Che rapporto
intercorre tra la
letteratura e il fumo
di tabacco?
Alcuni degli scrittori più famosi della letteratura mo-derna hanno trattato il tema "fumo di tabacco" ed han-no descritto personaggi che esibendo la pipa, il sigaro e la sigaretta, ostentano una sorta di elevazione sociale, morale e intellettuale. La sigaretta con tabacco pregiato, estratta da un portasigarette in metallo prezioso, diventa simbolo di superiorità spirituale, di autorappresentazione e di differenza sociale rispetto al resto della popolazione.
Un esempio lo offre Gabriele D’Annunzio (1863-1938), il quale nel romanzo"Il piacere" mostra come Andrea Sperelli, nobile romano, fuma soltanto sigarette russe, contenute in un prezioso astuccio d'argento smaltato.
Il fumo di tabacco è dunque inserito in un contesto socio-culturale mondano e fatuo, che caratterizzava il modus vivendi, tipica della ricca borghesia romana, dedita al cul-to del lusso e del bello. Il giovanotto alla moda si circon-da di oggetti ricercati che apparivano come il simbolo di una diversificazione sociale: sigarette russe,fiori odorosi e profumi di marca, vedi appresso un approfondimento del romanzo il Piacere di Gabriele D'annunzio.
Lo stile di vita di Andrea Sperelli fa ricordare il Roaring Twenties, termine americano usato per descrivere gli anni venti; in Francia e nel Canada francofono questa epoca veniva definita Années folles; in Spagna Felices Años Veinte, in Germania Goldene Zwanziger, in Italia Anni Ruggenti. In pratica si voleva indicare con questo termine l'entusiasmo, con cui negli anni 20 del XX se-colo, accanto alla normalizzazione della vita politica, dopo la catastrofe della prima guerra mondiale, compar-vero le novità in tema sociale e artistico; riguardo alla musica si assistette all'esplosione del fenomeno del Jazz. Fra i maggiori esponenti dell'Età del jazz e dei "Ruggenti Anni Venti" viene ricordato lo scrittore americano Francis Scott Key Fitzgerald (1896-1940). Nei suoi racconti traspare l'amore per le sale da ballo, dove oltre all'alcool non mancavano mai le sigarette. Era lo stile di vita dell'America adottato dai giovani di quell' epoca;una gioventù frivola,spregiudicata, anticonformista e carica di romanticismo.
Nel romanzo "La montagna incantata", Thomas Mann (1895-1955, Premio Nobel per la letteratura nel 1929), viene presentato uno spaccato della civiltà occidentale dei primi decenni del secolo scorso;in particolare l'assue-fazione al fumo di tabacco diviene la metafora della sin-tesi tra eleganza, raffinatezza, malattia e decadenza. Il protagonista del romanzo è l'ingegnere Hans Castorp, rampollo di una famiglia borghese di Amburgo, che nono-stante il divieto dei medici e una lunga permanenza in un sanatorio svizzero,afferma:"Non capisco come si può vivere senza fumare".
Anche per lo scrittore peruviano Julio Ramon Ribeyro, nato a Lima il 1929 e deceduto nel 1994, il rapporto tra letteratura e fumo di tabacco, risulta assai stretto, perché egli ribadisce "gli scrittori sono stati generalmente dei grandi fumatori".
Il poeta italiano Gioachino Belli (1791-1863),con i 2.279 Sonetti composti in vernacolo romanesco, ha raccolto la voce dei popolani romani del XIX secolo. In uno di questi Sonetti recitava:"La morte sta nascosta negli orologi e accendersi la sigaretta, a volte, è come fermare la lancetta dei doveri per concedersi a sé stessi, come tracciare una linea di demarcazione fra quello che si deve e quello che si vuole fare".
QUANTO FUMANO GLI SCRITTORI E I POETI?
Quasi tutti gli scrittori e i poeti sono stati e alcuni di loro sono ancora fumatori.
Lo scrittore Italo Svevo (1861-1928), fumava "non solo con la bocca, ma con tutto il corpo e con tutta l'anima sessanta sigarette al giorno". Per tutta la vita cercò con ripetute promesse, mai mantenute, di evitare il vizio del fumo,vizio che gli provocò un grave enfisema polmonare. Quando, in seguito ad un incidente automobilistico, fu ri-coverato in ospedale per la frattura di un femore, si dice che abbia chiesto a suo cugino Aurelio Finzi di dargli quella che davvero sarebbe stata veramente "l'ultima si-garetta", ma gli fu negata (Renzo S. Crivelli).
Dopo 24 ore dal ricovero, Svevo peggiorò rapidamente a causa dell'asma cardiaco che complicò l'insufficienza re-spiratoria per l'enfisema polmonare di cui soffriva da mol-to tempo.
Giorgio de Chirico (Volo 1888-Roma 1978) è stato un pittore e scrittore italiano, principale esponente della cor-rente artistica della pittura metafisica,fu anche autore di scritti teorici, memorie autobiografiche, brevi racconti e di una vera e propria opera letteraria di una certa importan-za: L'Hebdomeros (Ebdomero). L'opera pubblicata nel 1929, era una serie di figure senza un ruolo determinato come gladiatori, generali, centauri, pastori, i quali in un insieme di sogni, di ricordi poco fedeli, di miti e di remini-scenze, sono in sintesi echi della sua pittura. Anche i luo-ghi erano quelli metafisici tipici delle sue opere pittoriche, che si spostavano come in un sogno.
Tra gli altri scritti vengono ricordati il romanzo autobio-grafico Il signor Dudron, il Piccolo trattato di tecnica pittorica, la Commedia dell'arte moderna scritta con Isabella Far e l'autobiografia Memorie della mia vita. Inoltre alcune sue poesie in francese, Poèmes Poesie, Paris, Solin,1981.
In una intervista a Giorgio De Chirico, Franco Si-mongini (Roma 1932-Roma 1994), giornalista, critico d' arte e regista italiano scrisse: "Giorgio de Chirico, a ottantaquattro anni suonati, non porta occhiali, né da vista né da sole, legge e dipinge rapida-mente, con scioltezza (sui giornali legge solo i ti-toli e ama poco andare al cinema), fuma la pipa (sigari toscani sgretolati sulla mano, ma non lo dice a nessuno, è un suo segreto)".
Ma lei prima di addormentarsi non legge niente? No. Fumo la pipa, spengo la luce e mi addormento benissi-mo. Non ho la necessità né l’intenzione di degradare la lettura a funzione di sonnifero.Intervista di Berenice (Jo-lena Baldini),giornalista di Paese Sera."Incontro con Giorgio de Chirico", a cura di Carmine Siniscalco, Ed. La Bautta, Matera-Ferrara,1985, pp.131-132.
La poetessa e scrittrice Alda Merini (1931-2009), che fu-mava da 60 a 70 sigarette al giorno; in un'intervista riferi-va: "Apro la sigaretta/Come fosse una foglia di tabac-co/E aspiro avidamente/L’assenza della tua vita"; "Fumo come una dannata dai tempi del manicomio". Lei pensa-va che le sue poesie fossero il frutto di un’ispirazione che le sarebbe venuta anche grazie alle sigarette.E a pro-posito dei divieti sul fumo di tabacco diceva: “Ma quanto rompono le scatole questi salutisti...E allora gli alcolisti? Come la mettiamo?Vorrei ricordare al mondo che fumare non è reato,può essere poca cura di se stessi, tutt’al più”.
Ernest Miller Hemingway (1899-1961), Giovanni Pa-scoli (1855-1912), Giuseppe Ungaretti (1888-1970), il primo amava i sigari cubani, questi altri i sigari tosca-ni; Umberto Saba (1883-1957), il pittore e scrittore Giorgio de Chirico (1888-1978), Oriana Fallaci (1929-2006), Beppe Fenoglio (1922-1963), il quale ave-va seguito pedissequamente il consiglio di Charles Bukowki (1920-1994),forte fumatore,il quale aveva scrit-to:"Trova ciò che ami e lascia che ti uccida";infatti Fe-noglio morì a soli 40 anni per un problema pleuro-polmo-nare e coronarico come conseguenza dell'eccesso nel vizio del fumo di tabacco; Fernando António Nogueira Pessoa (1888-1935),poeta,scrittore, aforista portoghese.
Fumavano anche Benedetto Croce (1866-1952), Luigi Pirandello(1867-1936),Leonardo Sciascia(1921-1989), Emilio Cecchi (1884-1966), Franco Licentini (1920- 2002), Carlo Fruttero (1926-2012).
Una particolare predilezione per le famose sigarette Gauloises brunes senza filtro, l'avevano alcuni artisti francesi o che vivevano in Francia, tra i quali ricordiamo: Pablo Picasso (1881-1973), John Lennon (1956-1980), Albert Camus (1913-1960), Jean Baudrillard (1829-2007), Julio Cortázar (1914-1984), Jean Paul Sartre (1905-1980), George Orwell (1903-1950), Roman Po-lański (1933), Renato Caccioppoli (1904-1959), Serge Gaisbourg (1928-1991), Jacques Prévert (1900-1977).
Hannah Arendt, nata nel 1906 a Linden, in Germania da una famiglia ebrea, cresciuta prima a Königsberg, poi a Berlino, si laureò con una tesi sul concetto di amore in Sant' Agostino. Successivamente lasciò la Germania per tra-sferirsi a Parigi, dove cercò di aiutare gli esuli ebrei fug-giti dalla Germania nazista.Dopo l'occupazione tedesca della Francia emigrò in America. Tra il 1960 e il 1962 seguì,in qualità di corrispondente a Gerusalemme, il pro-cesso di Adolf Eichmann, un criminale nazista; dal pro-cesso prese spunto per scrivere il libro La banalità del male. Morì il 4 dicembre 1975 in seguito ad un at-tacco cardiaco e fu sepolta al cimitero del Bard College, in Annandaleon, Hudson, New York.
Come filosofa,viene ricordata per le sue analisi critiche su Socrate, Platone, Aristotele, Kant, Martin Heidegger e Karl Jaspers, Machiavelli e Montesquieu.
I lavori letterari di Hannah Arendt riguardarono la natura del potere, la politica, l'autorità e il totalitarismo. Hannah Arendt difese il concetto di "pluralismo" in ambito politico. Nel 1951 scrisse Le origini del totalitarismo, in cui de-scrisse le radici dello stalinismo e del nazismo e le loro connessioni con l'antisemitismo. Questo libro fu al centro di molte critiche, perché comparava due sistemi che alla maggior parte degli studiosi sembravano diametralmente opposti. L'opera però che descrive in maniera esemplare la sua teoria politica venne pubblicata nel 1958 con il ti-tolo Vita activa in cui intende recuperare tutta la portata del politico nella dimensione umana nel tentativo di resti-tuire "una teoria libertaria dell'azione nell'epoca del con-formismo sociale", come ha rilevato Alessandro Dal Lago nella sua Introduzione per l'edizione italiana.
Nel resoconto del processo ad Eichmann per il New Yorker che divenne nel 1963 il libro La banalità del ma-le.Eichmann a Gerusalemme, Arendt ha sollevato la questione che il male possa non essere radicale: anzi è proprio l'assenza di radici, di memoria, del non ritornare sui propri pensieri e sulle proprie azioni mediante un dia-logo con se stessi, che personaggi spesso banali si tra-sformino in autentici agenti del male. È questa stessa ba-nalità a rendere, com'è accaduto nella Germania nazi-sta, un popolo acquiescente quando non complice con i più terribili misfatti della storia ed a far sentire l'individuo non responsabile dei propri crimini, senza il benché mi-nimo senso critico.
Riguardo al fumo di tabacco, Hannah Arendt era una forte fumatrice di sigarette. Anche nella foto di copertina del libro Hannah Arendt. Nel libro "Un ritratto controcorrente" scritto da Marie Luise Knott, edito da Raffaello Cortina Milano 2012, la Arendt viene presentata con una sigaretta tra le dita. Nel libro racconta come Arendt da giovane allieva avesse chiesto udienza al suo docente Martin Heidegger perché voleva imparare a pensare. Da adulta divenne un perso-naggio che non poteva vivere senza pensare. E che, per pensare, doveva fumare.Le sue pause meditative e sua eloquenza erano punteggiate dalle sigarette che conti-nuava a fumare.
Nel 2014 nelle sale cinematografiche italiane è uscito il film su Hannah Arendt per la regia di Margarethe von Trotta.La trama del film tratta del reportage che nel 1961, Arendt, scrisse in occasione del processo che si tenne a Gerusalemme contro il criminale nazista Adolf Eichmann.
Arendt rimase sorpresa quando, pensando di trovarsi di fronte ad un mostro, trovò solamente un uomo mediocre. La Arendt è interpretata magistralmente dall'attrice Bar-bara Sukowa. Sullo schermo l'attrice fisicamente non è molto somigliante alla filosofa, ma riproduce perfetta-menmente il suo stile comunicativo e in particolare il suo stile di vita.
La critica cinematografica Nicole Janigro (Zagabria e Milanese di adozione) così ha commentato il film: "la si-garetta nel film la fa da mattatore.Hannah fuma sempre e dappertutto. In pubblico e in privato,da sola e in compa-gnia.Mentre fa lezione e mentre passeggia. Durante le discussioni con gli amici nel suo salotto newyorchese, le sigarette si accendono e si spengono in continuazione, passano di mano in mano, sono i punti e le virgole del di-scorso.Quando è sola, distesa sul sofà, con accanto uno di quei portacenere di una volta che bastava premere e la cenere spariva, gli occhi chiusi, la mano distesa,immo-bile, è il fumo il suo segno di vita. Davanti alla macchina da scrivere,a ogni nuova sigaretta è una frase che inizia".
Un altro scrittore forte fumatore è stato Andrea Camilleri (1925-2019). In una intervista concessa nel 2009 al “Tempo” di Roma Andrea Camilleri si espresse in questo modo: "Solo il mare mi fa smettere un po’di fu-mare, o meglio, rallentare e così facendo apprezzo di più la sigaretta che verrà: l’accendo solo dopo un po’,quando mi sono saturato di onde". Le sue passeggiate, le “pas-siate” in riva al mare come le chiamava Lui, continue-ranno come sempre e ogni volta proverà, se non a smet-tere di fumare, almeno a rallentare l’arrivo alle labbra della prossima sigaretta.Ci saranno le onde,l’azione puri-ficatrice e catartica del blu in continuo,inarrestabile movi-mento.Il fumo si perderà nel vento e con esso i suoi danni e significati.Un vizio resta un fatto privato.Quello che conta, la scintilla di brace che ci rischiara per un istante, è che stavolta dia calda luce all’integrità respon-sabile di un uomo”.
Sul “Venerdì di Repubblica” di qualche tempo fa,è stata pubblicata un’intervista a Camilleri da parte dei giornalisti Piero Melati e Marco Cicala,della quale ricordiamo, un irresistibile dialogo: "A quante sigarette siamo al giorno?" "Teoricamente sessanta. Ma in realtà dò due-tre tiri e le spengo". "Marca?" “Mi girate il ferro nella piaga. Per una vita ho fumato Philip Morris rosse morbide. Ma hanno deciso di non farle più. Come ai tempi della guerra e del mercato nero sono riuscito a racimolare un’ultima decina di stecche. Ma i pacchetti stanno finendo. Ne restano so-lo quattro. Me li concedo nei giorni di festa”. "E negli altri con cosa si consola?" “Sempre Philip Morris, ma banali Multifilter con il pacchetto duro”. "La prima sigaretta?" “Era il giorno dei miei 18 anni. Non ho mai fumato di na-scosto perché volevo dare al mio vizio l’onore e la visibi-lità che meritava”.
Sul “Corriere della Sera”, la giornalista Giusi Fasano ri-porta un'altra intervista che fece alcuni anni fà a Camil-leri. L'argomento della conversazione verteva sulla pro-posta allora in discussione in Irlanda di considerare il fu-mo come elemento discriminatorio in sede di assunzio-ne lavorativa.“Per fortuna non ho più l’età per fare do-mande di assunzione”, commentò Andrea Camilleri men-tre si accendeva una sigaretta e ribatteva:“Non assume-re gente che fuma? Che idea...La sua voce roca com-mentava la storia dell’azienda irlandese che non vuole impiegati fumatori e spiegava: “Mi sembra francamente discriminatoria. E come se ne accorgono? Con una ra-diografia? Il fatto è che l’uomo ha bisogno di ricorrenti cacce alle streghe. Io sono favorevole alle limitazioni sensate, non alle persecuzioni”. Camilleri sorrise al ricor-do della sua prima sigaretta.Ne aveva un’idea romanti-ca: “Era il giorno dei miei 18 anni. Non ho mai fumato di nascosto perché volevo dare al mio vizio l’onore e la vi-sibilità che meritava”. Con le barricate antifumo è una lot-ta continua:“Pensi che non accetto più gli inviti nelle bi-blioteche perché non si può fumare. Ho una gamba ma-landata e una parente non mi fa salire sulla sua auto per-ché dice che sennò poi tutto sa di fumo. Io dico sempre che mia nonna è morta a 110 anni e fumava i toscani. Fate un po’ voi....”.
Il giornalista Pietrangelo Buttafuoco in occasione di un compleanno di Camilleri scrisse un pezzo sul giornale il “Foglio”, intitolato“Il siciliano che inventò un’altra Sicilia". Buttafuoco descrisse la tappa di Camilleri dal tabaccaio di fiducia spiritoso com’era reclamava il vizio ma scansa-va tutti i pacchetti con sopra scritto "danneggia il feto", "provoca il cancro ai polmoni", "è dannoso per i denti e per le gengive". Ebbene, lui li rifiutava tutti, faceva segno di no anche a quello con la dicitura "blocca la crescita" e diceva: "Mi dia il pacchetto che fa invecchiare la pelle!".
Karl Marx (1818-1883) filosofo, economista, storico, so-ciologo, giornalista e politico tedesco,era un irriducibile fumatore. Morì a 65 anni per problemi pleuro-polmonari, verosimilmente indotti dal fumo.Aveva fumato così tanto che da esperto economista, facendo riferimento al costo-beneficio diceva: "Il Capitale non ripagherà nemmeno i sigari che ho fumato scrivendolo".
Come affermava Camilleri, il fumo di tabacco da molti scrittori viene inteso come un vizio privato, per cui non sono molti quelli che hanno scritto sul fumo di tabacco, mentre riguardo agli altri vizi come il gioco d’azzardo, le droghe o l’alcool, sono state elaborate numerose opere letterarie.
Anche nella musica troviamo molti estimatori del fumo di tabacco;tra i musicisti, famosa era la pipa di Händel, Mozart non abbandonava mai la scatola del tabacco da fiuto. Beethoven prediligeva la pipa, mentre riguardo a Wagner si dice che, impegnato a suonare il piano per alcuni amici, avendo terminato il tabacco da fiuto, abbia esclamato: "Niente più tabacco, niente più musica".
Poichè il fumo ipertrofizza le corde vocali e modifica il tono della voce,rendendola pastosa,più gradevole e affa-scinante,molti cantanti di mucica classica come Enrico Caruso, Luciano Pavarotti, sono stati forti fumatori; so-no stati fumatori anche i cantanti di musica leggera co-me,Frank Sinatra,Jacques Brel, Giorgio Gaber, Adria-no Celentano, Lucio Dalla, Roberto Vecchioni e in particolare i cantanti di musica jazz come ad esempio Louis Armstrong e Duke Ellintgton.
Il fumo di tabacco ha catturato il cuore di molti musicisti compositori che hanno fatto oggetto delle loro opere il ta-bacco esaltandone l'uso, come nel Balletto: "Il tabacco".
E' un "Ballet de cour à entrées" in 5 parti, di cui l'autore di coreografia e musica è stato Filippo Giuseppe San Martino di Angliè, marchese di San Damiano e Rivarolo (Torino 1604-1667), letterato e musicista;la prima rappre-sentazione avvenne a Torino, Palazzo Reale, 1 marzo 1650 "Balletto ingegnoso", come fu definito da uno degli storici del tempo. Le varie entrées illustrano l’uso del ta-bacco,da poco legalizzato,attraverso musiche,testi poeti-ci, danze, invenzioni di strabilianti macchine teatrali. In pratica in questo balletto si narrano i pregi e le delizie dell’ormai diffuso uso del fumo di tabacco.
Un altro riferimento al fumo di tabacco lo troviamo nella Carmen del compositore Georges Bizet (Parigi 1838-Bougival 1875), dove la protagonista è una seducente sigaraia, donna sensuale e inebriante, inebriante proprio come l'odore intenso del fumo del suo sigaro che impre-gna l'aria e gli oggetti.
Carmen dal 1880 è una delle opere più eseguite al mon-do; è praticamente un classico del repertorio operistico dei più prestigiosi teatri.
Johan Sebastian Bach (1685-1750), compositore e musicista tedesco del periodo barocco, viene oggi uni-versalmente considerato uno dei più grandi geni nella storia della musica. Bach godette di buona salute per la maggior parte della sua vita, anche se fumava la pipa in continuazione.
Bach oltre ad essere un grande compositore,nutriva un grande interesse per la poesia e la filosofia come dimo-stra la cantata che scrisse sui piaceri del fumo che ap-parve nel 1725 dal titolo: "Pensieri edificanti di un fu-matore di tabacco".
Come nacque questa cantata? Bach in compagnia del-la sua amata stava picchiettando con le dita sulla sua bianca pipa di ceramica come se stesse percuotendo i tasti di un organo, quando improvvisamente gli cadde a terra e si ruppe. Mentre era addolorato per dover rinun-ciare ad uno dei suoi passatempi preferiti, ebbe una idea geniale.Senza perdere tempo, prese dal cassetto dello scrittoio il quaderno dove annotava la musica e si mise a scrivere una cantata in onore della sua amata pipa che intitolò:
“Pensieri Edificanti di un fumatore di tabacco”:
"Non appena prendo la mia pipa,
riempita di buona miscela,
per passatempo e svago,
mi riporta un’immagine malinconica,
e l’insegnamento,
di quanto io sia simile a lei.
La pipa viene dall’argilla e dalla terra,
e anch’io son fatto della stessa materia.
Anch’io un giorno tornerò alla terra,
essa cade, si rompe, prima di quanto tu creda,
spesso si rompe tra le mani,
e il mio destino è identico.
Non ci si cura di colorare la pipa,
lei rimane bianca. Così alla fine,
quando un giorno dovrò morire,
il mio corpo impallidirà.
Nella tomba diventerà il mio corpo scuro,
come accade dopo lungo utilizzo.
Non appena la pipa è accesa,
ci si accorge in un istante,
che il fumo nell’aria libera scompare,
non rimane altro che cenere.
Così anche la gloria degli uomini,
e il loro corpo in cenere si converte.
Quanto spesso capita durante una fumata,
che senza il pigino a portata di mano,
ci si industria di utilizzare le dita.
Allora penso, quando me le scotto:
O, ma se il carbone provoca tanto dolore,
come dovrà essere quello dell’inferno?
Da tutte queste cose dette
Mentre fumo il mio tabacco
Scaturiscono sempre simili riflessioni.
E allora sbuffo pieno di gioia,
in campagna, lungo i fiumi, a casa,
sempre meditando con la mia piccola pipa."
In questa cantata troviamo un Bach filosofo,che espone le sue riflessioni sulla fragilità della vita umana, suggerite dalla fragilità della sua pipa; fragilità che gli fece ancora di più amare la pipa, che definiva “creatura impastata di terra fangosa e acqua a null’altro, destinata a spezzarsi a terra e prima o poi a terra ritornare”.
Proprio in quest'epoca venne fondato dalle donne l'"Ordine della tabacchiera". Vi si leggeva: "Noi Cava-lieresse dell'Ordine della Tabacchiera, dichiariamo di non aver trovato fino ad oggi nulla all'infuori del tabacco de-gno di farsi amare costantemente da noi. Il tempo ci fa trovare dei difetti nei nostri amanti, dell'ingratitudine nelle nostre amiche, del ridicolo in una moda che noi cam-biamo 4 volte all'anno, solo il tabacco noi troviamo degno di essere amato".
Igrandi musicisti del passato,in particolare i musicisti del Jazz, da Louis Armstrong a Nat King Cole, da Billie Holiday a Bing Crosby, avevano sempre tra le dita una sigaretta o un raffinato bocchino o una pipa, non solo nei momenti di pausa tra un’esibizione e l’altra,ma anche du-rante i concerti.
Il Jammin' the Blues è un cortometraggio del 1944 in cui alcuni musicisti jazz di primo piano si riunirono per un raro filmato di una jam session. Nel video tutti i musicisti sono neri, meno Barney Kessel, unico artista bianco del film, il quale era seduto nell'ombra per scurire la sua pel-le, e per i primi piani, le sue mani venivano scurite dal succo di bacche. Nel film il fumo avvolge e sottolinea gli assolo di Lester Young e degli altri musicisti divenendo un elemento importante del set e rendendo l’atmosfera dei locali notturni culla del grande jazz.
Negli anni seguenti con la musica cantata, il tema del fu-mo entra in numerose canzoni: un esempio è la canzone "Fumo negli occhi" ("Smoke gets in your eyes" del 1933).
Più di recente, la cantante Mina,nel corso della lunga produzione artistica ha cantato sul tema fumo di tabacco la canzone:Portati via!La canzone Fumo Blu è un'altra canzone di Mina poco conosciuta e censurata nel corso degli anni perché favorevole al fumo di tabac-co.
SCRITTORI E POETI CHE HANNO SCRITTO SUL FUMO DI TABACCO
Forse il primo elaborato letterario, legato al fumo di ta-bacco lo possiamo trovare nel primo atto della tragicom-media il "Don Giovanni" del commediografo e attore francese Molière, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin (1622-1673). Sganarello, personaggio comico, rivolgen-dosi al suo scudiero Gusmano, recita: "Dicano quello che vogliono Aristotele e tutta la filosofia, non c’è niente di comparabile al tabacco: è la passione delle genti oneste e chi vive senza tabacco non è degno di vivere".
Devono passare alcuni secoli perchè si possano trovare in letteratura le prime rappresentazioni letterarie sul vizio del fumo. Siamo alla fine del XIX secolo,quando troviamo Oscar Wilde (1854-1900),che viene ricordato soprattutto per l'uso frequente dei suoi aforismi e dei paradossi. Uno di questi recita: "Una sigaretta è il prototipo perfetto di un perfetto piacere. E' squisita e lascia insoddisfatti. Che cosa si può volere di più?". Wilde in poche parole è riuscito a sintetizzare il rapporto che esiste tra il fuma-tore e il fumo di tabacco,rapporto talmente forte e insop-primibile da poter essere quasi paragonato ad una rela-zione amorosa, però con una differenza fondamentale e cioè che l'amore tra gli uomini finisce, mentre quello tra il fumatore e la sigaretta no. Mai.
Nei primi decenni del XX secolo, come è stato ac-cennato, troviamo una importante rappresentazione let-teraria sull'abitudine al fumo di tabacco.
L'autore è Italo Svevo(1861-1928),pseudonimo di Ettore Schmitz,nato a Trieste nel 1861 e deceduto a Motta di Livenza nel 1928. Di cultura mitteleuropea, ebbe in Italia riconoscimenti tardivi e fama postuma;è stato uno scritto-tore e drammaturgo, autore di tre romanzi, numerosi rac-conti brevi e alcune opere teatrali.
Figlio di un commerciante ebreo d'origine tedesca,compì i primi studi in Germania, poi si trasferì a Trieste, che a quel tempo apparteneva all’Impero Austro-Ungarico e che era un importante crocevia di influssi culturali assai diversi tra di loro. A Trieste intraprese studi di economia, frequentando un Istituto a carattere commerciale.
Fin da giovane aveva però subito il fascino della lettera-tura,con la quale aveva un rapporto conflittuale,in quanto considerava la letteratura come una sorta di malattia, nei confronti della operosa concretezza dell’attività imprendi-toriale.Nel frattempo lesse alcuni classici tedeschi,italiani e francesi. Mostrò interesse per il filosofo tedesco Scho-penhauer e per gli scrittori realisti come Zola, Balzac, Flaubert et altri;lesse le opere di Machiavelli,di Guicciar-dini,di Boccaccio e di De Sanctis.Approfondì anche la co-noscenza della letteratura inglese e si interessò di psico-analisi; a proposito tradusse "L'interpretazione dei so-gni di Sigmund Freud",che influenzò in modo significa-tivo la sua opera letteraria.
Nel 1903 prese alcune lezioni dallo scrittore James Joy-ce, il quale, successivamente contribuì al successo di Svevo tessendone le lodi. In Italia fu Eugenio Montale, intorno al 1925-'26, a scrivere favorevoli commenti sulla sua opera e anche i Francia tramite i critici Valéry, Lar-baud e Benjamin Crémieux, Svevo ottenne un buon rico-noscimento del suo valore letterario.
I tre romanzi che trattano una tematica a sfondo autobio-grafico e che fanno un’analisi spietata dell’inconfessabi-lità dell’io più profondo sono: “Una vita”, “Senilità” e “Coscienza di Zeno”.
Nell’opera “Una vita”, il protagonista è il giovane impie-gato di banca Alfonso Nitti, occupato in un'incessante analisi dei suoi gesti e pensieri e spinto al suicidio non tanto per l'ostilità del mondo quanto dalla sua propria inettitudine a comprenderne e accettarne le regole.
"Una vita", fu bene accolto dalla critica.
Nell’opera “Senilità”, il protagonista Emilio Brentani, che ha avuto da giovane ambizioni letterarie, è scosso dal suo torpore per l'improvviso accendersi di una passione amorosa,dalla quale uscirà sconfitto per rinchiudersi defi-nitivamente in una precoce senilità dello spirito. Il ro-manzo "Senilità", non ebbe successo e come scrisse lui stesso “Questo romanzo non ottenne una sola parola di lode o di biasimo dalla nostra critica”.
Siamo nel 1923,quando Italo Svevo(1861-1928) pubblicò "La coscienza di Zeno". L'influenza della psicoanalisi di Freud su La coscienza di Zeno appare evidente.
Il romanzo tratta la storia Zeno Cosini, ricco commer-ciante cinquantenne di Trieste, il quale intossicato dal fumo di tabacco, avendo deciso di volersi liberare da questo vizio e dai suoi tanti complessi, si affida alle cure del dottor Muli. Ma Zeno Cosini, avendo sospeso la cura dopo aver capito che non potrà ottenere nessuna risul-tato,provoca il risentimento del suo psicalinalista, il quale pubblica per vendetta tutte le confidenze e i ricordi del suo paziente.
E' dunque il diario di un nevrotico in cura psicoanalitica, che racconta la storia della malattia e del suo rapporto con il fumo di tabacco, vizio da cui non riesce a liberarsi. Nel racconto si assiste ad un continuo procrastinare del proposito di smettere di fumare, con un senso di colpa lacerante che si risolve sempre con il rinvio ad un'altra data.É così che ci si addentra nell'inettitudine e nei falli-menti di Zeno.Perché,in ogni caso,secondo Zeno, ci sarà sempre tempo per curarsi."Assolutamente non v’era fretta" dice Zeno alla fine del capitolo. Continuando così a fumare l’ultima sigaretta, o forse"le ultime mille",perché "penso che l’ultima sigaretta abbia un gusto più intenso quando è l’ultima".
Anche le altre sigarette,afferma Zeno,hanno un loro gu-sto speciale,ma meno intenso.Per quale motivo? La ra-gione è semplice: l’ultima sigaretta evoca il "sentimento di vittoria su se stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute". Le altre, invece, hanno la loro importanza "perché accendendole si protesta la propria libertà e il futuro di forza e di salute permane, ma va un pò più lontano". Come lo stesso Zeno confessa: "La mia vera malattia era il proposito e non la sigaretta" (Svevo 1985).
Il vizio del fumo di tabacco è in realtà una "malattia della volontà". L’incapacità di Zeno di perseguire l’obiettivo di smettere di fumare denuncia il senso di vuoto nella sua esistenza.
Il vizio del fumo di sigaretta si può collocare all’interno della tematica della malattia che non rappresenta per Zeno Cosini soltanto una patologia, ma soprattutto, un modo di intendere il proprio rapporto conflittuale con il mondo esterno. Il rifugio nella malattia, infatti, non è che una possibilità di comprendere in modo chiaro che è la realtà, nel suo complesso,ad essere malata.Cosicché, u-na eventuale guarigione equivarrebbe ad un compro-messo che Zeno ripetutamente rimanda insieme all’ulti-ma delle sue sigarette.
La vicenda viene raccontata con intenti autoironici, ma contestualmente come denuncia delle dipendenze e del-le ossessioni dell’uomo moderno, compreso lo scrittore stesso,il quale avverte un profondo senso di smarri-mento di fronte ad una società malata, egoista e contrad-dittoria.
Gabriele D'Annunzio nato a Pescara nel 1863 e deceduto a Gardone Riviera, nel 1938, è stato uno scrit-tore,poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano.Per essere stato una figura celebre della prima guerra mondiale, nel 1924 fu insignito dal Re Vitto-rio Emanuele III del titolo di "principe di Montenevoso". Venne soprannominato "il Vate", vate come lui stesso amava definirsi perché si considerava il sommo interpre-te del sentimento,dell'ardore e dello spirito italico dell'Ita-lia del novecento.
Occupò una posizione preminente nella letteratura ita-liana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana".Come figura politica lasciò un segno nella sua epoca ed ebbe un'in-fluenza notevole sulla cultura di massa, al punto da condizionare usi e costumi nell'Italia del suo tempo: epo-ca che più tardi fu definita per l'appunto "dannunziane-simo".
La produzione letteraria di D'Annunzio fu stampata inte-gralmente fra il 1927 e il 1936 da un Istituto nazionale creato appositamente sotto l'egida dello Stato italiano per la pubblicazione della sua Opera Omnia. D'Annunzio col-laborò attivamente alla realizzazione del progetto, e anche alla pubblicazione di un'edizione economica (L'O-leandro). Subito dopo la sua morte e cioè fra il 1939 e il 1942 la Fondazione del Vittoriale degli Italiani provvide a ristampare quasi integralmente tutte le sua opere:42 vo-lumi su un totale di 46;gli ultimi 4 non uscirono per via della guerra del 1943.
Nel secondo dopoguerra una edizione dell’Opera Omnia apparve, a partire dal 1950, nei Classici Contemporanei Italiani di Arnoldo Mondadori Editore.
Fra le opere più significative di Gabriele D'Annun-zio segnaliamo queste:
-Primo Vere (1879)
-Canto Novo (1882)
-Intermezzo di Rime (1883)
-Il libro delle Vergini (1884-86)
-Il Piacere (1889)
-L'Innocente (1893)
-Poema Paradisiaco(1893)
-Il Trionfo della Morte (1894)
-Le Vergini delle Rocce (195)
-La città Morta (1898)
-La Gioconda (1898)
-Il Fuoco (1900)
-Le Novelle della Pescara (1902)
-Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi (1903)
-La figlia di Iorio (1904)
-La fiaccola sotto il moggio (1905)
-La nave (1908)
-Forse che sì, forse che no (1910)
-Notturno (1921)
-Il libro segreto di Gabriele D'Annunzio (1935).
Riguardo al fumo di tabacco,D'Annunzio a 23 anni scris- se una novella "Autobiografia di una sigaretta".Su Tri-buna del 20 luglio del 1886, presentò, sotto lo pseu-donimo di Duca Minimo, una divertente novella, intrisa di spunti orientaleggianti e erotici. Non mancano riferimenti alla corruzione della politica di quel tempo, con qualche strale a De Pretis, accusato di brogli. Nella novella parla in prima persona una sigaretta, che fu foglia di tabacco e, trattata da abili mani turche, sfuggita al triste destino di sigaro per omaccioni orientali, si ritrova tra le vezzose di-ta di Mariana, languida marchesina romana.
La sigaretta si fa strumento allusivo e seduttivo di un gio-co erotico fra la donna e il marchese Gustavo, che anima il raffinato rito del the. Mentre quindi l’io parlante gode del profumo della bevanda sulle labbra morbide di Maria-na, succede l’imprevisto: “D’improvviso, tra uno scoppio di risa sonanti come una caduta di napoleoni d’oro su un piatto d’argento,io sentii che il mio fumo era tirato con più vigore.Nello stesso tempo alcuni peli neri vennero a bru-ciarsi al mio capo ardente. Orrore! Orrore! Orrore! Dalla bellissima bocca di Mariana ero caduta in quella di Gu-stavo. Ahimè! La mia benefattrice dunque mi sacrificava così crudelmente a quell’uomo odioso? Dunque a nulla erano valsi i miei tesori di dolcezza? Meritava io forse di essere tradita da colei che avevo tanto adorata? Eppure, io credeva ben poco alla sua benignità! Nata su la sua bocca,io voleva morire su la sua bocca; e la morte mi sarebbe parsa divina”.
Come dice Benedetta Colella: Può un oggetto ammuti-narsi? La nostra sigaretta lo fa, e finisce in un cimitero di cicche.Eppure par che muoia felice:dallo schiocco di uno schiaffo intuisce che il vile Gustavo è respinto dalla bella Mariana. Il suo assassino, l’uomo infido che l’ha sottratta alla nobildonna per cestinarla dopo rapide boccate in-sapori, è vendicato dalla condotta morigerata della don-na. O almeno così pare alla moribonda.Il finale,però, ro-vescia tutto:“Seppi in seguito,nel purgatorio delle sigaret-te,da un’animula che venne dopo di me,che il signor del-la gardenia aveva vinto.Quando si dice la perseveranza!”
La sigaretta si è dunque fatta dandy, corteggia, ama e adora con un eccesso di effusioni proprie di quell’epoca.
Il fumo di tabacco è però oggetto di pagine indimenti-cabili in un'altra opera di D'Annunzio “Il piacere”.
Il piacere che D'Annunzio che compose nel 1889 ha una trama abbastanza comune. La vicenda,si svolge a Roma nel 1886 ed inizia con la fine della storia d’amore tra il conte Andrea Sperelli ed Elena Muti.
Il romanzo ripercorre la storia fin dall'inizio di Andrea, no-bile abruzzese,dell'alta società romana,che ad una ce-na in casa di sua cugina, incontra la nobildonna Elena Muti e se ne innamora pazzamente.
Dopo un assiduo corteggiamento, i due iniziano una rela-zione amorosa che si protrae per vari mesi. Una sera, però Elena annuncia la sua prossima partenza da Roma e il loro inevitabile distacco. Dopo la separazione Andrea seduce varie nobildonne,tra cui Ippolita.Il suo amante, geloso,sfida a duello Andrea,il quale rimane ferito e vie-ne portato in convalescenza a Francavilla al Mare, ospite nella "villa Schifanoia" della cugina Francesca di Ateleta. Qui redige un diario personale e descrive la nuova vita in armonia con la natura e con l'arte. Conosce però Maria Ferres,moglie del ministro plenipotenziario del Guate-mala,di cui si innamora e con la quale inizia una tormen-tata relazione amorosa.Appena guarito,rientrato a Roma, Andrea rincontra Elena, che risveglia gli antichi senti-menti,sopiti,ma mai spenti. Andrea, ossessionato dall'a-more per Elena, sente di nuovo sorgere dentro di sé il desiderio di riconquistarla, anche perchè è venuto a sa-pere che lei frequenta un altro uomo.
Andrea, sempre più tormentato dal ricordo di Elena, ri-cerca con Maria le sensazioni provate con Elena e quan-do,durante una notte d’amore,si rivolge a Maria chiaman-dola involontariamente Elena,la donna, irritata, intuisce la verità sui reali sentimenti di Andrea e decide di abban-donarlo facendolo rimanere solo e sprofondare in preda alla disperazione.
La storia si conclude in casa di Maria la quale non solo è stata abbandonata dal marito, ma è rimasta in un mare di debiti, che il marito aveva contratto al gioco delle carte. Alla fine Andrea vaga nel palazzo di Maria e assiste con tristezza all'asta dei mobili appartenuti a S.E. il Ministro plenipotenziario del Guatemala.
La scena finale è incentrata sul contrasto tra la bellez-za e l'austerità del palazzo e l'arroganza e la volgarità degli acquirenti, speculatori, desiderosi di fare un buon affare.
D'Annunzio per la composizione del romanzo si ispirò a Charles Baudelaire, Théophile Gautier, Goethe, Gustave Flaubert, Guy de Maupassant, Émile Zola, e di Percy Bysshe Shelley, Oscar Wilde.
La particolarità del romanzo consiste nel aver inserito nella narrazione, che di per sé è semplice, dotte citazioni di autori greci e latini, di musica classica, in particolare di Mozart e di Beethoven; in pratica è un'alternanza di prosa e poesia, il cosiddetto prosimetro.
Conclusioni, Andrea Sperelli è un uomo proteso alla continua ricerca di un ideale di bellezza effimero e illusorio. Si muove tra alcove e duelli, salotti e mondani-tà; è tormentato dall’amore tutto platonico per Maria, ari-stocratica senese ed eccelsa pianista e la passione carnale per Elena.
La storia ruota in sintesi sull’amara e sterile ricerca del piacere che appare come l'emblema della crisi della società aristocratica ottocentesca.
La sigaretta: "Ella, era l'idolo che seduceva in lui tutte le volontà del cuore, rompeva in lui tutte le forze dell'intel-letto,teneva in lui tutte le più segrete vie dell'anima chiu-se ad ogni altro amore, ad ogni altro dolore, ad ogni altro sogno, per sempre, per sempre….".
La pratica del fumo nella seconda metà dell’Ottocento, costituisce un elemento distintivo e l’atto di consumare il tabacco, di pregiatissima provenienza, e di utilizzare per questo una serie di accessori, preziosi ed eleganti, sotto-lineano una ricercatezza non fine a se stessa, esteriore e materiale, ma indicativa di una superiorità spirituale. Si tratta di una forma di autorappresentazione mediante la quale il dandy ribadisce la sua diversità rispetto alla società borghese massificata e alienata.
Gabriele D’Annunzio nel “Piacere" offre una riflessione sulla decadenza della società della borghesia romana che ha trascurato il senso del bello, mentre con Andrea Sperelli ci offre l'affermazione della figura dell'esteta e dell'intellettuale inquieto che si è ritagliato un mondo tutto suo che è dominato dal culto della bellezza. Sperelli ci offre appunto un’immagine del fumo molto estetica; egli fuma “sigarette russe”,che custodisce in un “astuccio d’oro”. Voluttuosamente l’artista decadente si abbandona al vizio e ad una trasgressione, che non si manifesta mai come gesto plateale e autoreferenziale, ma è la rivela-zione della supremazia dello spirito mediante il culto raffi-nato e aristocratico dei piaceri più trasgressivi, in parti-colare di quelli censurati dalla morale borghese.
Il fumo di tabacco è dunque inserito in un contesto socio-cultuale mondano e fatuo, che caratterizzava il mo-dus vivendi della ricca aristocrazia romana,dedita al culto del lusso e del bello.
Sul tema fumo di tabacco un altro scrittore merita di essere ricordato è Thomas Mann. Nato a Lubecca il 6 giugno del 1875 e deceduto nel 1955.Durante un viaggio in Italia, cominciò a scrivere il suo primo romanzo I Bud-denbrook, pubblicato nel 1901, che racconta la storia di un’agiata famiglia di mercanti di Lubecca e del loro de-clino economico.
I Buddenbrook in realtà è un romanzo autobiografico, in quanto molti personaggi sono la rappresentazione di al-cuni membri della sua famiglia.
Nel 1912 pubblicò "La Morte a Venezia",un romanzo breve, da cui il regista Luchino Visconti nel 1971 ha rea-lizzato un adattamento cinematografico.Il protagonista, Gustav Von Aschenbach, famoso scrittore che ha dedi-cato completamente la sua vita all’arte, ma all'improvvi-so fu assalito dal desiderio di viaggiare e di vivere nuove esperienze. Si recò a Venezia, dove si invaghì di un gio-vane polacco,estremamente bello,che abitava con la fa-miglia nel suo stesso albergo. Intanto a Venezia scoppia un’epidemia di colera, che alla fine della storia porterà a morte Gustav.Quando l'opera fu pubblicata suscitò molto critiche negative a causa del contenuto che trattava della passione di un uomo maturo per un ragazzo adolescente.
La morte a Venezia affronta le tematiche assai care a Mann: il rapporto tra l’arte e la vita, tra la vita e la morte e tra l’amore e la morte.
Nel 1914 Mann sostenne la causa tedesca nella prima guerra mondiale, in aperto dissenso con il fratello mag-giore Heinrich,anche lui scrittore,il quale però era un con-vinto pacifista. Alla fine della guerra (nel 1918) furono pubblicate le Betrachtungen eines Unpolitischen (Consi-derazioni di un impolitico), un saggio che conferma la po-sizione conservatrice di Thomas Mann.
Nel 1924 Mann pubblicò il suo capolavoro “La Montagna Incantata” (Der Zauberberg), in cui descrive il decadi-mento dell’alta borghesia europea.
Nel 1929 Mann venne insignito del Premio Nobel per la letteratura.
In seguito iniziò un ciclo di conferenze; in particolare nel 1933 tenne una conferenza all’Università di Monaco su Richard Wagner,in cui criticò i rapporti tra l’arte tedesca e il Nazismo. I Nazisti risposero alle sue critiche in modo pesante e bruciarono le sue opere e inoltre gli tolsero la cittadinanza tedesca; al contrario alcune Università dei Paesi liberi lo insignirono di 17 lauree honoris causa e in Francia gli fu conferita la Legion d’onore.
A causa della sua opposizione al Nazismo fu costretto a lasciare la Germania e vivere da esule in diversi paesi europei, tra cui la Svizzera e la Francia.
Nel 1938 emigrò negli Stati Uniti, dove ebbe una cattedra all’Università di Princeton e nel 1944 ottenne la cittanan-za statunitense.
Nel 1939 venne pubblicato, negli Stati Uniti, il romanzo Lotte in Weimar (Lotte a Weimar),che ha come protago-nista Johann Wolfgang Goethe, uno dei grandi modelli di Thomas Mann.
Durante il soggiorno americano e cioè tra il 1940 e il 1945, Thomas Mann tenne una serie di conversazioni radiofoniche di propaganda antinazista che furono tra-smesse dalla BBC anche sul territorio della Germania.
Tra il 1933 e il 1943 scrisse un’opera in quattro volumi, "Giuseppe e i Suoi Fratelli" (Joseph und seine Brüder) 1955. Nei quattro libri che compongono questo grande e appassionante romanzo del Novecento euro-peo, la materia biblica dà luogo ad un emozionante rac-conto, con riflessioni di psicologia e di storia.
Nel 1947 pubblicò un altro capolavoro, il "Dottor Faust" (Doktor Faustus),il cui protagonista, Faustus, personag-gio già presente nell’opera teatrale di Goethe, è il simbo-lo del popolo tedesco che si è alleato con il male, de-cretando quindi la propria fine.
Nel 1951 uscì il romanzo "L'eletto" e Mann si stabilì definitivamente a Kilchberg, sul lago di Zurigo, dove con-tinuò a lavorare fino alla fine. Finita la guerra, Mann, nel 1952, ritornò in Europa, perché non si trovava più a suo agio negli Stati Uniti.
Poichè la Germania era divisa in occidentale e orientale e Mann non riusciva ad accettare questo status,in quan-to affermava: "Non conosco due stati tedeschi, conosco solo la Germania". Decise di non tornate in Germania Ovest e di stabilirsi in Svizzera, nonostante fosse stato proposto come candidato a Primo Presidente Federale.
Nel 1953 uscì il racconto "L'inganno"; nel 1954 "Le confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull", l'ultimo suo grande successo.
Thomas Mann, ormai ottantenne cominciò ad accusare i segni clinici dell'aterosclerosi,che lo portarono a morte per un collasso di circolo il 12 agosto del 1955.
E veniamo al romanzo che più ci interessa per il tema che a noi interessa il fumo di tabacco.
Nel 1924 pubblicò il romanzo "La Montagna Incantata". L'opera è "un fedele,complesso,esauriente spaccato del-la civiltà occidentale dei primi
decenni del Novecento. "Nella sua incantata fusione di prosa e poesia, di vastità scientifica e di arte raffinata, è il libro, forse, più impor-tante che sia stato scritto nella prima metà del
secolo scorso".Così ha concluso l'introduzione all'edizione italia-na della "Montagna incantata",Ervino Pocar che l'ha tra-dotta nel 1965 e che ha consentito di far conoscere
que-sto capolavoro della letteratura del novecento ai lettori italiani.
L'idea di scrivere
quest'opera venne a Mann tanti anni prima e cioè nel 1912, in occasione alle visite fatte alla moglie Katia Pringsheim, sofferente di una malattia pol-monare,e che era ricoverata in un sanatorio
a Davos sul-le montagne Svizzere.Mann durante il soggiorno nel sa-natorio gradiva conversare con il personale e con i de-genti del sanatorio.
Secondo quanto affermato dallo stes-so scrittore questa esperienza gli fornì il materiale per scrivere il romanzo. Con lo scoppio della prima guerra mondiale il romanzo subì un arresto. Inoltre
la guerra in-dusse Mann ad osservare in modo critico le perverse tendenze autodistruttive mostrate
dalla società borghese europea e l'atteggiamento dell'individuo nei confronti di questioni come la malattia, la morte e la sessualità. Ne conseguì una sostanziale revisione del testo che venne
inoltre notevolmente ampliato in quanto comprende 704 pagine, con 7 capitoli e finalmente soltanto nel 1924 fu pubblicato.
La storia di "La Montagna Incantata" è ambientata negli anni che precedono la prima guerra mondiale. Il protago-nista è il giovane ingegnere di Amburgo Hans Castorp, agli inizi della carriera nell'industria navale.
La narrazione inizia con la visita di Hans Castorp, al cu-gino, militare di carriera, Joachim Ziemssen presso il sa-natorio Berghof a Davos, sulle Alpi svizzere, dove era ri-coverato a causa della tubercolosi.
Durante la visita al cugino, Hans scopre di essere amma-lato anche lui di tubercolosi e la sua visita di tre setti-mane al sanatorio, si trasforma in un ricovero di sette anni. In realtà Hans non è contrariato per la permanenza nel sanatorio, in quanto rimane completamente conqui-stato dal fascino della “montagna”,un mondo lontano dal-la realtà, dove gli uomini comuni conducono una esisten-za che lui definisce piatta.
Intanto Hans cede alla passione di una bellisima don-na russa, Clowdia Chauchat. Conosce inoltre l'italiano Settembrini, il gesuita Leo Naphta e l'olandese Peeper-korn. Attraverso il confronto con questi personaggi Hans compie un lungo percorso pedagogico. Settembrini, ra-zionalista e fiducioso nella scienza e nel progres-so,difensore della democrazia, crede sia suo com-pito sottrarre Hans al fascino della montagna e far rinascere in lui l'interesse per il mondo reale. Naphta, nichilista, gli oppone l'esaltazione della violenza, del terrore, della morte e morirà suicida. Peeperkorn è l'amore istintivo e prorompente per la vita.
Lo scoppio della grande guerra sconvolse questo mondo, fece fuggire gli ammalati e costrinse Hans, dopo sette anni, a scendere dalla "monta-gna incantata". Arrivato in pianura egli riesce a sottrarsi al suo fascino ambiguo e sceglie, ma pa-radossalmente si arruola volontario nell'esercito per partecipare assieme a migliaia di giovani alla inutile strage della grande guerra.
Questa è dunque la trama del romanzo che mo-stra un giovane Hans Castorp, tipico borghese te-desco,che si trovò a contatto con una realtà sana-toriale, dove oltre alla malattia incontrò l'amore, ma si trovò a ricevere gli insegnamenti di alcuni precettori con posizioni contrastanti:razionalismo, gioia di vivere e pessimismo irrazionale. Nessuno di questi precettori lo convince a pieno,per cui egli trova un suo equilibrio, come ad esempio quando descrisse in modo singolare i suoi pensieri riguardo alla sfrenata passione per il fumo dei sigari.
Pur trovandosi in un sanatorio, sulla Montagna incantata, e cioè nel posto meno adatto per fumare, Castorp asseriva: "Non capisco come si possa non fumare... ci si rimette, dirò così, la parte migliore della vita e in ogni caso un piacere squisito. Quando mi sveglio, sono lieto all'idea che durante il giorno potrò fumare, e quando mangio,di nuovo me la godo,anzi posso dire che mangio soltanto per poter fumare,anche se dicendo così esagero naturalmente un pochino. Ma un giorno senza tabacco sarebbe per me il colmo dell'insulsaggine, una giornata del tutto vuota e senza attrattive, e se la mattina dovessi prevedere:oggi non avrò niente da fumare... credo che non avrei neanche il coraggio di alzarmi, in verità, rimarrei a letto".
E' l'ennesima conferma che la relazione uomo e ta-bacco è ancestrale;è una unione spirituale,malsana e indubbiamente pericolosa, ma assai spesso irrinun-ciabile.
Un altro scrittore che ha trattato il tema del fumo di sigaretta è Fernando Pessoa, nato a Li-sbona nel 1888-1935. E’ stato uno dei più grandi poeti del XX secolo e ancora adesso è uno dei pochi scrittori portoghesi conosciuti in tutto il mondo.
Pessoa è considerato un poeta enigmatico,in quanto ci ha fornito, spesso con vistose contrad-dizioni, una visione variegata della vita.
Pessoa non firmò mai le sue opere con il suo nome ma inventò gli eteronomi*che non sono pseudonimi ma per-sonalità poetiche autentiche e complete.Nella lettera al poeta Adolfo Casais Monteiro del 13 gennaio del 1935, interrogato da questi sulla genesi dei suoi eteronimi, gli scrisse: "L'origine dei miei eteronimi è il tratto profondo di isteria che esiste in me.L'origine mentale dei miei etero-nimi sta nella mia tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e alla simulazione. Questi fenomeni, fortunatamente, per me e per gli altri, in me si sono men-talizzati; voglio dire che non si manifestano nella mia vita pratica, esteriore e di contatto con gli altri; esplodono verso l'interno e io li vivo da solo con me stesso".
In sintesi Pessoa ammette che "L’origine dei miei eteronimi è il tratto profondo d’isteria che esiste in me”ed inoltre ammette che l'eteronimo Campos è “il più isteri-camente isterico di me".
Pessoa fece nascere l'eteronimo Campos a Tavira (Por-togallo), il 15 ottobre 1890,alle 13.30.E' un uomo alto 175 cm e fisicamente "tra il bianco e il bruno,del tipo vaga-mente dell'ebreo portoghese".Trasferitosi in Scozia,Cam-pos studiò dapprima ingegneria meccanica e poi navale a Glasgow.Avendo la sensazione di essere straniero in qualsiasi parte del mondo,tornò a Lisbona e frequentò gli stessi luoghi amati da Pessoa.Morì il 30 novembre del 1935, cioè nello stesso anno in cui morì Pessoa.
Fra gli eteronimi, Campos fu l'unico a manifestare fasi poetiche differenti nel corso della suo percorso letterario. Inizia la sua avventura come decadente influenzato dal simbolismo, ma aderisce presto al futurismo. A seguito di una serie di disillusioni esistenziali, assume una vena ni-chilista,che si manifesta nel poema "Tabacaria", conside-rato uno dei più noti e della lingua portoghese, e quello che forse ha maggiormente influenzato altri autori. Col passare del tempo, la presenza di Campos si estese an-che al di fuori dall'ambito letterario, come testimonia la corrispondenza tra Pessoa e la sua fidanzata Ofélia Queiroz. Lei intuì presto la minaccia che Campos rap-presentava e se ne lamentò più volte con il poeta. Il peri-colo è stato confermato da alcuni studiosi che scorgono in questo eteronimo elementi di omosessualità e dunque di disturbo nel rapporto di coppia; Campos, insomma, avrebbe costituito il temibile terzo incomodo del triangolo amoroso.
Le sigarette che ricorrono nei versi di Álvaro de Campos costituiscono un elemento particolarmente caratteriz-zante
di Alvaro Campos, il quale condivise il vizio del
fu-mo di sigaretta con il suo semieteronimo Bernardo Soares, ma soprattutto con Pessoa ortonimo, raffigurato spesso con la sigaretta fra le dita, come è stato rappre-sentato egregiamente nel
ritratto di José de Almada Negreiros del 1964, ritratto che apparve sulla copertina di un numero della rivista “Orpheu”.
Lungo i 171 versi di Tabacaría, l’ode esordisce con una ripetizioni di negazioni:
Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo,ho dentro me tutti i sogni del mondo.
......................................................................................................................................................................................
Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
e la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
con l’intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
e assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
e mi godo, in un momento sensitivo e competente
la liberazione da tutte le speculazioni
e la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell’essere indisposti.
Poi mi allungo sulla sedia
e continuo a fumare.
Finché il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia.
Vado alla finestra.
L’uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il padrone della Tabaccheria s’è affacciato all’entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s’è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves!, e l’universo
mi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il padrone della Tabaccheria ha sorriso".(traduzione di Antonio Tabucchi)
Anche nel “Il Libro dell'inquietudine”che è un’altra delle maggiori opere di Pessoa, un altro eteronimo Bernardo Soares che impersona il fallimento delle illusioni, propo-nendosi "senza difese come orfano, volontario escluso dagli altri e dalla vita, sognatore di tutti i sogni, soprat-tutto di quelli improbabili; interiormente fratello gemello di Luigi di Baviera, prigioniero come lui di identici fantasmi". Bernardo Soares, “Cenava sempre con parsimonia e alla fine del pasto si arrotolava una sigaretta con tabacco di cattiva qualità”. Fernando Pessoa presenta Bernardo Soares (PESSOA, 2003).99 Revista de Italianística XIX- XX, 2010.
*Eterònimo (dal greco étero,altro e ónoma,nome) è il “no-me d’altro autore sotto cui si cela l’autore vero (Treacani). Il termine è assurto a notorietà grazie all’opera di Fernando Pessoa,che creò numerose identità per scrivere poesie e romanzi. La differenza tra uno pseudonimo e un eteronimo è questa: lo pseudonimo sostituisce il vero nome dell’auto- re,che rimane sconosciuto;l’eteronimo coesiste con l’autore, formandone una sorta di estensione del carattere, vevendo apparentemente di vita propria, con uno stile spesso diverso da quello dell’ortonimo (Wikipedia).
Un altro importante scrittore che tratta il fumo di tabacco è Julio Ramon Ribeyro (1929-1994); egli scrive nell’ incipit del suo volume "Solo para fumadores": "Senza essere stato un fumatore precoce a partire da un certo momento la mia storia si confonde con la storia delle mie sigarette". Lo scrittore racconta le sue esperienze sul fu-mo di tabacco e la sua incapacità di liberarsi dal vizio.
Julio Ramón Ribeyro diceva anche: "Ho fumato non solo quando ho preparato un esame, ma quando ho visto un film, quando stavo giocando a scacchi, quando stavo avvicinando una bella ragazza, quando stavo camminando da solo sul Malecon, quando ho avuto un problema, quando l'ho risolto".
Ribeyro racconta la sua vita, attraverso la sua passione morbosa per il fumo di tabacco. Le sigarette sono le pro-tagoniste assolute della sua esistenza. Dalle preziose Chesterfield con cui inizia il suo percorso di fumatore, ma al primo tracollo economico deve fumare le Inca, siga-rette peruviane fatte con tabacco nero e poi le sigarette dell’esercito, fatte di sughero, paglia e qualche fibra di tabacco, che un suo zio militare gli procurava. In Spagna fuma a credito le cattive sigarette nazionali spa-gnole, marca Bisonte. A Parigi fuma le Gauloises, le Gitanes o tutti i tipi di tabacco che la vendita dei suoi libri gli per-mette di fumare. “Gli alti e bassi della vita mi portarono da un paese all’altro ma soprattutto da una marca all’ al-tra di sigarette. Amsterdam e le Muratti ovali con il sottile filtro dorato; Anversa e le Belga con il pacchetto rosso con un cerchio giallo;Londra, dove cercai di passare alla pipa ma rinunciai perché mi sembrò estremamente com-plicato e mi resi conto che non ero né Sherlock Holmes, né un lupo di mare,né tantomeno inglese. Monaco,infine, dove,invece di concludere il Dottorato in Filologia Ro-manza, mi specializzai in tabacco teutonico che, per dirla senza mezzi termini, mi parve mediocre e privo di stile”.
Ribeyro e le sigarette vivono in simbiosi e i tentativi di smettere di fumare non hanno successo, anche quando la sua salute comincia a vacillare, ma ormai aveva adot-tato il motto dello scrittore francese André Gide (1869-1951) che recita “Scrivere è per me un atto comple-mentare al piacere di fumare”.
Julio Ramón Ribeyro menziona le strategie che ha adot-tato per cercare di smettere di fumare: "Il fumo è stato sgradevole per me, perché mi ha lasciato una sensa-zione di amaro, un bruciore alla gola e acidità allo stomaco". "Ho usato tutti i tipi di ricette e vari metodi per ridurre il loro consumo e alla fine sopprimerlo. Ho na-scosto le confezioni di sigarette nei posti più impensabili, ho riempito la mia scrivania di caramelle per avere sem-pre a disposizione qualcosa da portare in bocca, ho ac-quistato sofisticati bocchini, muniti di filtri per eliminare la nicotina, ho ingerito tutti i tipi di pillole,ho ricorso all'ago-puntura nelle orecchie sotto l'indicazione di un agopunto-re cinese".
Zeno e Ribeyro in definitiva sono assai simili; tutte e due tentano senza successo di smetterla con le siga-rette.Assistiamo infatti ad alcune disintossicazioni più o meno riuscite,a cui si alternano puntuali ricadute.
Riguardo a Ribeyro alla fine del racconto, sembra che si sia lasciato alle spalle la sua dipendenza. Ma in realtà non è così, perchè l’autore che, dalla sua casa di Capri, da dove scrive, finisce il racconto, perché, dice "Ho finito le sigarette e devo scendere in paese a comprarle". La Nuova Frontiera, 2015.
Il racconto "Io fumavo benissimo" (25 pagine),di Alejan-dro Zambra scrittore e poeta cileno (nato a Santiago del Cile nel 1975); il racconto è tratto dal volume "I miei documenti" (Sellerio, 2015); è ricco di annotazioni lette-rarie ed è un vero e proprio omaggio ai grandi scrittori e grandi fumatori, da Italo Svevo a Julio Ramon Ribeyro, che supportano il narratore nell’impresa di provare a smettere di fumare.
Ma contestualmente al proposito di smettere di fumare, cresce la paura del cambiamento, di perdere la concen-trazione, l’ispirazione, di non essere più in grado di scri-vere, come se scrivere fosse solo una scusa per fumare. Il racconto è l’intima lotta quotidiana di un accanito fu-matore, per il quale "Le sigarette sono i segni d’inter-punzione della vita". "Io ero bravo a fumare, ero uno dei migliori. Io fumavo benissimo. Io fumavo con na-turalezza, con scioltezza, con gioia, con molta ele-ganza,con passione". L’ultima sigaretta, un trattamento di novanta giorni, un disperato tentativo di smettere di fumare non per scelta, non per disintossicazione ma per una prescrizione medica, per placare i fortissimi mal di testa."Ho smesso di fumare a causa delle emicranie ma forse non è stato questo il motivo principale. È che sono vigliacco e ambizioso. Sono così vigliacco chè voglio vivere di più. Come se fossi, per esempio, felice".
Dagli scrittori,il fumo di tabacco viene considerato come un compagno di lavoro,di riflessione,di con-centrazione, in quanto la nicotina è in grado di espandere la capacità della cosiddetta “memoria di lavoro” o come si dice in inglese working memory. Per la maggior parte dei fumatori,il ta-bacco è una vera e propria dipendenza ed è la ni-cotina che è il principale componente del tabacco che ne causa la dipendenza. Bastano pochi secon-di perché la nicotina, dopo una boccata di fumo, arrivi al cervello. Il rapido passaggio della nicoti-na dai polmoni al cervello è uno dei motivi per cui le sigarette causano dipendenza. La nicotina, arri-vata al cervello, stimola le cellule del cervello a li-berare dopamina e nor-adrenalina; l'adrenalina produce un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e un rilascio di glucosio, che aumentano le prestazioni fisiche; il rilascio di dopamina agisce nelle regioni cerebrali che con-trollano il piacere e la motivazione. Questi effetti sono simili a quelli osservati con l'uso di altre dro-ghe, come cocaina ed eroina e che sono alla base della sensazione di prontezza di pensiero e di ap-pagata soddisfazione. Con il passare del tempo, le cellule cerebrali dei fumatori vengono modificate ad attendere con cadenza regolare le scariche di dopamina che provengono dal fumo di tabacco. Questa è la motivazione per cui quando il fumato-re tenta di smettere,queste modificazioni cerebra-li causano un imperioso desiderio di altra dose di nicotina. Alcuni tipi di sigarette attualmente in commercio causano una maggior dipendenza per l'aggiunta nel tabacco di composti chimici come l’ammoniaca che permettono alla nicotina di rag-giungere il cervello ancora più velocemente. La nicotina rilascia tra l’altro serotonina, beta-endor-fina e vasopressina. La nicotina ha quindi un ef-fetto psicoattivo ed induce velocemente un mi-glioramento della capacità mnemonica, delle per-formance psicomotorie e dell’attenzione e dell’u-more. Non è solo la nicotina a creare dipendenza, ma anche tutta la gestualità legata al fumo delle sigarette.In altri termini anche l'aspetto psicologi-co ha un ruolo importante nella dipendenza dal fumo.
A questo proposito riporto un'intervista fatta dalla giornalista Giusi Fasano a Camilleri sul “Corriere della Sera”.La giornalista chiese "Ma a che cosa si rinuncia veramente quando si smette di fumare?" Camil-leri risponde "Una volta, una mattina, mentre ero tutto concentrato a scrivere, mia moglie entra nel mio studio e mi dice: "ma perché queste sigarette sono tutte rotte?" "Non mi funzionava l’accendino e non me n’ero accorto. Non erano accese. Quan-do mi scadeva il tempo mentale per una sigaret-ta, la spegnevo. Solo che spegnevo una sigaretta mai accesa. La ritualità,il gesto dell’accendere è fondamentale. Mi hanno regalato una di quelle sigarette elettroniche che fanno la fiamma e il fu-mo, ma che non si accendono.Se inventano una cosa che simula anche l’accensione, abbiamo ri-solto. Il rito deve essere rispettato fino in fondo”.
Un altro autore che ha trattato il tema fumo di ta-bacco è stato John Berger,nato a Londra nel Bo-rough di Hackney nel 1926 e deceduto nel 2017 ad Antony in Francia. Berger ha scritto il libro Smoke che è dedicato al suo antico e mai tradito amore:il fumo di tabacco.
Per scrivere Smoke si è avvalso del contributo del disegnatore e vignettista Selguk Demirel,di origini Turche e naturalizzato francese,assai noto per la collaborazione con il giornale Le Monde” e con “The New York Times”. Egli aveva già collaborato con Berger per la stesura di altre opere letterarie.
Smoke, edito in Italia per i tipi del “Il Saggiatore”, è un piccolo ma straordinario volume, che descrive l’incontro fra le ironiche e provocatorie parole di Berger e le imma-gini. "Nessuno si azzardi a fumare. È vietato, nocivo, funesto,maleodorante e terribilmente scorretto; se i fu-matori vogliono insistere nel loro vizio deprecabile se ne stiano alla larga, e si vergognino un po'. Eppure c'era un tempo gli uomini, le donne e (in segreto) i bambini fumavano, e i disegni di Demirel, in cui il tema dominante è, ovviamente, il fumo, quello delle sigarette, delle cimi-niere delle fabbriche ma anche quello che esce dai comi-gnoli di povere case e da quelli di lussuose navi. Piccole frasi, veloci come il vento,che si legano alle disegnate e caliginose volute, un libricino divertente, quasi un mani-festo futurista per la sua sagacia e il suo essere diretto, che riporta atmosfere in cui, seguendo la piroettante nu-vola di fumo, si potevano scambiare idee, vedute del mondo, raccontare di viaggi fatti e da fare e perfino la-sciarsi andare ai sogni. Un libro che rassicura il fumatore e consola l’ex fumatore, coccolandolo con la sua sottile e fumosa nostalgia fra ricordi e odori di tabacchi. Il critico letterario Maurizio Carvigno avverte: "la lettura ricorrente, anche quotidiana di Smoke, è dimostrato che non nuoc-cia alla salute anzi…".
Smoke in sintesi è un libro illustrato, che ripercorre la storia di quello che un tempo veniva considerato, sempli-cemente,un piacere irrinunciabile.Le parole di Berger so-no dunque illustrate con i disegni di Selçuk Demirel e conducono il lettore in un mondo letterario incantato. Da queste pagine, in cui è facile smarrirsi come nei meandri di un sogno a occhi aperti, fanno capolino personaggi mi-steriosi, naturalmente avvolti da nuvole di fumo, che raccontano di viaggi e visioni.
In sostanza John Berger, fumatore orgoglioso e incallito, incontra il disegnatore Selguk Demirel con il quale hanno creato,con parole e immagini,un racconto,che ha un tono allegro,ma che è anche un ironico inno alla libertà, per cui alla fine lancia un messaggio eversivo e utopistico: "Fumatori di tutto il mondo, unitevi!".
L’autore francese Pascal Hérault nel suo volume "La mélancholie du fumeur. Essai de tabagie littéraire, En-cres vagabondes 2010" esprime alcune riflessioni sulla relazione tra scrittura e fumo di sigaretta. Hérault dice di considerare sia coloro che nonscrivono che coloro che non-fumano appartenenti alla stessa famiglia: quella degli estranei. Persone la cui visione del mondo potreb-be riassumersi in "Je m’abstiens" cioè "Io mi astengo". Anche a lui piacerebbe potersi astenere, ma si annoia talmente tanto che "una volta finita una storia non può re-sistere al bisogno di accenderne un’altra. Per fare diver-sione". Per Hérault, come altri scrittori,smettere di fumare equivale ad un lutto, perché la sigaretta è la sua «com-pagna ideale», la sola che dice di capirlo e di consolarlo in qualsiasi momento.Ma in un mondo in cui la lotta al ta-bagismo si è fatta sempre più aspra, sembra inevitabile dover rinunciare a quello che era "un modo di afferma-re la nostra libertà".
LIRICHE DEDICATE AL FUMO DI TABACCO
Per gli scrittori e i poeti il fumo di tabacco ha quasi sem-pre avuto una valenza positiva, poiché per loro diviene un'occasione di conoscenza, di amicizia, di complicità, di amore, di rifugio e di gioco.
Nel 1857 il poeta Charles Baudelaire (1821-1867), com-pose un sonetto dedicato alla sua amata pipa e lo inserì all’interno della famosa raccolta "I Fiori del Male". Il titolo dell'opera, "I fiori del male" è la traduzione letterale del titolo francese "Les Fleurs du mal" e che esprime la volontà dell'autore di utilizzare la poesia per "estrarre la bellezza dal male" ("extraire la beauté du Mal"). Dai suoi contemporanei e dalla critica il titolo fu giudicato provo-catorio e dirompente,tuttavia perfettamente coerente con lo spirito misterioso dell'autore.
Nel sonetto la protagonista è la pipa,la quale appare co-me se parlasse in prima persona ed esponesse il sen-timento dell’autore.
La pipa
"Sono la pipa di uno scrittore:
con questa faccia
S’Abissina o Cafra, si vede
che il padrone è un gran fumatore!Se lui è pieno di dolore,
fumo come la capanna
dove si cucina
per il contadino che ritorna.Come gli allaccio e cullo l’anima
nella rete azzurra e mobile
che sale dalla mia bocca di fuoco!E che dittamo potente effondo
per affascinargli il cuore e guarirgli
lo spirito dalle fatiche!"
Tristan Corbière pseudonimo di Édouard-Joachim Cor-bière(Morlaix 1845-Morlaix 1875),poeta francese, scris-se anche lui una poesia“La pipa di un poeta”; è una poesia che si ispira a Baudelaire.Qui la pipa ha lo stes- so carattere consolatorio ma il fumo è utilizzato anche come metafora per le illusioni e i sogni del fumatore.
La pipa di un poeta
"Sono la pipa d'un poeta,
la sua nutrice, e gli tengo a bada la bestia.
Quando le sue accecate chimere
vengono a sbattergli in fronte,
fumo...e lui , nel suo delirio,
non ha più niente da vedere.
....Gli rendo un cielo, nuvole,
il mare, il deserto, miraggi;
Lui vi lascia vagare il suo occhio morto...
e, quando s'addensa a nube,
crede di vedere un'ombra sconosciuta,
sento che tra i denti stringe il cannello...
-un altro vortice gli scioglie
l'anima, il cappio, la vita!
… e io mi sento spegnere.
Dorme-
………………………………
-Dormi ancora: la bestia s'è calmata,
fila il tuo sogno fino in fondo...
Amico mio!… Il fumo è tutto.
-Se è come dicono che tutto è fumo..."
Eugenio Montale, nato a Genova nel 1896 e deceduto a Milano nel 1981, grande poeta dell’Er-metismo, ha interpretato il fumo come simbolo di ansiosa attesa dell’ avvenire.
La lirica “Nel fumo”, elaborata da Montale nel 1971,che viene di seguito riportata, fa parte della raccolta da "Tutte le poesie", di Eugenio Montale, Mondadori Editore, Mila-no 1990),
Nel fumo
"Quante volte t’ho atteso alla stazione nel freddo,
nella nebbia.Passeggiavo
tossicchiando, comprando giornali innominabili,
fumando Giuba poi soppresse dal ministro
dei tabacchi, il balordo!
Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una sottrazione. Scrutavo le carriole
dei facchini se mai ci fosse dentro
il tuo bagaglio, e tu dietro, in ritardo.
Poi apparivi, ultima.E’ un ricordo
fra tanti altri. Nel sogno mi perseguita".
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 1990).
Non soltanto per Montale, ma anche per altri poeti, il fumo di sigaretta ha sempre trovato ampi spazi nelle loro composizioni letterarie.
Di seguito vengono riportate alcune liriche di importanti poeti;per finire proponiamo,anche se non è una poesia ma che ugualmente ha attirato la nostra attenzione, la prosa poetica di Federico Tozzi, nato a Siena nel 1883 e deceduto a Roma nel 1920.
FUMO DI SIGARETTE
di Sibilla Aleramo
"Fumo di sigarette.
Accenno di sorriso.
E di nuovo fumo,
spire leggiere,
dalle mie labbra,
dalle sue labbra,
tutte le sere
qualche minuto,
dal suo balcone,
dalla mia finestra,
spire leggiere,
sbocciar di sorriso,
e non sa la mia voce
e non so la sua,
solo,
traverso le spire di fumo
i suoi occhi mi piacciono,
gli piacciono i miei occhi,
tutte le sere
qualche minuto,
un saluto
di spire
di fumo,
lievezza graziosa di gesto,
silenziosa irresistibile gaiezza,
minuscolo punto di fuoco
alto su l'addormentato cortile,
e niente più,
così,
mentre presso la lampada
il lavoro attende,
l'anima attende
qualche minuto
tutte le sere
per qualche sera,
spire leggiere
spire leggiere".
(da "Momenti", Bemporad e Figlio, Firenze 1921)
SIGARETTA
di Libero De Libero
"e te ne andrai
con parole nevose
nel fumo anima di sigaretta
passando e ripassando ombra
nell'inverno di calce,
e tu ne conosci di eventi
solo andando lontano
piange la morte con gli occhi
dei superstiti
dissetando un addio di fazzoletti".
(da "Le poesie", Bulzoni, Roma 2011)
IL PACCHETTO DI NAZIONALI
di Alfonso Gattona
"Una storia gualcita in poche ore,
questa in effigie sul pacchetto vuoto
di Nazionali, ma bruciò l'umore
nell'uggiosa mattina. Al vetro immoto
di luce ogni pensiero era nel fumo
della buona tristezza che accompagna
la mano a rassegnarsi, nel suo dumo
vinoso arrugginiva la campagna
sfioccata dalle nebbie. Pere e mele
vedevo e sulla funebre etichetta
della bottiglia schiccheri di miele,
mosche d'inchiostro, un tremolìo vermiglio.
Vedevo i miei pensieri nell'agrore
della mattina non aver consiglio,
ma la grazia corrente dell'amore.
Così dipinsi quello che s'aspetta
di vedere per caso aprendo gli occhi".
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2005)
AVANTI CENA
di Virgilio Paganello
"Alta quiete la stanzetta regna.
Tremano le pareti come maglia
a la lucerna che su la tovaglia,
grande un' aureola intorno a sé disegna.
E mentre io scorro rapido il giornale,
la sigaretta accesa, Lidia attenta,
da le braccia materne afferrar tenta
il fumo che ne l'aria lento sale".
(da "Intime", De Schönfeld, Zara 1920)
LA SIGARETTA
di Aldo Palazzeschi
"Se ti guardo sostenuta
fra due giovani labbra
con delicatezza,
come un atto d'amore
si diffonde nel mio animo
a provocarvi una carezza.
E non appena incontrandoti
uno ti chiede col gesto
di accendere la sua
il tuo modo di porgerla,
liberata dalla cenere
perché più facilmente possa accenderla,
rivela insieme una gioia segreta
più grande in quello che offre
che in quello che domanda,
quasi lo scambio di un bacio
fra due sconosciuti
per un bisogno di tenerezza".
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2002)
DUE SIGARETTE
di Cesare Pavese
"Ogni notte è la liberazione. Si guarda i riflessi
dell’asfalto sui corsi che si aprono lucidi al vento.
Ogni rado passante ha una faccia e una storia.
Ma a quest’ora non c’è più stanchezza: i lampioni a migliaia
sono tutti per chi si sofferma a sfregare un cerino.
La fiammella si spegne sul volto alla donna
che mi ha chiesto un cerino. si spegne nel vento
e la donna delusa ne chiede un secondo
che si spegne: la donna ora ride sommessa.
Qui possiamo parlare a voce alta e gridare,
che nessuno ci sente. Leviamo gli sguardi
alle tante finestre-occhi spenti che dormono-
e attendiamo. La donna si stringe le spalle
e si lagna che ha perso la sciarpa a colori
che la notte faceva da stufa. Ma basti appoggiarci
contro l’angolo e il vento non è più che un soffio.
Sull’asfalto consunto c’è già un mozzicone.
Questa sciarpa veniva da Rio, ma dice la donna
che è contenta d’averla perduta, perché mi ha incontrato.
Se la sciarpa veniva da Rio, è passata di notte
sull’oceano inondato di luce dal gran transatlantico.
Certo, notti di vento. È il regalo di un suo marinaio.
Non c’è più il marinaio. La donna bisbiglia
che, se salgo con lei, me ne mostra il ritratto
ricciolino e abbronzato. Viaggiava su sporchi vapori
e puliva le macchine: io sono più bello.
Sull’asfalto c’è due mozziconi. Guardiamo nel cielo:
la finestra là in alto-mi addita la donna-è la nostra.
Ma lassù non c’è stufa. La notte, i vapori sperduti
hanno pochi fanali o soltanto le stelle.
Traversiamo l’asfalto a braccetto, giocando a scaldarci".
(da "Lavorare stanca", Einaudi, Torino 1943)
BRUCIANO INSIEME
di Alberico Sala
"Tra mille volti, nel cinema buio,
mi cerchi. La domenica, il caldo,
il grigioverde non concedono spazio.
Nel corridoio bagnato la sigaretta
spiccata dal tuo labbro s'incenera.
La mia, in volo, la raggiunge:
bruciano insieme quietamente".
(da "Un amore finito male", Mondadori, Milano 1963)
I FUMATORI
di Giorgio Vigolo
"Delle volte la mia grande stanchezza
s'accascia su una sedia di caffè
semibuio alla periferia
dove nessuno s'incontra
fuori di alcuni vecchi
che fumano silenziosi,
affondati nel lontano tempo
della loro gioventù perduta.
Fra i nudi muri
al fioco lume si crea
un'aria spenta
di luogo fuori del mondo,
riparato dai rumori,
diviso dalla presenza
offensiva dell'uomo.
Quei vecchi sembrano dipinti;
e allora a poco a poco m'accade
che in breve dolcissimo sonno
per qualche istante io riposi".
(da "La luce ricorda", Mondadori, Milano 1967)
Apro la sigaretta
di Alda Merini
Apro la sigaretta
come fosse una foglia di tabacco
e aspiro avidamente
l’assenza della tua vita.
È così bello sentirti fuori,
desideroso di vedermi
e non mai ascoltato.
Sono crudele, lo so,
ma il gergo dei poeti è questo:
un lungo silenzio acceso
dopo un lunghissimo bacio.
(da “Ballate non pagate” 1° ed. Einaudi 1995)
Anche se non è una poesia, ma perchè ugualmente ha attirato la nostra attenzione, proponiamo la prosa poetica di Federico Tozzi nato a Siena nel 1883 e deceduto a Roma nel 1920.
UNA SERA D'ESTATE...
di Federigo Tozzi
Una sera d'estate mi sedei a piè d'un greppo e cominciai a fumar sigarette l'una dopo l'altra.Era molto scuro,e le stelle parevano così piccole che certo avrebbero bucato. Avrei voluto con me un amico per parlare di qualche cosa, o meglio per ascoltarlo. Quando voglio bene ad un amico, mi piace di più star zitto fumando.
Quasi annoiato e intristito a star lì, appuntellai le mani su l'erba e feci per alzarmi. Allora un grillo, così vicino che non raccapezzavo dove, cominciò a cantare. Era tra le mie ginocchia, forse? Era dietro di me? Né meno. M'era saltato addosso? Mi scossi tutto: no. Dovetti andarmene, e mi misi a piangere.(da "Bestie", SE, Milano 1994)
La letteratura, riguardo al fumo di tabacco, ci offre, in sintesi, una serie di rappresentazioni as-sai variegate e complesse, che non sempre so-no univoche e che a volte sono contraddittorie.
Michel Houellebecq, pseudonimo di Michel Tho-mas, nato a Saint-Pierre, 26 febbraio 1956, è uno scrittore, saggista, poeta, regista e sceneggiatore francese.
I personaggi di Michel Houellebecq, quasi sempre sog-getti di sesso maschile di mezz’età soli, depressi e insod-disfatti della propria vita, sono abitanti passivi del mondo che li circonda, vivono come la maggioranza degli uomini senza mai provare il minimo bisogno di giustificazione. Vivono perché vivono, tutto qua, è così che ragionano; poi immagino che muoiano perché muoiono, e che que-sto, ai loro occhi, concluda l'analisi.Spesso fuggono da se stessi e dal mondo che li circonda con gli unici strumenti disponibili:il sesso, gli antidepressivi e il fumo.
Il protagonista de L’estensione del dominio della lotta afferma: "Fumare sigarette è ormai l’unica manifesta-zione di autentica libertà nella mia esistenza. L’unico atto al quale aderisco interamente, con tutto il mio essere. Il mio solo progetto". Houellebecq scava volu-tamente nelle perversioni dei suoi personaggi, dà voce a pensieri oscuri, concede il diritto di cittadinanza alle in-quietudini più taciute dell’uomo occidentale.
L'autore, spesso assimilato al movimento anglosassone detto di Anticipazione sociale, è considerato uno dei più importanti scrittori della letteratura francese contempora-nea. Si è distinto anche come critico letterario e per le sue prese di posizione critiche sull'Islam. I suoi libri sono pubblicati in italiano da Bompiani, che ha inoltre raccolto in due volumi la sua opera omnia.
Il fumo di tabacco viene utilizzato dagli scrittori per raccontare le storie personali della loro esistenza.
Nelle opere di numerosi scrittori, le sigarette coprono il ruolo da indiscusse protagoniste; in altre opere, gli scrit-tori utilizzano il fumo di sigaretta per descrivere un'atmo-sfera, altre volte per analizzare la personalità dei loro protagonisti, altre volte per mostrare la loro gioia, le loro ansie, le loro preoccupazioni, i loro disagi. Vengono dun-que rappresentate tutti sfaccettature della figura del fu-matore e della percezione del gesto del fumare.
Nei romanzi che trattano la Resistenza Italiana, la quale si inquadra nel movimento di insurrezione contro il nazi-fascismo, la sigaretta assume addirittura una valenza ideologica e politica.Chi possiede infatti del tabacco,sen-te il bisogno di offrirlo con generosità ai compagni d'armi come segno di amicizia e di complicità.Nel volume "Per chi suona la campana" di Ernst Hemingway (1899-1961) il protagonista Robert Jordan, giunto presso i com-pagni spagnoli,che li dovrà coordinare in un’impresa con-tro il dittatore Franco, vince l'iniziale sentimento di diffi-denza dei commilitoni, offrendo loro delle sigarette, ovvi-viamente "sigarette russe",cioè sigarette sicuramente an-tifasciste e cioè capaci di rassicurarli.
Sono di nuovo le "sigarette russe" con cui Andrea Spe-relli, protagonista del "Il piacere", romanzo di Gabriele D'Annunzio del 1889, riempie un esclusivo "astuccio d’o-ro". E' un gesto tipico dell'esibizionismo del bello e del lusso. La ricca borghesia romana, come simbolo di di-stinzione sociale, si dedicava al culto della bellezza, ostentando una ricercata eleganza anche nella scelta de-gli oggetti, correlati alla pratica del fumo di tabacco.
Al contrario smettere di fumare è l'obiettivo permanante, come è stato sopra analizzato, nell'opera "La coscienza di Zeno", di Italo Svevo. Nel capitolo dedicato al proble-ma del fumo, Zeno all'età di vent'anni, quando si amma-la, comincia ad odiare il fumo e decide di disintossicarsi e di smettere di fumare; ma questo è un proposito per-seguito per tutta la vita, ma tale rimane, perchè mai rie-sce a realizzarlo.Tutte le volte che Zeno prova a smette-re di fumare,decide di fumare un'"ultima sigaretta", ma il motivo dell’“ultima sigaretta”viene menzionato tra i nume-rosi “atti mancati” che caratterizzano la sua esistenza.
Alcuni scrittori si sono cimentati sull'inse-gnamento sul come godere appieno del fumo di tabacco, con l'utilizzo ad esempio della pi-pa, del sigaro etc.
Nel sonetto di Charles Pierre Baudelaire, nato nel 1921 a Parigi e morto nel 1867; poeta, scrittore, critico d'arte giornalista filosofo, giornalista, saggista, dedicato alla pi-pa, (vedi il sonetto soprariportato) si legge che la pipa ha il potere incantatorio e fascinoso di alleviare il dolore: l’anima è come ammaliata dalla avviluppante "rete mo-bile e cilestrina" delle spiraliformi esalazioni del tabacco "in fiamme".
Baldo Peroni, scrittore innamorato del fumo della pipa, nel volume "L'arte di fumare la pipa", rivela tutti i segre-ti per amare e godere pienamente del fumo della pipa.
In numerose pubblicazioni dedicate al sigaro, il fumo vie-ne considerato il compagno ideale per la degustazione del vino;ad esempio nel volume"Il Toscano nel bicchie-re" di Fabrizio Bianchi, vengono descritte tutte le tecni-che di degustazione per abbinare adeguatamente il fumo del sigaro Toscano ai vari tipi di vino.
Italo Borrello nell'articolo publicato su Libero del 3 nov 2015, fa un elogio alla pipa, questo piccolo oggetto di legno che parla all'uomo. Il titolo è abbastanza eloquente "Seduce intimamente la salute". Fumare la pipa è tra i piaceri legati al fumo, uno di quelli che maggiormente appagano i sensi; esso regala inoltre il gratificante gusto della collezione, il vedere crescere poco a poco nel pro-prio fumoir,nel proprio salotto,nel proprio studio gli esem-plari di questo piccolo manufatto di legno che spesso rappresenta un capolavoro del più fine artigiano. La pipa ha un fascino sexy e Borrello precisa,"se si sceglie quella giusta". Il primo passo consiste nella scelta del modello: Curva o dritta?Grande o piccola? Liscia o sabbiata? Le risposte a queste opzioni dipendono dalla combinazione di numerosi fattori: contesto senso dell' estetica e delle proporzioni, preferenze personali, esperienza.La pipa dritta è propria delle situazioni dinamiche e sportive, mentre la curva è leggermente più impegnativa per via della tendenza a sviluppare umidità, da il meglio quando si desidera una fumata rilassata: si pensi a un dopo cena in poltrona, arricchito da una conversazione lieve, un otti-mo distillato,un buon libro. Le dimensioni complessive e la capienza del fornello oltre a scandire i tempi della fu-mata sono importanti sotto il profilo estetico. Prima di es-sere acquisita una pipa dovrebbe essere provata in bocca davanti allo specchio, valutandone il peso,che non deve essere eccessivo per la mascella o costringere il volto a espressioni goffe e innaturali, sia le proporzioni rispetto al viso e al corpo: analoga sarà l'armonia che scaturirà da un fornello generoso associato a una corpo-ratura robusta e imponente o da uno di piccole dimen-sioni per una figura esile e minuta. Quanto alle finiture, le pipe lisce generalmente considerate più pregiate, specie quando la radica presenta rare qualità come venature fiammate o piccoli disegni a occhio di pernice,sono da preferire in occasioni e con abiti formali. Quelle sabbiate cioè sottoposte a un forte getto di sabbia che ne scanala la superficie, evidenziando le venature del legno, si intonano benissimo a contesti e abbigliamento più sporti-vi.Da vero intenditore Borrello descrive le difficoltà che incontra il neofita: la brace troppo viva che brucia la lingua,l'eccesso di condensa che inacidisce il gusto; i continui spegnimenti e le necessarie riaccensioni.
Come superare questi fastidi dei continui spegni-menti?
Borrello consiglia che il caricamento debba essere effettuato facendo cadere a pioggia nel fornello strati progressivi di tabacco su cui esercitare una pressione crescente fino a quando attraverso il bocchino non passi una giusta quantità di aria e l'accensione dell'intera su-perficie del tabacco aspirando dapprima con boccate veloci e leggere e poi lente e profonde, dopo aver nuova-mente pressato il tabacco sollevato dal fuoco. A pipa perfettamente accesa il ritmo misurato delle fumate evi-terà sia eccessivi spegnimenti che i riscaldamenti del ta-bacco e del legno, regalando al palato e all'olfatto un va-riegato flusso di sensazioni. Borrello ribadisce che sono queste sensazioni del tutto peculiari a rendere la pipa complementare rispetto ad altri nobili colleghi come il si-garo Avana,a farne un accessorio immancabile della vita elegante, un raffinato braciere di aristocratici misteri, ma anche ricordando i versi di Baudelaire che riguardo alla pipa diceva "una fedele compagna le cui spire incantano lo spirito d'un balsamo potente, e d'ogni affanno lieve il cuore".
In conclusione moltissimi scrittori e poeti considerano il fumo di tabacco come un compagno di lavoro, di rifles-sione, di concentrazione, in quanto la nicotina è in grado di espandere la capacità della cosiddetta "working memory“ (memoria di lavoro). Per la maggior parte di essi il tabacco è una vera e propria dipendenza ed è in particolare la nicotina il principale componente del tabacco che causa la dipendenza. Dopo una boccata di fumo, entro pochi secondi la nicotina arriva al cervello. Il rapido passaggio della nicotina dai polmoni al cervello è uno dei motivi per cui le sigarette causano dipendenza. La nicotina, arrivata al cervello, stimola le cellule del cervello a liberare dopamina e nor-adrenalina; il rilascio di dopamina agisce nelle regioni cerebrali che control-lano il piacere e la motivazione. L'adrenalina induce un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e un rilascio di glucosio, che aumentano le prestazioni fisiche.
Ribeyro scriveva nel 1958: "Che cosa ne sarebbe di me se non fosse stata inventata la sigaretta?
Noi aggiungiamo "Che cosa ne sarebbe dell’umanità se non fosse stata inventata la sigaretta?"
È probabile che l’umanità sarebbe più sana in salute e forse migliore. Verosimilmente però sarebbero mancate alcune opere letterarie, pittoriche e musicali prodotte sotto l'influenza del cosiddetto compagno di lavoro, compagno di riflessione e di concentrazione che è la nicotina del fumo di tabacco. Alda Merini che fumava da 60 a 70 sigarette al giorno pensava che le sue poesie fossero il frutto di un’ispirazione che le sarebbe venuta anche grazie alle sigarette.
Ai giorni nostri la guerra contro il tabagismo responsabile non solo del tumore polmonare, ma anche delle malattie respiratorie si fa sempre più aspra.
Nel nostro Paese sono state emanate nel tempo numerose leggi contro il fumo, con sanzioni verso i trasgressori.
A proposito Philippe Sollers in L’Ecole du Mystère (Gallimard, 2015) declama:"Tutti si lamentano di voi fu-matori". Perché rappresentate un pericolo, perché intos-sicate il pianeta intero,"vivete come un sordo, un cieco o un handicappato grave". Perché, in definitiva, "vous êtes fous". Sì i fumatori sono folli, anche perché, come so-stiene la scrittrice canadese Danielle Charest (1951-2011) oggi il mondo contemporaneo considera i fumatori "al peggio, come dei criminali o degli aggressori",al meglio come dei malsani scocciatori. (Haro sur les fumeurs. Jusqu’où ira la prohibition?,Ramsay, 2008).
Di seguito viene riportata una breve raccolta di voci bibliografiche, che lungi dall'essere esaustiva, tratta l'argomento fumo di tabacco e che merita di essere consultata:
-Molière, commediografo e attore francese (1622-1673), Don Giovanni.
-Italo Svevo, "La coscienza di Zeno", Mondadori, Milano 1990.
-Thomas Mann, "La montagna incantata", Corbaccio, Mi-lano 1992.
-Eugenio Montale, "Tutte le poesie",di Eugenio Montale, Mondadori Editore,Milano 1990),
-Beppe Fenoglio, "Il partigiano" Johnny, Einaudi, Torino 1994.
-Federico Tozzi, da "Bestie", SE,Milano 1994.
-Charles Baudelaire, "La pipa", in I fiori del male; ora in Opere, Mondadori, Milano 1996.
-Ernst Hemingway, "Per chi suona la campana", Mondadori, Milano 1996.
-Antonio Tabucchi, "La testa perduta" di Damasceno Monteiro, Feltrinelli, Milano 1997.
-Niccolò Ammaniti, "Branchie", Einaudi Stile Libero, 1997.
-Gabriele D’Annunzio, "Il piacere", Mondadori, Milano 2002.
-Fabrizio Bianchi, Il Toscano nel bicchiere, Giunti Editore, 2003.
-Enrico Remmert e Luca Ragagni, Smokiana Edizioni Marsilio 2007.
-Danielle Charest "Haro sur les fumeurs-Jusqu’où ira la prohibition?", éditions Ramsay, 2008.
-Alejandro Zambra "Io fumavo benissimo" Il racconto 'Io fumavo benissimo' (25 pagine) è tratto dal volume 'I miei documenti' (Sellerio, 2015)
-Julio Ramon Ribeyro "Solo para fumadores". La Nuova Frontiera, 2015.
-Italo Borrello: "Seduce intimamente la salute". Libero 3 Nov 2015.
-Baldo Peroni, "L'arte di fumare la pipa", Il Castello 2016.
-John Berger,"Smoke"Smoke",edito in Italia per i tipi del “Il Saggiatore" 2016.
-Roberto Lapia. "Fumare benissimo.Viaggio tra lettera-tura e sigaretta", 2018.
-Michel Houellebecq,pseudonimo di Michel Thomas nato a Saint-Pierre,il 26 febbraio 1956,scrittore,saggista, poe-ta,regista e sceneggiatore francese."Estensione del dominio della lotta". Editore La nave di Teseole del 2019.