fisiologia.

Bisogna segnalare che alcuni mesi prima il rumeno Ni-colas Paulesco aveva pubblicato un articolo in cui aveva riferito di aver scoperto un ormone pancreatico ipoglice-mizzante al quale aveva dato il nome di pancreina.

Banting e Best  nei loro esperimenti con la somministra- zione di insulina prelevata da altri cani, ridussero ripetu- tamente la glicemia in alcuni cani pancreatectomizzati senza avere effetti tossici collaterali. Successivamente, sperimentarono l’insulina sull’uomo,iniziando con Leonard Thomson, ragazzo di 14 anni, che divenne così il primo paziente diabetico della storia ad aver salva la vita per merito di questa sostanza.

Negli anni successivi gli sforzi degli studiosi sono stati indirizzati verso la preparazione di insuline sempre più pure e di più pratica somministrazione.

 

**Numerose evidenze hanno mostrato che il consumo di frutta e verdura è assai utile per l'apporto di nutrienti, di vitamine e di sali minerali; inoltre sembra che il loro con-sumo possa  ridurre l'incidenza di numerose neoplasie, come quello della prostata, della mammella e del colon-retto.

Le linee guida consigliano per una sana alimentazione il consumo di almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdu-ra, specialmente se consumate al naturale,in modo che siano conservate le proprietà nutrizionali. Pertanto anche il paziente diabetico deve  mangiare frutta e verdura. Poi-ché alcuni frutti contengono una forte percentuale di zuccheri, il paziente diabetico deve selezionare i prodotti che ne contengono di meno e che hanno un basso indice glicemico. L'indice glicemico è la misura della capacità di un determinato alimento di alzare la glicemia dopo la sua digestione, rispetto a uno standard di riferimento che è il glucosio puro (100). Questo indice in pratica misura il po-tere glicemizzante di un alimento, cioè la sua capacità di liberare una certa quantità di glucosio e d'indurre una se-crezione d'insulina.E' noto che una eccessiva liberazione di insulina (iperinsulinismo) è alla base dell'obesità, del diabete mellito di tipo 2 e di conseguenza dell'incidenza di malattie cardiovascolari.

I frutti sulla base del loro indice glicemico si dividono in frutti ad:

1.alto indice glicemico:banana,anguria,melone,dattero,

frutta sciroppata o frutta in scatola,papaya,succo d'uva.

2.medio indice glicemico:mango,cachi, banane acerbe, spremuta d'arancia senza zucchero,ananas,uva, prugna secca.

3.basso indice glicemico:arancia, mela, melograno, pe-sche noci, pesche, albicocche, fragole, lampone, mirtillo, ciliegie, frutto della passione, pere, pompelmo, more.

 

L'indice glicemico  è influenzato da numerosi fattori quali il tipo di alimento, il grado di maturazione, la varietà di cottura dell' alimento e l' associazione con grassi, fibre, proteine, etc. Ad esempio una banana verde ha un indice glicemico piuttosto basso di circa 40, mentre una banana matura ha indice di 65 e questo per la trasfor-mazione del suo amido in glucidi. Maggiore è il contenu-to di fibra nell' alimento e minore è il picco glicemico rag-giunto dopo la digestione.Per questa ragione il succo d'a-

rancia ha un indice glicemico superiore rispetto al frutto intero,appunto per la maggiore quantità di fibra;se l'aran-cia viene consumata con la parte bianca della buccia che è ricca di pectina, l'indice glicemico è ancora più basso.

Anche la quantità in toto dei carboidrati introdotti con un determinato cibo è assai importante. Il rilascio di insulina non dipende solo dall'indice glicemico ma anche dal ca-rico glicemico,cioè dalla quantità di alimento si assume a prescindere dal suo indice glicemico.

Empagliflozin
Empagliflozin

Recentemente sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine* i dati dello studio EMPEROR-REDUCED. Obiettivo dello studio era quello di valuta-re gli effetti di empagli-flozin rispetto a placebo, su outcome cardiovascola-ri, in pazienti diabetici e non con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta, in aggiunta alla terapia standard raccomandata.

In questo studio multi-centrico, randomizzato controllato, in doppio cieco, placebo-controllo è stato arruolato un totale di 3730 pazienti ambulatoriali di età media pari a 67 aa, con insufficienza cardiaca e classe funzionale NYHA da 2 a 4 (prevalentemente 2); era una popola-zione ad elevato rischio  con FEVS severamente ridotta: il 73% aveva una FEVS inferiore o uguale al 30%, il 79% aveva valori di NT-pro-BNP uguali o superiori a 1000 pg/ml ed il 48% aveva un filtrato glomerulare stimato (eGFR) < 60 ml/ min/1,73m2.  Circa il 50% dei pazienti era non diabetico e circa il 20% era in terapia con sacubitril/ valsartan. I pazienti sono stati randomizzati (1:1) a ricevere empagliflozin 10 mg o placebo, in aggiunta alla terapia in atto per lo scompenso cardiaco. L’outcome primario era composito e comprendeva un primo episodio di morte cardiovascolare o ospedalizza-zione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca. Endpoint secondari erano rappresentati dalle ospedaliz-zazioni per scompenso cardiaco e peggioramento della funzione renale intesa come riduzione sostenuta del filtrato glomerulare. Durante un follow-up mediano di 16 mesi, l’endpoint primario si è verificato in 361 pazienti (19.4%) nel gruppo empagliflozin e in 462 pazienti (24.7%) nel gruppo placebo (HR 0.75, 95% IC 0.65-0.86; p<0.001) con un NNT pari a 19. Tale effetto si osservava indipendentemente dalla presenza o assen-za di diabete.L’end-point primario era guidato soprattutto dalla riduzione significativa dei ricoveri per scompenso cardiaco nel gruppo randomizzato ad empagliflozin (388 eventi vs 553, HR 0.70, 95% IC 0.58-0.85, p<0.001). Per quanto riguarda gli endpoint secondari, la velocità annuale di declino della eGFR è stata più lenta nel gruppo empagliflozin rispetto al gruppo placebo (-0,55 vs -2,28 ml/min/1,73 m2, p<0,001). Eventi avversi gravi renali si sono verificati meno frequentemente nel gruppo empagliflozin (1.6% vs 3.1%, HR 0.50, 95% IC 0.32-0.77).L’effetto di empagliflozin sull’outcome primario era coerente tra tutti i sottogruppi prespecificati. Conclusioni: In pazienti già in terapia medica ottimale per lo scompenso cardiaco, la terapia con empagliflozin è risultata associata ad una riduzione del rischio di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco rispetto al placebo, indipendentemente dalla presenza o assenza di diabete. Commento: Questo studio ha confermato i risultati positivi degli SGLT2i sullo scompenso cardiaco già emersi dai precedenti studi di outcome e dallo studio DAPA-HF. Inoltre, estende i vantaggi degli SGLT2i ai pazienti con una maggiore gravità di disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Infatti, rispetto allo studio DAPA-HF, la frazione di eie-zione media dei pazienti inclusi era minore (27 vs 31%) e i livelli medi di NT-proBNP erano più elevati (1900 vs 1437 pg/ml). Altro dato significativo da sottolineare è l’elevata percentuale di pazienti già in terapia con sacu-bitril-valsartan (19% vs 11%). Questi farmaci quindi do-vrebbero essere considerati farmaci chiave per la terapia dell’insufficienza cardiaca anche in pazienti senza diabe-te.In questo studio,a differenza di quanto era emerso da-gli studi EMPA-REG e DAPA-HF, non si è osservata una riduzione significativa della mortalità cardiovascolare o per tutte le cause.Tuttavia,lo studio non è stato disegnato per valutare tali endpoint.Una recente meta-analisi pub-blicata su Lancet, che ha utilizzato dati provenienti dagli studi EMPEROR-Reduced e DAPA-HF, ha dimostrato una riduzione significativa del 13% della morte per tutte le cause e del 14% della mortalità cardiovascolare. Infine questo studio ha dimostrato,per la prima volta,un bene-ficio significativo degli SGLT2i su outcome renali in pa-zienti con scompenso cardiaco indipendentemente dalla presenza o meno di diabete.

 

*Gli SGLT2 inibitori (o gliflozine) includono tre mole-cole l’empagliflozin, il canagliflozin e il dapagliflozin, approvati in Italia per il trattamento del diabete di ti-po 2 in monosomministrazione giornaliera, con un profilo di safety superiore rispetto ad altri ipoglice-mizzanti orali.

 

Packer M, anker SD, Butler J et al. Cardiovascular and Renal Outcomes with Empagliflozin in Heart Failure. N Engl J Med 2020;383:1413-24.

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Oper.medici e tecnici dell' U.O. di Cardiologia Riabili-tativa dell' Az. Osp. Mater Domini Catanzaro.
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