In Italia, il 25% degli uomini e il 30% delle donne dichia-ra di avere familiarità per le diverse malattie cardiovasco-lari (infarto del miocardio, ictus,etc). I dati sotto riportati si riferiscono alla popolazione generale, uomini e donne di età compresa fra 35 e 74 anni, esaminati tra il 1998 e il 2002. Essi sono standardizzati per età, secondo la popo-lazione standard europea, utilizzando la stessa distribu-zione per uomini e donne. Progetto del Istituto Superiore di Sanità.
Fatte queste premesse, il rischio cardiovascolare glo-bale deve essere calcolato non solo in base alla presen-senza di elevati valori di pressione arteriosa, di coleste-rolemia totale e di Colesterolo-LDL,dell’abitudine al fumo di tabacco, di diabete mellito, ma anche in base alla pre-senza di una storia familiare positiva per eventi cardio-vascolari occorsi in giovane età,cioè prima dei 60 anni. Vi sono evidenze che la familiarità per cardiopatia ische-mica è un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di infarto del miocardio.
E' stato osservato che in caso di gemelli omozigoti (cioè di soggetti che condividono lo stesso corredo genetico), la morte cardiaca di uno dei 2 gemelli, comporta nel ge-mello sopravvissuto un rischio di 15 volte maggiore se è di sesso femminile e di 8 volte maggiore se è di sesso maschile, rispetto al caso in cui nessuno dei 2 gemelli sia deceduto per morte cardiaca.
COME AGISCONO I FATTORI GENETICI?
I fattori genetici possono contribuire allo sviluppo dei fat-tori classici di rischio cardiovascolare come diabete melli-to,ipertensione arteriosa,ipercolesterolemia,etc.Ma la su-scettibilità genetica all'infarto del miocardio non si esauri-sce nello sviluppo dei classici fattori di rischio, in quanto agisce come fattore incrementale ed indipendente.
In uno studio sono stati sottoposti ad esame genetico 2.334 pazienti affetti da coronaropatia (European Heart Journal 2010; 31:3017-3023); essi sono stati coronaro-grafati e valutati sotto il profilo dell'estensione e della se-verità della malattia coronarica. Un sottogruppo di 308 pazienti è stato sottoposto ad un secondo esame coro-narografico a 6 mesi di distanza,con il quale è stata va-lutata la progressione della malattia coronarica. Gli autori hanno dimostrato una associazione tra la variante gene-tica del locus 9p21 ed estensione e progressione della coronaropatia, anche dopo aggiustamento per le variabili cliniche e i fattori di rischio classici (p= 0,016 e p= 0,023). I pazienti omozigoti avevano un rischio 3 volte maggiore di progressione della malattia coronarica rispetto al grup-po di confronto.
Bisogna segnalare che sullo sviluppo della malattia con-corrono molti geni con piccoli effetti, piuttosto che pochi geni con grossi effetti.
In sintesi la genetica ha un ruolo abbastanza circoscritto: non più del 20% del rischio di malattia coronarica è attri-buibile alla genetica in modo diretto,mentre l'interazione tra i geni e l'ambiente gioca un ruolo assai più importan-te.
Nella pratica clinica, se ci troviamo di fronte ad un sog- getto,con uno o più parenti stretti affetti da malattie car-diologiche, egli deve essere considerato un soggetto a ri-schio. In particolare, se oltre alla familiarità sono presenti uno o più fattori di rischio, è necessario adottare una adeguata azione di prevenzione che deve comprendere una serie di esami medici, di laboratorio e strumentali, per diagnosticare una eventuale malattia coronarica an-cora nella fase asintomatica.
Di recente alcuni ricercatori hanno voluto valutare se il maggiore rischio genetico possa essere compensato da uno stile di vita sano.
Usando uno score poligenico di polimorfismi di sequenza del DNA, essi hanno quantificato il rischio genetico per malattia coronarica in 3 coorti:
.7.814 partecipanti allo studio Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC),
.21.222 partecipanti allo studio Genome Health Study (WGHS),
.22.389 partecipanti allo studio dieta e cancro (MDCS) Malmö,
.4.260 partecipanti alla sezione trasversale di studio BioImage per i quali erano disponibili dati genotipici e covariate.
Gli autori hanno valutato l’adesione ad uno stile di vita sano tra i partecipanti per i quali è stato utilizzato uno score basato su fattori:
.fumo non abituale,
.non obesità,
.attività fisica regolare,
.dieta sana.
Il rischio relativo di eventi coronarici era più alto del 91% tra i partecipanti ad alto rischio genetico rispetto a quelli a basso rischio genetico (hazard ratio,1,91; 95% interval- lo di confidenza [CI], 1,75-2,09).
Uno stile di vita favorevole (definito da almeno 3 dei 4 fattori di stile di vita sano) è stato associato ad un rischio notevolmente inferiore di eventi coronarici rispetto a uno stile di vita sfavorevole (definito dall’assenza o solo 1 dei fattori di stile di vita sano), a prescindere dalla categoria di rischio genetico.
Tra i partecipanti ad alto rischio genetico, uno stile di vita favorevole è stato associato con un rischio relativo del 46% inferiore di eventi coronarici rispetto a uno stile di vita sfavorevole (hazard ratio, 0,54; 95% CI, 0,47-0,63). Questa scoperta corrispondeva ad una riduzione del tasso di incidenza di eventi coronarici a 10 anni dal 10,7% per uno stile di vita sfavorevole al 5,1% per una vita favorevole ARIC, dal 4,6% al 2,0% in WGHS e dal 8,2% al 5,3% in MDCS.
Nel BioImage Study, uno stile di vita favorevole è stato associato con rischio significativamente inferiore di calci-ficazione coronarica in ogni categoria di rischio genetico. Dai 4 studi che hanno coinvolto 55.685 partecipanti, i fat-tori genetici e lo stile di vita erano indipendentemente associati alla suscettibilità alla malattia coronarica. Tra i partecipanti ad alto rischio genetico, uno stile di vita favo-revole è stato associato con un rischio relativo di circa il 50% più basso di malattia coronarica rispetto ai pazienti con stile di vita sfavorevole. Amit V. Khera,M.D-N Engl J Med 2016; 375: 2349-2358.
Differenze tra Familiarità, Predisposizione o Suscettibilità e Ereditarietà.
E’ una condizione in cui nella storia di familiare di un determinato soggetto vi siano stati più casi di una certa patologia. Ad esempio, se prendiamo in considerazione alcuni tumori come quelli della mammella, dell’ovaio, del colon, della tiroide, del retinoblastoma, del melanoma, è stata accertata la possibilità di trasmettere una predispo-sizione genetica verso la malattia, anche se l'evento pa-tologico si verifica raramente. Per parlare di familiarità per un certo tipo di tumore, devono essere presenti in fa-miglia almeno 2 casi di congiunti diretti affetti da quella patologia. La prevenzione in questi casi passa attraverso controlli periodici ravvicinati.
L’analisi della predisposizione genetica si basa sulle informazioni derivanti dall'assetto genetico di un deter-minato soggetto, al fine di definire la stima del rischio di sviluppare una certa patologia nel corso della vita. Le dif-ferenze tra individui sono costituite per la maggior parte da variazioni, anche assai piccole del Dna. Queste varia-zioni genetiche sono relativamente comuni,ma se combi-nate tra di loro e associate con specifiche componenti ambientali come lo stile di vita, possono fare incremen-tare in modo significativo il rischio di sviluppare alcune malattie come quelle cardiovascolari e il diabete. Ciono-nostante anche in presenza di predisposizione o suscet-tibilità,può accadere che il soggetto non si ammali mai.
L'ereditarietà riguarda le malattie genetiche, di cui ne sono state identificate oltre 5.000, dalle più frequenti alle più rare e che vengono trasmesse da uno dei genitori o da tutte e due. Nel caso ci siano nella storia familiare ca-si di malattie genetiche,deve essere raccomandata la consulenza pre-concezionale.Per alcune malattie geneti-che sono disponibili test per fare la diagnosi prenatale,ed eventualmente decidere l’interruzione della gravidanza.