TERAPIA ANTIPERTENSIVA
E RIDUZIONE DEL RISCHIO
CARDIOVASCOLARE
Negli studi di confronto tra farmaci antipertensivi appar-tenenti alle varie classi versus placebo, si è osservata una riduzione del 22% del rischio di eventi coronarici e una riduzione del 41% di ictus cerebri per ogni riduzione della pressione arteriosa sistolica di 10 mmHg o della pressione diastolica di 5 mmHg.
In particolare tutte e 5 le classi di farmaci: tiazidici, β-bloccanti, ACE-inibitori, sartani, calcio-antagonisti, hanno mostrato una efficacia simile nei confronti della preven-zione degli eventi coronarici e dell'ictus cerebri.
Vi sono 2 eccezioni che riguardano:
1.i calcioantagonisti che hanno mostrato una maggior efficacia sulla riduzione del rischio di ictus;
2.i β-bloccanti nei pazienti con pregressa cardiopatia ischemica.
Gli studi clinici che hanno utilizzato i β-bloccanti nei pa-zienti postinfartuali, hanno mostrato un effetto maggiore nella prevenzione delle recidive: la riduzione del rischio di reinfarto nei pazienti trattati con β-bloccanti è stata del 29% rispetto al 15% dei pazienti trattati con altri antiper-tensivi.
A proposito dei β-bloccanti, essi sono tutti uguali?
La risposta è negativa. Ad esempio il Nebivololo è un β-bloccante di terza generazione con alta selettività β-1-bloccante e con proprietà vasodilatatorie ossido-nitrico mediate. Esso ha evidenziato proprietà benefiche anche sul metabolismo lipidico ed inoltre ha mostrato di posse-dere effetti antiproliferativi. Uno studio ha confrontato in 60 pazienti ipertesi gli effetti metabolici del nebivololo e dell'atenololo per 24 settimane.In entrambi i gruppi è ri-sultata significativa sia la riduzione della frequenza car-diaca, che dei valori pressori (p < 0,001). Per quanto ri-guarda i livelli glicemici ed il profilo lipidico sono risultati significativamente peggiorati nel gruppo trattato con ate-nololo (p<0,001) mentre sono rimasti invariati con il nebi-vololo.Indian J Pharmacol. 2011 Jul; 43 (4): 437-40.
Per quanto riguarda la prevenzione dell'insufficienza car-diaca nella popolazione degli ipertesi, una meta-analisi ha valutato gli studi randomizzati e controllati pubblicati dal 1997 al 2009 in riviste indicizzate su PubMed e su banche dati EMBASE. Sono stati analizzati gli studi su pazienti ipertesi o studi su popolazioni ad alto rischio con elevata prevalenza di ipertensione per un totale di 223.313 pazienti. I risultati hanno mostrato che i diuretici, gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE) e gli antagonisti del recettore dell' angiotensina II (ARB) rappresentano le classi di farmaci più efficaci per ridurre l' insorgenza d' insufficienza car-diaca rispetto al placebo. La terapia a base di diuretici rappresenta il trat-tamento migliore,in quanto è più efficace degli ACE-inibi-tori e dei sartani;inoltre i diuretici, gli ARB e gli ACE-inibi-tori si sono dimostrati superiori ai calcio-antagonisti,i qua-li sono risultati meno efficaci nella prevenzione dell'insuffi cienza cardiaca,assieme ai β-bloccanti e agli α-bloccanti.
CONCLUSIONI:
.tutti i farmaci antipertensivi hanno pari efficacia;
.nella pratica è importante riuscire a ridurre la pres-sione fino ai valori desiderati, senza badare al tipo di farmaco usato;
.i criteri che dovrebbero guidare la scelta di un farmaco antipertensivo sono soprattutto la tollerabilità, in considerazione degli effetti collaterali che essi possono indurre;
.i diuretici rappresentato la classe farmacologica più ef-ficace nel prevenire l'insufficienza cardiaca, seguiti dagli inibitori del sistema renina-angiotensina, mentre i calcio-antagonisti e i β-bloccanti sono risultati essere meno ef-ficaci nella prevenzione dell'insufficienza cardiaca;
.l'effetto collaterale più frequente, comune a tutte le classi di antipertensivi, è l'ipotensione ortostatica, calo pressorio eccessivo quando si passa dalla posizione cli-nostatica (sdraiata) o seduta a quella ortostatica (eret-ta). I sintomi sono caratterizzati da senso di mancamento che usualmente precede lo svenimento. Detta sintomato-logia tende a regredire dopo alcune settimane di cura; se invece la sintomatologia persiste, bisogna ridurre il do-saggio del farmaco. Altri effetti collaterali sono specifici per ogni classe di farmaco e sono dose-dipendenti. In questi casi bisogna ridurre la dose del farmaco e even-tualmente associare un farmaco di un’altra classe sem-pre a basso dosaggio (l'effetto antipertensivo di più far-maci si somma, consentendo di raggiungere l’effetto anti-pertensivo senza avere gli effetti collaterali);
.i pazienti ipertesi con sindrome metabolica sono a più elevato rischio di essere affetti da ipertensione arteriosa non controllata; pertanto essi devono avere una pre-scrizione che comprenda molti antipertensivi come i diuretici, gli ACE-inibitori, i farmaci bloccanti il sistema renina-angiotensina, i β-bloccanti e anche le statine.