INFUSI DI ERBE

 

MEDICAMENTOSE

 

(Caffè, Tè, Cioccolato e Tisane)

 

(Herbal infusions, Coffee, Tea, Chocolate, Tisanes)

 

Gli infusi (tisane) sono bevande naturali che stanno conquistando il favore crescente delle per-sone.Esse vengono consumate non solo per il loro gusto gradevole ma anche per la loro azione de-purativa, calmante, linfodrenante, balsamica, rin-frescante. Inoltre il loro consumo oltre ad essere divenuto il simbolo di uno stile di vita salutare, sta assumendo il ruolo di momento di aggrega-zione sociale.

In effetti esse vengono degustate in compagnia di amici, dopo il lavoro, durante le pause, durante il tempo libero e spesso in locali dedicati, dove viene proposta una enor-me varietà di tisane, fatte di fiori, di erbe, di radici, di cor-tecce, etc, le quali vengono mescolate sapientemente da esperti erboristi. Per ogni patologia viene consigliata una specifica tisana. Ad esempio il mirtillo, la centella asiati-ca, la vite rossa, l’ammamelide vengono consigliate per tonificare la circolazione venosa ed quindi per ridurre o eliminare la pesantezza degli arti inferiori; la liquirizia viene consigliata per contrastare l'acidità gastrica; per i disturbi dell'apparato digerente vengono usati i fiori d'a-rancio, il tiglio, la melissa, la verbena; la camomilla va bene contro gli stati d'ansia e lo stress; la valeriana va bene per indurre il sonno; la berberina, alcaloide naturale estratto dalla corteccia di Berberis aristata, arbusto spi-noso originario dell’ Himalaya e del Nepal e appartenen-te alla famiglia delle Berberidaceae,viene utilizzata per la cura delle dislipidemie.

I prodotti erboristici non sono farmaci e non possono es- sere utilizzati per la cura delle malattie, per la risoluzione delle quali, deve sempre essere interpellato il medico; in altri termini i prodotti erboristici devono essere utilizzati soltanto per favorire, stimolare, aiutare le funzioni fisiolo-giche del nostro organismo.

 

ESISTE IL RISCHIO CHE L'ABUSO DI TISANE POSSA ESSERE NOCIVO PER LA SALUTE UMANA?

 

Praticamente no, perchè esiste lo stesso rischio che si può avere, facendo abuso di una qualsiasi altra sostanza alimentare.

Per alcuni dei più comuni rimedi erboristici bisogna però ricordare che alcune sostanze come l'aglio, il succo di pompelmo, il biancospino, la yohimbina, la liquirizia, la ci-micifuga racemosa, l’iperico, il ginseng, il ginkgo biloba, la serenoa repens, il danshen, l’echinacea, la stephania tetrandra, l’aconito, etc, possono interagire con alcuni farmaci tradizionali.

 

In pratica quando si assumono farmaci bisogna fare attenzione ai prodotti erboristici.

 

Ad esempio il succo di pompelmo potenzia l'azione di alcuni farmaci tra cui i calcioantagonisti e le statine attra- verso l'inibizione delle monossigenasi epatiche(CYP3A4)

aumentandone la loro biodisponibilità e creando ipoten-sione, miopatia o tossicità epatica. Altre sostanze,come l'iperico, sono in grado di aumentare l'attività enzimatica, indebolendo gli effetti di alcuni farmaci come quelli che controllano il ritmo cardiaco, oppure quelli utilizzati per contrastare il rigetto,in caso di trapianto.L'effetto della di-gossina può essere aumentato dall'assunzione di bianco-spino o di liquirizia. Anche l'uso dell'Erba di San Giovanni e di Ginseng può modificare i livelli ematici del farmaco. Un potenziale rischio emorragico è possibile nei pazienti in trattamento con aspirina o warfarin che assu-mono aglio, Ginkgo biloba, liquirizia, erba di San Giovan-ni, erba amara, salvia, palmetta seghettata, zenzero.

Per molti prodotti a base di erbe medicinali, che sono as-sunti per contrastare alcune condizioni patologiche, man-cano studi controllati sulla loro efficacia e sicurezza. Per queste ragioni e per le potenziali interazioni tra farmaci tradizionali e prodotti erboristici,i decisori pubblici dovreb-bero emanare specifiche leggi che regolino l’uso di que-ste sostanze, la loro commercializzazione e la loro pro-mozione.

 

UN DISCORSO A PARTE VA

 

FATTO PER il TE', per il CAFFE'

 

e per il CIOCCOLATO

 

.Il , thè o the ha il privilegio di essere una delle be-vande più antiche, più amate e più  consumate in tutto il mondo. E' la bevanda che vanta una storia che si fa risa-lire al 3° millennio a.C, originaria della civiltà cinese.

Il tè viene ricavato dalle foglie della pianta Camelia Si-nensis, un arbusto sempre verde che può raggiungere un’altezza fino a 2 metri. Le foglie di questo arbusto ven-gono raccolte 4 volte l’anno in Cina, in Giappone e in In-dia mentre in altre località come in Kenia la raccolta av-viene tutto l’anno. L'utilizzo del tè è antichissimo. All’ini-zio furono i cinesi e per merito dei monaci,  il  si diffuse in Giappone e in Corea. Il tè è giunto in Europa nel XVI secolo forse per merito dei portoghesi. Gli olan-desi furono esperti nella commercializzazione in tutta Europa. A loro va il merito di aver reso questa bevanda assai popolare, al punto da farla diventare una vera e propria icona delle tradizioni anglossassoni. Per il suo elevato costo la bevanda veniva consumata per lo più dalla borghesia e dai nobili, i quali tra l'altro utilizzavano pregiati servizi di porcellana, provenienti dalla Cina.

La pianta del tè è un arbusto sempreverde che viene coltivato nella fascia tropicale e subtropicale.
La pianta del tè è un arbusto sempreverde che viene coltivato nella fascia tropicale e subtropicale.

Di tale bevanda esistono numerose tipologie, che si diffe- renziano l'una dall'altra per via dei processi di lavorazio- ne delle foglie di tè. Questi processi danno alla bevanda un colore e un sapore caratteristico. A differenziare però le tipologie del tè sono anche i Paesi dove vengono pro-dotte le foglie.

Tra i maggiori produttori di tè vi sono la Cina, l'India, il Giappone e Africa.

 

Quali sono i  tipi di tè più diffusi?

 .Tè verde: è una tipologia di tè non fermentato;

 .Tè nero: viene prodotto prevalentemente in India e nei Paesi africani;

 .Tè bianco: è la tipologia di tè meno lavorata in as-soluto, in quanto le sue foglie non subiscono alcun tipo di processo di trasformazione tranne l' essiccazione;

 .Tè giallo: è la tipologia di tè tipica della Cina. La la-vorazione particolare a cui le foglie di tè vengono sotto- poste è definita ingiallimento;

.Tè Pu-her: è un tè post-fermentato, che viene stabiliz- zato prima di essere sottoposto al processo di fermenta- zione. La fermentazione delle foglie viene indotta attra- verso il calore e l'umidità;

.Tè rosso (roobois): non viene ottenuta dall' essica- zione e dalla fermentazione di foglie di tè, ma dall' im- piego delle foglie dell' omonima pianta, che vengono ap- positamente raccolte ed essiccate in Africa, sua zona d' origine. Il tè rosso è privo di caffeina e ha un basso contenuto di tannino;

.Tè oolong: viene prodotto in Cina mediante una parziale ossidazione delle foglie di tè;

 .Tè aromatizzato: esistono in commercio numerose ti- pologie di tè aromatizzato.L'aromatizzazione delle foglie di tè può avvenire mediante l'aggiunta alle foglie di  tè, fiori essiccati, spezie, frutti o scorze di agrumi;

.Tè matcha: è un tipo di tè verde giapponese che si differenzia dagli altri tipi di tè perchè non viene venduto sotto forma di foglie, bensì come polvere finissima di co-lore verde brillante;

 .Tè pressato: la Cina, uno dei maggiori esportatori di tè al mondo, si è impegnata per individuare una tecnica che consentisse di conservare il tè a lungo, così da po- terne facilitare il trasporto. Il tè pressato può essere sia verde che nero.

 

Il tè vanta numerosi effetti salutari, ma per poter godere appieno delle sue qualità, occorre prestare attenzione al-la sua preparazione.Se si prepara il tè rispettando alcune semplici regole, come il tempo d’infusione e la tempera-tura, si potranno godere di tutte le caratteristiche di sapo-re e profumo tipiche del tè utilizzato.

 

OGNI VARIETA' DI TE' HA IL SUO TEMPO DI INFU- SIONE

Alla fine del tempo d'infusione bisogna levare il filtro con le foglie per evitare un  eccesso di infusione. Per il tè in bustine  che contiene polvere  e frammenti di tè, l'acqua deve es-sere meno calda.
Alla fine del tempo d'infusione bisogna levare il filtro con le foglie per evitare un eccesso di infusione. Per il tè in bustine che contiene polvere e frammenti di tè, l'acqua deve es-sere meno calda.

Da sempre il tè verde è conosciuto come una be-vanda della salute e nel corso degli ultimi decenni anche la scienza ha messo in evidenza le sue pro- prietà antiossidanti, diuretiche e antifiammatorie. In particolare il tè verde contiene flavonoidi, cate- chine, tannini, teina, teofillina, vitamine del grup- po B, minerali e amminoacidi.

 

Un recente studio ha dimostrato che il consumo di tè verde è capace di ridurre la concentrazione di co- lesterolo totale di 7,20 mg/dl (p < 0,001) e di co- lesterolo-LDL di 2,19 mg/dl, (p < 0,001).

 

 

.Per quanto riguarda il caffè, detto, Coffee, cafè, kofye, kahawa, kaffa, kave e tanti altrisembra che l'Etiopiasia la sua patria di origine, dove vie-ne chiamato “bunna”. Si dice che nel XIV sec., il caffè fu introdotto dall’Etiopia nello Yemen, dove acquisì la deno-minazione araba di qahweh. Nelle  foreste pluviali di montagna dell'Etiopia meridionale, in particolare nelle zone di Kaffa, Sidamo, Arsi e Harar, il caffè cresce spon-taneamente ed in numerose varietà.

Tutte le piante della specie Coffea arabica in tutto il mondo sono delle discendenti dalle piante provenienti da sud dell'Etiopia.
Tutte le piante della specie Coffea arabica in tutto il mondo sono delle discendenti dalle piante provenienti da sud dell'Etiopia.

Secondo una delle tante leggende su questo argomento, un giovane pastore di Kaffa, di nome Kaldi, osservò che le sue capre dopo aver brucato le bacche di caffè, im-provvisamente iniziavano a saltellare e a correre in modo incontrollabile.

Le  capre di Kaldi dopo aver brucato le bacche di caffè,improvvisamente iniziavano a sal-tellare e a correre in modo scoordinato e incontrollabile.
Le capre di Kaldi dopo aver brucato le bacche di caffè,improvvisamente iniziavano a sal-tellare e a correre in modo scoordinato e incontrollabile.

Anche Kaldi stesso, dopo avere masticato le bacche, avendo provato una certa euforia, si recò nel vicino con-vento di monaci musulmani a mostrare quei frutti mi-steriosi per farli esaminare. I monaci sentenziarono che quei frutti erano "un’opera del diavolo” e li gettarono nel fuoco per eliminarli: questo gesto fece si che le bacche, tostandosi, diffondessero nell’aria l’inconfondibile aroma del caffè. A questo punto i monaci, sempre più convinti che quell’arbusto fosse "un’opera del diavolo”,pestarono i chicchi per spegnere la brace, ottenendo in questo modo una polvere, che messa in acqua bollente, permise di ot-tenere un infuso capace di indurre euforia.

Una altra leggenda narra che gli abitanti di Kaffa, una delle regioni più verdi dell’Etiopia, evidentemente terra assai adatta per la coltivazione del caffè, ne scoprirono l’ aroma in occasione di un enorme incendio, in seguito al quale, raccolti i chicchi di caffè, ormai tostati, li utilizzaro-no casualmente per preparare una bevanda che riscosse un grande successo nell'ambiente perché, oltre che per il gradevole gusto, aveva poteri eccitanti.

Alcuni studiosi pensano che nell’Odissea la bevanda de-scritta da Omero fosse proprio caffè. Omero infatti parlava di una bevanda amara “contro i dispiaceri, i ran-cori e la memoria dei dolori”, che Elena mescolò con il vi-no per asciugare le lacrime degli ospiti alla mensa di Me-nelao.

 

Per molto tempo,dopo la sua scoperta,il caffè veniva ma-sticato e non bevuto. In particolare le bacche venivano assunte sia intere che sbriciolate e immerse nel burro fuso; questa usanza è tutt'ora praticata in alcune regioni di Kaffa e di Sidamo. In particolare i predoni etiopi, durante le loro leggendarie  scorribande, consumavano alcune polpettine preparate con grasso e bacche di caffè tritato.

In sintesi queste leggende, tra le tante che esistono sull' argomento e cioè quella delle capre danzanti del pastore Kaldi e quella degli abitanti di Kaffa, avvalorano l'ipotesi che furono sicuramente gli etiopi i primi a sperimentare gli effetti eccitanti della pianta del caffè, che nelle loro terre cresceva spontaneamente.

Dall'Etiopia l'uso del caffè si diffuse nelle regioni limitrofe, in particolare nello Yemen dove furono coltivate nume-rose piantagioni di caffè. In seguito l'uso del caffè si diffuse nel resto del Medio Oriente, nel Sud dell'India, in Persia, in Turchia e nel Corno d' Africa.

In Europa il caffè fu introdotto intorno al 1570 da un me-dico veneziano, per cui Venezia fu la prima città italiana ad apprezzare le qualità del caffè.

Nel 1691 a Napoli fu inventata la caffettiera, la cosiddetta caffettiera napoletana.

A partire dal XVII secolo la sua diffusione crebbe assai rapidamente, in particolare in Italia, in Francia, in Gran Bretagna e in Germania.

In seguito, il caffè si diffuse rapidamente nel resto d'Eu-ropa, in Indonesia e poi in America in particolare in tutta l' America Centrale e Meridionale dove, in particolare in Brasile, esistono tutt'ora le maggiori piantagioni del mon-do.

 

LA PIANTA DEL CAFFE'

 

La pianta del caffè è un albero, alto fino a una decina di metri circa. Le foglie sono lunghe 6-12 cm, di forma o-vale, di color verde scuro. I fiori sono bianchi, riuniti in mazzetti del diametro di 10-15 mm. I frutti sono drupe tondeggianti oppure oblunghe, che, quando vanno a ma-turazione, hanno un colore rosso o violaceo e conten- gono quasi sempre 2  semi.

Una immagine del famoso monologo di Eduardo De Filippo,
Una immagine del famoso monologo di Eduardo De Filippo,

A partire dal XVII secolo la sua diffusione crebbe assai rapidamente, in particolare in Italia, in Francia, in Gran Bretagna e in Germania.

In seguito, il caffè si diffuse rapidamente nel resto d'Eu-ropa, in Indonesia e poi in America in particolare in tutta l' America Centrale e Meridionale dove, in particolare in Brasile, esistono tutt'ora le maggiori piantagioni del mon-do.

 

LA PIANTA DEL CAFFE'

 

La pianta del caffè è un albero, alto fino a una decina di metri circa. Le foglie sono lunghe 6-12 cm, di forma o-vale, di color verde scuro. I fiori sono bianchi, riuniti in mazzetti del diametro di 10-15 mm. I frutti sono drupe tondeggianti oppure oblunghe, che, quando vanno a ma-turazione, hanno un colore rosso o violaceo e conten- gono quasi sempre 2  semi.

 

La Coffea arabica  è la pianta del caffè,  originaria dell’ Etiopia,  ma ormai diffusa  in tutti i paesi  tropicali, appartiene alla famiglia delle Rubiaceae.
La Coffea arabica è la pianta del caffè, originaria dell’ Etiopia, ma ormai diffusa in tutti i paesi tropicali, appartiene alla famiglia delle Rubiaceae.

La caffeina dalla fine dell'800 viene diffusamente utiliz- zata anche come ingrediente base di alcuni prodotti die-tetetici come bevande(es.Coca-Cola),dolciumi,caramelle, etc.

 

Le quantità di caffeina variano in base alla varietà dell’alimento:

 

1 tazza di espresso: 80 mg;

1 tazza di caffè solubile: 57 mg;

1 lattina di Coca-Cola (330 ml): 35 mg;

1 tazza di tè: 60 mg (il contenuto in caffeina varia a seconda del tipo di tè).

Totò e Peppino De Filippo nel film "La banda degli onesti" (1956).
Totò e Peppino De Filippo nel film "La banda degli onesti" (1956).

La caffeina è uno stimolante del sistema nervoso cen- trale e viene utilizzata in ambito medico e ricreazionale in caso di sonnolenza.

La caffeina per contrastare il sonno va utilizzata solo oc- casionalmente, in altri termini la caffeina non può so- stituirsi al sonno.

 

Dopo l’ assunzione di una bevanda alla caffeina, essa nei primi 45 minuti, viene completamente assorbita nello stomaco e nel tratto iniziale dell'intestino; con il sangue viene distribuita in tutti i fluidi corporei. La molecola della caffeina è strutturalmente simile all'adenina, base azota- ta dell'adenosina e si lega ai recettori del nucleoside sul- le membrane cellulari. Si ha quindi un'inibizione compe- titiva; la caffeina influisce cioè con un processo di rego- lazione dei nervi mediante scarica del potenziale post- sinaptico. Come risultato vi è un aumento dei livelli di adrenalina e di noradrenalina.Attraverso esse la caffei- na stimola indirettamente il sistema nervoso simpatico e porta ad un aumento della frequenza cardiaca,dell'afflus-so di sangue ai muscoli, ad una diminuzione dell'afflusso di sangue alla cute ed agli organi interni ed al rilascio di glucosio del fegato. Inoltre poiché la caffeina è anche un inibitore della fosfodiesterasi, la quale converte il cAMP, secondo messaggero per l'azione dell' adrenalina, nella sua forma aciclica AMP, prolunga l'effetto di queste so-stanze e di altre simili come anfetamina,metanfetamina e metilfenidato.

"Una tazza di Caffè" di Victor Gabriel Gilbert (1847–1933), pittore francese.
"Una tazza di Caffè" di Victor Gabriel Gilbert (1847–1933), pittore francese.

La caffeina dal punto di vista chimico è 1,3,7-trimetil- xantina; è un alcaloide (sostanza organica di origine ve-getale) presente nelle piante di caffè, cacao, tè, cola, guaranà e mate e ovviamente nelle bevande da esse ottenute.

La Caffeina è un  1,3,7-trimetil-1H-purin-2,6 (3H,7H)-dione 3,7-diidro-1,3,7-trimetil-1H-purin-2,6-dione.
La Caffeina è un 1,3,7-trimetil-1H-purin-2,6 (3H,7H)-dione 3,7-diidro-1,3,7-trimetil-1H-purin-2,6-dione.

La caffeina è metabolizzata nel fegato dal sistema en- zimatico citocromo P450 ossidasi, dove viene convertita in 3 dimetilxantine, che contribuiscono a potenziare l' ef- fetto della caffeina:

.Teofillina (4%): insieme all'adrenalina contribuisce all' azione cronotropa positiva (aumento della frequenza cardiaca) e inotropa positiva sul cuore (aumento della forza contrattile del muscolo cardiaco). Altri effetti della teofillina sono un aumento della pressione sanguigna, un aumento del flusso sanguigno filtrato dai reni e una sti- molazione sul centro respiratorio del sistema nervoso centrale (a livello del midollo allungato). Rilassa la mu- scolatura liscia nei bronchi (è usata in dosi molto più alte per il trattamento dell'asma) e stimola la diuresi per la sua azione vasodilatatrice sulle arteriole renali.

Tutti e 3 i metaboliti subiscono ulteriori stadi metabolici prima di essere escreti con le urine;

.Paraxantina (84%): stimola la lipolisi e porta ad una maggiore concentrazione di glicerolo ed acidi grassi nel sangue disponibili per i muscoli;

.Teobromina (12%): è un vasodilatatore che au- menta il flusso di O2 e di nutrienti al cervello ed ai mu- scoli tra cui i bronchi. La teobromina è anche il principale alcaloide presente nel cacao. Avendo inoltre effetti cro- notropi positivi porta a un abbassamento della pressione sanguigna. Ha potere antitussivo, dovuto all'effetto mio- rilassante sulla muscolatura liscia dei bronchi e dei bron- chioli. Infine stimola la diuresi inducendo vasodilata- zione nelle arteriole renali, fenomeno che comporta un' aumentata filtrazione glomerulare.

 

La caffeina è metabolizzata nel fegato dal sistema enzimatico citocromo P450 ossidasi, dove viene convertita in 3 dimetilxantine.
La caffeina è metabolizzata nel fegato dal sistema enzimatico citocromo P450 ossidasi, dove viene convertita in 3 dimetilxantine.

 

La dose letale della caffeina.

Per un uomo adulto, essa è stimata essere tra 150 ed i 200 mg per chilogrammo di massa corporea sommini- strati per via orale in un intervallo di tempo che va in genere dalle 3,5 alle 10 ore.

 

Vari fattori possono allungare l'emivita della caffeina e quindi questo intervallo cresce per le donne in gravi- danza, per effetto delle pillole contraccettive e per i bambini.

 

La caffeina provoca un aumento della secrezione di aci-do cloridrico a livello gastrico; un utilizzo prolungato nel tempo può quindi provocare gastriti, esofagiti e reflusso gastroesofageo.

 

Un abuso può indurre nervosismo,irritabilità,ansia,inson-nia e cardiopalmo (palpitazioni).

La caffeina è sconsigliata nelle donne in gravidanza.

 

L' utilizzo prolungato di caffeina sviluppa una tolleranza che si traduce in un affievolimento dell' effetto della caf- feina e contemporaneamente in una accresciuta sensi- bilità verso l' adenosina. Altri sintomi caratteristici sono nausea, ansia, irritabilità. In alcuni casi l’abuso può dare depressione, incapacità di concentrarsi, demotivazione.

 

Consumare caffè è associato con un più basso ri-schio di trombosi.

In un recente studio caso-controllo sono stati studiati 1.803 pazienti con un primo episodio di trombosi venosa e 1.803 pazienti controllo, e sono stati valutati l’odds ratio dell’ incidenza di trombosi venosa nei consumatori vs i non consumatori di caffè; inoltre è stata valutata la differenza dei livelli medi di fattori di emostasi tra i due gruppi. L’analisi ha mostrato che l’assunzione di caffè ha determinato una riduzione del 30% del rischio di trom- bosi venosa rispetto ai non consumatori (odds ratio 0,7, 0,5-0,9).Dopo aggiustamenti per diverse variabili confon-

denti (età, sesso, BMI, abitudine tabagica, fattori ormo- nali, statine, aspirina, alcool, malattie croniche e mali- gne) l’odds ratio era 0.8 (0,6-1,1). Dai dati è emerso che il livello di fattore di von Willebrand factor era 11 IU/dL (da 3 a 19) ed il livello di fattore VIII era 11 IU/dL (da 1 a 21) erano più bassi nei consumatori di caffè rispetto ai non consumatori, mentre non è stata evidenziata alcu- na associazione tra il consumo di caffè e le proteine anti- coagulanti, i livelli di fibrinogeno e i markers di fibrinolisi. 

In conclusion,our findings show that daily coffee con-sumption is associated with a lower risk of venous thrombosis than no coffee consumption.This protec-tive effect seems, at least partially, to be mediated through lower von Willebrand factor and FVIII levels. J Thromb Haemost. 2012,10:2519-2525.

 

Relazione tra consumo di caffè e la morta-lità in varie popolazioni europee. 

 

Di recente alcuni ricercatori di 10 paesi europei coordi-nati da Marc J. Gunter e Neil Murphy hanno voluto esa-minare se il consumo di caffè è associato a modificazioni dell'incidenza di mortalità per tutte le cause o di mortalità per una causa specifica. È stato eseguito uno studio di coorte prospettico in 10 paesi europei. Sono stati arruo-lati 521.330 persone nell’ EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition). L’Hazard Ratio (HRs) e l’IC 95% sono stimati utilizzando modelli multi-condizionati di rischio pro-porzionale di Cox.L'associazio-ne di consumo di caffè con biomarcatoridi siero riguar-danti la funzionalità epatica,l’infiammazione e il profilo metabolico è stata valutata nel sottogruppo EPIC Bio-markers (14.800 soggetti). Durante un follow-up medio di 16,4 anni, si sono verificati 41.693 decessi. Rispetto ai non consumatori, i partecipanti al quartile più elevato di consumo di caffè avevano tassi di mortalità per tutte le cause statisticamente significativi più bassi (uomini: HR, 0,88 [95% CI, 0,82-0,95], p per trend < 0,001, donne: HR, 0,93 [CI, 0,87 a 0,98], p per trend = 0,009,). Sono state osservate anche le associazioni inverse per la mor-talità per malattie digestive sia per gli uomini (HR,0,41 [CI,0.32 a 0.54], p per tendenza <0.001)che per le donne (HR,0,60 [CI, 0,46 a 0,78], P per trend <0,001). Tra le donne vi è stata un'associazione inversa statisticamente significativa per il consumo di caffè e mortalità circola-toria (HR, 0,78 [CI, 0,68-0,90], p per tendenza <0,001) e per mortalità cerebrovascolare (HR, 0,70 [CI, 0,55-0,90]; p per la tendenza = 0,002)e un'associazione positiva con la mortalità per cancro ovarico (HR,1,31 [CI, 1,07 a 1,61], p per trend = 0,015). Nel sottogruppo EPIC Biomarkers,il consumo di caffè più elevato è stato associato a bassi valori di fosfatasi alcalina,GOT,GPT;gamma GT;e,nelle donne di PCR, lipoproteine (a) e di emoglobina glicata. Marc J. Gunter, Ann Intern Med. 2017 15; 167 (4): 236-247.

Subgroup analysis of the associations of daily coffee consumption and all-cause mortali-ty among men and women.
Subgroup analysis of the associations of daily coffee consumption and all-cause mortali-ty among men and women.

 

.Cioccolato

 

Il cioccolato o cioccolata è un alimento derivato dai semi dell'albero del cacao, ampiamente diffuso e consu-mato in tutto il mondo. Nella produzione artigianale di qualità, il cioccolato è preparato utilizzando la pasta di cacao come realizzata e imballata nei paesi origine con l' aggiunta di ingredienti e aromi.

La pianta Theobroma cacao  ha origini antichissime e si presume che fosse presente più di 6.000 anni fa nel Rio delle Amazzoni e nell'Orinoco, fiume dell'America meri-dionale. I primi agricoltori che cominciarono la coltivazio-ne della pianta del cacao furono i Maya intorno al 1000 a.C. Dopo i Maya anche gli aztechi cominciarono la col-tura del cacao e in seguito la produzione di cioccolata. Il cacao viene ricavato dai semi dei frutti della pianta di cacao mediante il processo di fermentazione, torrefazio-ne e triturazione.
Quando nel 1492 Crisoforo Colombo arrivò in America, nel Nord vivevano gli Indiani d'A-merica; nel centro vivevano igli Aztechi e i Maya e nel sud gli Incas.
Quando nel 1492 Crisoforo Colombo arrivò in America, nel Nord vivevano gli Indiani d'A-merica; nel centro vivevano igli Aztechi e i Maya e nel sud gli Incas.

Secondo la leggenda, il Dio Quetzalcoatl (Serpente Piumato) dalla pelle bianca e da una lunga barba di piume colorate, arrivò sulla Terra con un dono per gli uomini, rubato agli dèi: un albero di cacao.

Scultura azteca di un uomo con in mano una cabosse di cacao.
Scultura azteca di un uomo con in mano una cabosse di cacao.

Il Dio Quetzalcoatl insegnò agli uomini a coltivare questa preziosa pianta, a raccoglierne i frutti e a macinarne i se-mi per creare una gradevole bevanda, da insaporire con erbe e spezie. Con il consiglio del Dio Serpente Piumato, aiutarono gli uomini a beneficiare dei frutti della pianta di-vina anche altre divinità come Tlaloc, divinità della piog-gia  e la dea Xochiquetzal, che secondo la mitologia azteca è il nome della dea dei fiori, della fertilità, dei gio-chi, della danza e dell'agricoltura. Per il suo valore mi-stico e religioso, il cacao veniva consumato dai sacerdoti e  dalla nobiltà durante le cerimonie religiose; veniva  of-ferto insieme con l'incenso come sacrificio alle divinità e a volte mescolato al sangue degli stessi sacerdoti. Oltre ad un uso liturgico e cerimoniale, nelle Americhe il cioc-colato veniva consumato come una bevanda che era  preparata con il cacao, che dopo essere stato tostato, veniva macinato, mescolato con acqua calda e mais e sbattuto fino a diventare spumoso; spesso la bevanda veniva aromatizzata con vaniglia, peperoncino e pepe. Tale bevanda chiamata xocoatl, era ottenuta a caldo o a freddo con l'aggiunta di acqua e eventuali altri compo-nenti come farine di mais, miele  e sali minerali. La sua caratteristica principale era la schiuma, che veniva otte-nuta mediante travasi ripetuti dall'alto da un recipiente ad un altro.

Con la Conquista del nuovo mondo da pare degli Spa-gnoli, venne adottato l'uso del molinillo, oggetto che ruotato velocemente avanti e indietro tra le mani consentiva di ottenere in tempi più brevi una densa schiuma assai gustosa.In tutta l'America centrale in epo-

 ca precolombiana,lo xocoatl veniva consumato usual-mente dai sacerdoti, dai nobili e dai guerrieri; in questi ultimi  aveva l'effetto di alleviare la sensazione di fatica. I semi di cacao erano così importanti da essere utilizzati come merce di scambio commerciali e anche come unità di misura: nel tesoro dell'imperatore Motecuhzoma se ne trovarono un numero elevatissimo. 

José de Acosta, missionario gesuita spagnolo che visse in Perù e poi in Messico nel XVI secolo sullo Xocoati scrisse: "Disgustoso per coloro che non lo conoscono, con una schiuma o pellicola in superficie che è molto sgradevole al gusto.Tuttavia è una bevanda molto ap-prezzato dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. Gli spagnoli, sia uomini sia donne, che si sono abituati al paese sono molto golo-si di questo Chocolaté. Dicono di prepararne diversi tipi, caldi, freddi, tiepidi e di aggiungervi molto chili (Nome usato nel Messico per indicare il peperoncino); ne fanno inoltre una pasta che dicono essere buona per lo sto-maco e contro il catarro".

Nel 1502 Cristoforo Colombo durante il suo quarto e ultimo viaggio in America, quando  sbarcò in Honduras ebbe l'occasione di assaggiare la bevanda a base di ca-cao; al ritorno, portò con sé alcuni semi di cacao da mo-strare a Ferdinando e Isabella di Spagna, ma non diede molta importanza alla scoperta, probabilmente perchè la bevanda aveva un gusto amaro.

Il primo carico documentato di cacao verso l'Europa a scopo commerciale avvenne nel 1585 su una nave che partendo da Veracruz, arrivò a Siviglia, sede del Reale Consiglio delle Indie, attraverso cui i reali di Spagna con-trollavano tutti i traffici commerciali, l'amministrazione, gli aspetti militari e religiosi delle proprie colonie del nuovo mondo. 

Abbiamo detto che la xocoātl era una bevanda della cucina azteca preparata con il cacao ma con lo stesso termine si intende anche la sua forma solida, un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata metate, in modo da far sprigionare il burro di cacao e ottenere una pasta granu-losa e che veniva insaporita con varie spezie. Tale pro-dotto, ancora oggi è realizzato artigianalmente soltanto a Modica in Sicilia, che allora era una Contea, protettorato spagnolo.

Il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, ma gli europei e in particolar modo gli ordini monastici spa-gnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele e di infusi, per correggerne il naturale sapore amaro, modifi-carono la ricetta della bevanda togliendo il pepe e il pe-peroncino e aggiungendo numerose spezie come vani-glia, zucchero, cannella, caffè, carruba e altri aromi.

Durante tutto il Cinquecento la Spagna ebbe il predomi-nio della produzione del cacao in quanto aveva incre-mentato enormemente  la coltivazione della pianta Theo-broma cacao.

Nel XVII secolo gli olandesi, abili navigatori, si sostituiro-no agli spagnoli nel controllo mondiale e nel predominio commerciale del cacao.

Per quanto riguarda la produzione di cioccolato, nel Sei-cento il cioccolato veniva diffusamente prodotto in Italia ed in particolare nelle città di Firenze, Venezia e Torino.

Nel 1615 Anna d'Austria, sposando Luigi XIII, introdusse il cioccolato in Francia.

Nel 1650 il cioccolato viene commercializzato anche in Inghilterra; a Oxford si iniziò a servire il cioccolato negli stessi locali dove si serviva il caffè.

Nella Venezia del Settecento i coffee house,diven-nero anche "botteghe della cioccolata".

Nel 1760 la  Gazzetta Veneta documentò l'ormai enorme diffusione del cioccolato, al quale venivano attribuiti virtù miracolose, per cui veniva considerato la panacea di tutti i mali.

Ci sono grandi piantagioni nel centro e sud America, nel continente africano, nell’ovest del Camerun, nel Congo, in Nigeria e in Costa d’Avorio. Nell’estremo est dell’Asia la coltura del cacao è abbastanza recente ed è realizzata in grandi piantagioni e in piccole proprietà, come accade in Malesia e in Nuova Guinea.

 

Mentre in Brasile, in Venezuela,nella Martinica e nelle Fi-lippine fu incrementata enormemente la coltivazione di cacao, contemporaneamente molte città europee si pre-giavano della fama per la lavorazione del cioccolato.

 

Alla fine del XVIII secolo, la tradizione del cioccolato era talmente radicata a Torino e in Piemonte che la maggior parte dei cioccolatai attivi in Italia, come quelli della Gay-Odin, storica fabbrica di cioccolato di Napoli, Roma e Mi-lano, avevano origini piementesi.

 

Nel 1802 Bozzelli inventò una macchina per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia.

 

Nel 1826, sempre a Torino, Pierre Paul Caffarel co-minciò la produzione di cioccolato in quantità industriali, grazie a una nuova macchina capace di produrre oltre 300 kg di cioccolato al giorno.

 

Nel 1828 l'olandese Conrad J.van Houten brevettò un metodo per estrarre il grasso dai semi di cacao trasfor-mandoli in cacao in polvere e burro di cacao. Sviluppò inoltre il cosiddetto processo olandese, che consiste nel trattare il cacao con alcali per rimuoverne il gusto amaro. Questi trattamenti resero possibile la produzione di cioc-colato in barrette. 

 

Nel 1852 a Torino Michele Prochet comincia a mi-scelare cacao con nocciole tritate e tostate creando la pasta Gianduia che verrà poi prodotta sotto forma di gianduiotti incartati individualmente.

 

Nel 1867 cominciarono a includere il latte tra gli ingre-dienti e nel 1875 presentarono sul mercato il cioccolato al latte. 

 

Nel 1879 Rudolph Lindt infine inventò il processo chiama-

to concaggio (conching), che consiste nel mantenere a lungo rimescolato il cioccolato fuso per assicurarsi che la miscelazione sia omogenea. Il cioccolato prodotto con questo metodo è il cosiddetto "cioccolato fondente".

 

Secondo i dati 2015-2016 dell'International Cocoa Orga-nization i più grandi produttori di cacao sono:

  1. COSTA D’AVORIO
  2. GHANA
  3. INDONESIA
  4. ECUADOR
  5. CAMERUN
  6. NIGERI
  7. BRASILE
  8. PAPUA NUOVA GUINEA.
La pianta del cacao,Theobroma cacao è una pianta  appartenente alla famiglia delle Ster-culiace,che può raggiungere 12 metri di altezza.Ha origini antichissime;si pensa che fos-se presente più di 6.000 anni fa nel Rio delle Amazzoni e nell'Orinoco.
La pianta del cacao,Theobroma cacao è una pianta appartenente alla famiglia delle Ster-culiace,che può raggiungere 12 metri di altezza.Ha origini antichissime;si pensa che fos-se presente più di 6.000 anni fa nel Rio delle Amazzoni e nell'Orinoco.

I frutti dell’albero di cacao si chiamano cabosse. Ogni pianta produce dalle 20 alle 50 cabosse all’ anno, ogni cabossa contiene dai 20 ai 40 semi o fave di cacao; per ottenere un chilo di cacao sono sufficienti 10 cabosse.

I frutti dell’albero di cacao si chiamano cabosse. Ogni pianta produce dalle 20 alle 50 ca-bosse all’anno, ogni cabossa contiene dai 20 ai 40 semi o fave di cacao; per ottenere un chilo di cacao sono sufficienti 10 cabosse.
I frutti dell’albero di cacao si chiamano cabosse. Ogni pianta produce dalle 20 alle 50 ca-bosse all’anno, ogni cabossa contiene dai 20 ai 40 semi o fave di cacao; per ottenere un chilo di cacao sono sufficienti 10 cabosse.

Prima di venire trasformati in cacao o cioccolato, i semi vengono fatte fermentare, generalmente all' interno di apposite vasche,per un periodo che può variare dai 2 a 10 giorni. La fermentazione delle fave consente di ottenere il caratteristico odore del cacao.

Una volta fermentate,le fave di cacao possono es-sere sottoposte a essiccamento al sole, oppure all'aria.

 

La tostatura fa assumere il caratteristico colore del cacao e fa sviluppare gli aromi tipici del cioc-colato.

Dopo che i gusci vengono rimossi dai semi tostati, comincia la macinazione e l’esposizione ad alte temperature e produrre il burro di cacao e la pol-vere di cacao. 

Dopo la raccolta con un machete e la loro fermentazione, l'essiccazione al sole dura tra 7 e 15 giorni. Le fave vengono girate periodicamente, po i semi di cacao vengono confe-zionati in sacchi di iuta per il consumo locale o per per essere esportate.
Dopo la raccolta con un machete e la loro fermentazione, l'essiccazione al sole dura tra 7 e 15 giorni. Le fave vengono girate periodicamente, po i semi di cacao vengono confe-zionati in sacchi di iuta per il consumo locale o per per essere esportate.
Una volta fermentate,le fave di cacao possono essere sottoposte a essiccamento al sole, oppure all'aria.
Una volta fermentate,le fave di cacao possono essere sottoposte a essiccamento al sole, oppure all'aria.

Il cacao contiene proteine, lipidi, glucidi, diversi sali mi-nerali e vitamine del gruppo B. Contiene, inoltre, seroto-nina, tiramina, caffeina, teobromina e feniletilamina.

Gli antiossidanti del cacao aiutano a combattere l’ azione dei radicali liberi,mentre teobromina e caf-feina aiutano a mantenere la concentrazione.La serotonina e la tiramina sono utili contro la de-pressione e i disturbi d’ansia.

Per beneficiare appieno delle proprietà del cacao occorre consumare quello amaro, come ingrediente di varie ricet-te, oppure il cioccolato fondente di buona qualità.

Il cacao è molto energetico, per cui è un alimento parti-colarmente adatto per gli sportivi e gli adolescenti. Non va dato ai bambini da zero a tre anni per il rischio di allergie; per lo stesso motivo è sconsigliato alle donne che allattano al seno.

La caffeina presente nel cacao potrebbe aumentare ner-vosismo e l'insonnia nelle persone predisposte.

 

Cioccolato e cacao sono controindicati in chi soffre di ernia iatale.

 

EFFETTI BENEFICI DEL CIOCCOLATO 

I ricercatori della Loma Linda University e della School of Allied Health Professions hanno dimostrato che in par-ticolare il cioccolato fondente (almeno al 70% e con il 30% di zucchero) induce evidenti benefici sui livelli di stress, sulle infiammazioni, sull'umore, sulla memoria e sul sistema immunitario: in sintesi il cioccolato fondente induce favorevoli effetti alla salute di corpo e del cervello. Per la prima volta i ricercatori sono riusciti a dimostrare gli effetti dei flavonoidi sugli esseri umani e a deter-minate come riescano a supportare la salute cogniti-va, endocrina e cardiovascolare. Essi dicono: “Per anni ci siamo concentrati sugli effetti dei cioccolato fondente sulle funzioni neurologiche partendo dalle quantità di zucchero credendo che più zucchero significasse più fe-licità. Questa è la prima volta che osserviamo l'impatto di una grande quantità di cacao in dosi paragonabili alle barrette che mangiamo e su periodi anche brevi. I ri-sultati sono incoraggianti. Questi studi mostrano che maggiore è la concentrazione di cacao, più positivo è l' impatto sulla mente,la memoria,l'umore,l'immunità e altri aspetti della salute”.

Gli effetti positivi dei flavonoidi, potenti antiossidanti e antiinfiammatori, sono stati dimostrati in due studi: 

.il primo mostra come il cioccolato riesca a regolare l'attivazione delle cellule responsabili della risposta immunitaria, dei linfociti T e dei geni che coinvolgono i segnali neurali e la percezione sensoriale;

 

.il secondo mostra,attraverso l'esame elettroencefalo-grafico, che 30 minuti dopo aver mangiato 48 grammi di cioccolato fondente al 70%, si ottengono significativi benefici sulla salute del cervello.

 

Consumo di cioccolato e rischio cardiovasco-lare: una metanalisi.

Secondo una recente metanalisi, un consumo moderato di cioccolato si associa a un rischio ridotto del 12% di eventi cardiovascolari (RCV), e in particolare all’inciden-za di infarto del miocardio (IM), ictus in generale, ictus ischemico e soprattutto emorragico (-17%).

La relazione non è lineare, per cui il consumo ottimale legato alla riduzione del RCV è stimato a 45 g/settimana, e comunque al di sotto dei 100 g/settimana, mentre non è stata trovata una dose ottimale associata alla mortalità, CV o totale.

L’effetto più marcato si è registrato per l’ictus emorragi-co, con una riduzione del 6,9% dell’incidenza per ogni aumento di 20 g nell’apporto settimanale di cioccolato, ma sempre sotto i 100 g/settimana.

A dosi superiori, il possibile effetto benefico dei flavonoidi contenuti nel cioccolato sarebbe controbilanciato e so-vrastato dai danni dell’apporto calorico, in zuccheri e grassi.

Descrizione dello studio

Da 49 studi potenzialmente eleggibili ne sono stati inclusi nella metanalisi 14, comprendenti in totale 405.304 partecipanti, per lo più adulti e 35.093 casi di eventi CV, in un follow-up mediano di 11,15 anni.

L’analisi dose-risposta ha riguardato 6.595 ictus, 4.833 IM e 4.573 casi di scompenso su una popolazione fino a 369.599 partecipanti.

Il consumo di cioccolato è risultato associato a una riduzione del 12% del eventi cardiovascolari globale, e in particolare a una riduzione del RR di ictus in generale (-16,3%), ischemico (-13,5%), emorragico (-17,1%) e IM (-16,2%).

L’analisi dose-risposta ha trovato un riduzione dell’1,8% del eventi cardiovascolari (-6,9% per l’ictus emorragico) per ogni aumento di 20 g nell’apporto settimanale di cioc-colato fino a un massimo di circa 100 g/settimana.

Il consumo di cioccolato associato alla maggiore ridu-zione del eventi cardiovascolari globale è stato di 45 g/ settimana. 

Ren Y,Liu Y et al.Chocolate consumption and risk of car-diovascular diseases:a metaanalysis of prospective stu-dies. Heart 2019;105:49-55.doi:10.1136/heartjnl-2018- 313131

 

Nel XIX secolo furono pubblicate numerose Farmacopee Ufficiali Italiane pre-unitarie 

 

Come ad esempio la Farmacoea degli Stati Esten-si, Il Codice Farmaceutico per gli Stati Parmensi, la Farmacopea Sarda, il Ricettario Farmaceutico Napolitano, Il Codice Farmacologico Romano e Formolario, etc.

 

 

Il codice Farmacologico Romano e Formolario, pubblicato a Roma nel 1868 è un trattato dei con-troveleni e la verifica analitica dei medicamenti sia semplici che composti.Nella prima parte furo-no descritti i caratteri chimico-fisici e botanici del-le droghe vegetali rappresentate in 126 illustra-zioni raccolte in 14 tavole dall'Aconito allo Zenze-ro (vedi le tavole seguenti). E' un trattato teorico pratico usato in Italia dal 1870 al 1892 accanto alla Farmacopea Torinese fino alla Farmacopea Ufficiale del Regno D'Italia,di cui la prima edizio-ne è del 1892.

Tavola dal Codice Farmaceutico Romano, 1868.
Tavola dal Codice Farmaceutico Romano, 1868.
Tavola dal Codice Farmaceutico Romano, 1968.
Tavola dal Codice Farmaceutico Romano, 1968.

Con la IX edizione ha termine la serie delle Far- macopee Italiane.La X "Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana",venne pubblicata nel 1998 ed è una traduzione letterale dei testi inglesi della Farmacopea Europea.

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Oper.medici e tecnici dell' U.O. di Cardiologia Riabili-tativa dell' Az. Osp. Mater Domini Catanzaro.
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